Alessio Pecce (a cura di) III Guerra di Indipendenza. Le operazioni nel trentino del Corpo Volontari

  

La Battaglia di Bezzecca

 

Garibaldi era riuscito a costringere il KUHN in un vicolo cieco, non fornendogli altra via di uscita che quella d’affidarsi alle sorti d’una battaglia risolutiva. Infatti, due erano le alternative che ora il KUHN avrebbe potuto seguire:

  • operare un travaso della sua riserva strategica in Val di Ledro, per contrastare il passo al Corpo dei Volontari e coprire Riva e Rovereto;
  • oppure concentrare tutte le proprie forze sotto Trento, per lo scontro decisivo.

La seconda alternativa sarebbe stata sicuramente preferita dal KUHN, in quanto gli avrebbe permesso di agire a forze riunite appoggiandosi alle fortificazioni di Trento, dopo aver allontanato notevolmente Garibaldi dalla propria base d’operazione. Ma questa soluzione gli era preclusa dall’avanzata delle forze regolari del MEDICI che risalivano la Val Sugana e che si sarebbero congiunte con il Corpo dei Volontari a Trento, rinserrandolo in una temibile morsa. Perciò, l’unica possibilità di manovrare per le linee interne contro i due corpi avversari e batterli separatamente era quella di affrontare Garibaldi in Val di Ledro e successivamente volgersi contro il MEDICI.

Anche questa soluzione, però, presentava degli aspetti preoccupanti; infatti il KUHN doveva operare celermente e l’aspra barra montana, interposta fra Lardaro e Pieve di Ledro-Bezzecca, attraversata solo da due sentieri rupestri, non gli avrebbe consentito il trasferimento di tutta la riserva strategica in tempo utile per intercettare Garibaldi. In più, il KUHN si era formato l’errata convinzione che il contingente dei Volontari, operante in corrispondenza delle Giudicarie, fosse stato nettamente battuto, per cui il Generale austriaco, pressato dall’urgenza del momento e partendo da un falso presupposto, decise di:

  • dividere le proprie forze in due aliquote di pari consistenza;l’una avrebbe spazzato quelle che egli riteneva delle deboli forze residue poste a sbarramento del Chiese, quando l’altra avesse battuto i volontari a Bezzecca e ne avesse iniziato l’inseguimento lungo la Val d’Ampola. Così Garibaldi si sarebbe trovato rinchiuso senza alcuna via d’uscita, all’altezza di Storo;
  • riunire le proprie forze, non appena battuto Garibaldi, per agire a massa contro il MEDICI, sotto le mura di Trento. Il KUHN infatti, aveva giustamente valutato che questi sarebbe stato trattenuto, sino al 26 o 27 luglio, dalle forze austriache che manovravano in ritirata in Val Sugana.

Per alleggerire le proprie unità e rendere più spedito il movimento, il KUHN fu anche costretto a privarle delle artiglierie da campagna, sostituendole con batterie di racchette, sorta di lanciarazzi multipli dell’epoca, più leggeri da trasportarsi, ma molto più imprecisi e di minor potenza delle comuni bocche da fuoco.

A Bezzecca, comunque, erano presenti 8 pezzi da campagna ( quelli delle forze precedentemente operanti in Val d’Ampola), 4 pezzi da montagna e 8 racchette, provenienti dal settore delle Giudicarie, e circa 4.500 uomini. Garibaldi oppose loro forze pressoché pari, sia perchè dovette scaglionare in profondità un buon numero di reparti per fronteggiare eventuali azioni nemiche che si delineassero contemporaneamente in più punti dalla displuviale, sia perchè l’angustia della Val di Ledro non consentiva un maggior concentramento di forze.

Inoltre il Generale intendeva, una volta battuti gli austriaci, avviare subito forze fresche attraverso la Sella di Lesumo e Campi per Riva, aggirando le difese del forte di Ponale, posto a sbarramento della via più diretta per il Garda. In agguato, per controllare la situazione, restavano le forze dislocate sulla spalla sinistra dell’Ampola.

La sera del 20 luglio, gli Austriaci avevano già raggiunto la displuviale in corrispondenza della testata della Val di Conzei (a nord di Bezzecca) e la mattina successiva si spiegarono su tre colonne di cui:

  • le due principali scesero lungo le pendici opposte delle Val di Conzei, convergendo sugli sbocchi della stessa valle;
  • la terza, molto meno robusta, puntò su Molina per integrare le difese del forte di Ponale ed impedire ai volontari la ritirata sul M. Notta.

In secondo scaglione, seguendo la colonna principale di destra, marciava la riserva con anche il compito di proteggere il fianco esposto del dispositivo d’attacco.

Il KUHN aveva affidato l’azione su Bezzecca al Gen. MONTLUISANT, Comandante della riserva strategica. Questi intendeva:

  • in un primo tempo, assicurarsi gli sbocchi della Val Conzei;
  • successivamente, investire sulla fronte l’abitato di Bezzecca con la propria ala sinistra, mentre l’ala destra avrebbe operato un rapido movimento avvolgente della posizione.

Determinato il crollo della difesa garibaldina, egli era certo che le unità di Volontari, anche se non direttamente impegnate nell’azione, non avrebbero retto ad una poderosa avanzata di tutte le sue forze e sarebbero rimaste travolte, ripiegando disordinatamente su Storo, per cozzare contro le truppe del KUHN. Inoltre preoccupandosi forse eccessivamente di lasciarsi aperta una via di ritirata, fermò la propria riserva a mezza via, ordinandole di assicurare a tutti i costi il controllo della displuviale in corrispondenza della Val di Conzei.

 

A questo punto è opportuno dare una breve descrizione del campo di battaglia di Bezzecca. Il villaggio è ubicato in Val di Ledro, di fronte allo sbocco della Val Conzei, ed è profondamente incassato fra alti e poderosi contrafforti. Come tutte le posizioni all’ingresso di valli anguste, presenta lo svantaggio di essere dominata a tiro di fucile da balze strapiombanti, a loro volta sovrastate da altre quote sicchè, per poterle tenere con sicurezza, è necessario, disperdere molte forze, spingendo in alto e verso l’avanti robusti distaccamenti a protezione della stretta. Non era certo questa l’intenzione di Garibaldi, il quale ignorava da quale e da quante direzioni sarebbe venuto l’attacco austriaco e che aveva intenzione, come di consueto, di battere l’avversario in un combattimento manovrato. Distaccamenti fiancheggianti erano stati posti a protezione delle diverse unità e quella di esse che fosse stata investita dall’attacco nemico avrebbe dovuto sostenere l’urto il più lungo possibile, per creare le migliori premesse per l’intervento delle altre, le quali avrebbero affrontato gli Austriaci in campo aperto.

Nella zona di Bezzecca, erano state presidiate due posizioni che apparivano assolutamente indispensabili alla sua difesa, cioè le alture di Naè, a ovest, ed il Poggio di S.Bartolomeo, a est dell’abitato, mentre si era provveduto a sbarrare la valle di Conzei in corrispondenza dei rilievi sovrastanti i villaggi di Enguiso e di Locca. Nel caso di un attacco, Garibaldi aveva concordato con il Gen. HAUG, Comandante della Brigata che teneva il settore, un’azione su Lesumo attraverso la dorsale della Val Conzei, per colpire sul tergo l’avversario fermato a Bezzecca.

 

All’alba del 21 luglio, le avanguardie austriache urtavano contro le difese di Enguiso e Locca, ma i grossi trovavano qualche difficoltà a spiegarsi, trattenuti dall’asprezza del terreno. L’HAUG, rinforzando i presidi, riuscì ad arrestare gli Austriaci ed, illudendosi di poter resistere agevolmente su tali linee, sollecitò Garibaldi a compiere la mossa su Lesumo. Ma il Generale conosceva la debolezza intrinseca della due posizioni e, prevedendone la caduta non appena fossero state seriamente investite, rinforzò invece le difese di Bezzecca, inviandovi un battaglione al comando del figlio Menotti Garibaldi e facendo schierare tre batterie, due dietro l’abitato e una davanti a Bezzecca, per appoggiare l’azione in Val Conzei e successivamente coprire il ripiegamento dei presidi di Enguiso e Locca verso la linea di difesa principale, quando la situazione si fosse fatta insostenibile. Ben presto l’ostinazione dell’HAUG nel voler difendere gli accessi alla Val Conzei determinò una pericolosa crisi della difesa.

Sopravanzate sul fianco le posizioni, gli Austriaci scesero verso Bezzecca e inutili furono due furiosi contrattacchi all’arma bianca delle forza poste a suo presidio, come inutili risultarono i rinforzi inviati nel settore minacciato perchè non vennero impiegati per prolungare l’ala della difesa ed intercettare gli attaccanti che trafilavano sul fianco, ma per rinforzare i presidi e ripianarne le perdite. Al fine, le posizioni di Locca ed Enguiso caddero e la batteria schierata davanti a Bezzecca riuscì a coprire il ripiegamento dei superstiti sparando a mitraglia, sotto una grandine di colpi.

Frattanto Garibaldi, che sino allora era rimasto in posizione arretrata, dubitando che l’attacco dalla Val Conzei non fosse l’azione principale, ma una diversione per distrarre forze dal settore prescelto per lo sforzo decisivo, si portò a Bezzecca preoccupato perla condotta del combattimento da parte dell’HAUG, il quale consumava le sue forze gettandole a spizzico nel vortice della battaglia. Immediatamente individuò una pericolosissima situazione: le alture di Naè erano state abbandonate, su ordine dell’HAUG, per farne accorrere i difensori a Locca. Il Generale ordinò che la posizione fosse subito rioccupata (e ciò fu fatto precedendo d’un soffio gli Austriaci) ed ordinò anche che venisse rinforzato il settore di Poggio S. Bartolomeo, la cui guarnigione, asserragliata nel recinto murato del cimitero che ivi sorge, era duramente provata e sopportava il peso dell’attacco condotto dall’intera ala sinistra austriaca.

Intanto le unità che si ritiravano dalla Val Conzei, ripiegavano precipitosamente, incalzate da presso dall’avversario, travolgendo anche i reparti inviati a loro rinforzo e ancora in cammino verso le posizioni ormai perdute. Il precipitarsi in Bezzecca di un così gran numero di Volontari provocò una enorme confusione ed una calca indescrivibile, non perchè fra le file garibaldine si fosse diffuso il panico, quanto per la strettezza del luogo ed il gran numero di difensori che già vi si trovavano. Ogni comandante voleva schierare la propria unità per riprendere l’azione contro l’attaccante, anche a costo d’ingombrare il campo di tiro dei reparti già schierati a difesa; ogni Volontario che avesse perso contatto con la propria compagnia si intrufolava dove capitava per aprire il fuoco. Fu necessario far sgomberare rapidamente e con le brusche gli intrusi, lontano dalla linea del fuoco ed essi defluirono alla rinfusa nella zona di Tiarno, ove si ricomposero per rendersi utili nel prosieguo dell’azione. Fortunatamente gli Austriaci non avevano insistito nell’investimento di Bezzecca, accanendosi contro il Poggio di S.Bartolomeo e soprattutto contro le alture di Naè, in esecuzione del piano tattico del MONTLUISANT, ed un deciso contrattacco, ordinato da Garibaldi, riuscì a disimpegnare la batteria schierata davanti a Bezzecca, permettendole di retrocedere a riparo dell’abitato. Intanto cadde la posizione di S.Bartolomeo, mentre le alture di Naè erano teatro di furiosi combattimenti, talvolta perdute, ma sempre rioccupate con sanguinosi contrassalti dei Volontari. Garibaldi, temendo uno sfondamento sulle ali e l’accerchiamento di Bezzecca e ritenendo ormai esauriti i compiti di fissaggio frontale del nemico, ordinò il ripiegamento, facendo concentrare tutto il fuoco di artiglieria disponibile davanti al villaggio a copertura del movimento retrogrado. Diede, inoltre, ordine al figlio Menotti di rinforzare la difesa sui rilievi di Naè e di mantenervisi a tutti i costi. Le alture di Naè, infatti, continuavano ad essere la posizione chiave della battaglia: prima avevano permesso di tenere Bezzecca, ora saranno il perno attorno a cui ruoterà lo schieramento garibaldino per ripiegare ordinatamente in Val di Ledro, successivamente copriranno il fianco per le azioni controffensive sviluppate, in basso, verso Bezzecca e, per l’alto, contro Lesumo. Garibaldi, individuandone immediatamente l’importanza, riuscì a conseguire la vittoria utilizzandole come elemento determinate della sua manovra. Nella ritirata di Bezzecca, si distinse particolarmente il figlio minore del Generale, Ricciotti Garibaldi, che riuscì a recuperare, guidando pochi animosi, un pezzo d’artiglieria ribaltato nel fango dai cavalli di traino e che stava per essere catturato dai cacciatori austriaci.

Ne frattempo, Garibaldi aveva fatto serrare sotto tutte le unità dislocate nell’Ampola, ordinata a quelle in attesa sulla sua dorsale sinistra di portarsi a Lesumo e ad un contingente minore di raggiungere la displuviale per proteggere loro il fianco da eventuali provenienze dalle Giudicarie.

Appena  questi movimenti furono a buon punto, concentrò un intensissimo fuoco d’artiglieria su Bazzecca e ben presto il paese fu in preda alle fiamme e gli Austriaci furono costretti ad uscirne. Colto il momento favorevole, il Generale sferrò un risoluto attacco per trattenere l’avversario in fondovalle ed impedire un suo disimpegno quando si fosse accorto che la sua linea di ritirata stava per essere recisa in corrispondenza di Lesumo.

Bezzecca venne riconquistata e gli Austriaci ricacciati verso la Val Conzei, ma un altro deciso contrattacco partiva dalle alture di Naè e costringeva l’avversario a ripiegare su Locca e poi su Enguiso. Ma il distaccamento, inviato da Garibaldi a vegliare sulla displuviale, era venuto a contatto con la riserva del Montluisant e questi, quando ne ricevettero l’annunzio, stimò pericolosa ed insostenibile la propria posizione, ritenendo che si trattasse di avanguardie di forze ben più consistenti. Ordinò allora la ritirata generale sul M. Pichea, da dove poteva porsi in salvo su Riva, sottraendosi così, più per un caso fortunato che per arte, all’aggiramento predisposto con tanta cura da Garibaldi.

A sera, infine, al Generale giunse la buona nuova che anche nelle Giudicarie l’attacco austriaco era stato respinto, non avendo voluto il KUHN spingere a fondo il proprio sforzo, quando si era accorto dell’entità delle forze che lo fronteggiava.