Redazionale. Museo Imperiale di Vienna. Sala Francesco Giuseppe e Sarajevo

  

(a cura di Laura Monteverde)

 

HGM Hegresgeschichtliches Museum

Sala di Francesco Giuseppe e Sarajevo

(1867 — 1914)

Quadro storico

La sconfitta dell’Austria nella guerra contro la Prussia del 1866 ebbe come conseguenza la perdita di ogni influenza della monarchia asburgica sulla politica dei paesi tedeschi. Tanto più importante era quindi dare una struttura politica salda ai propri domini. Fra questi l’Ungheria fu quello più problematico. Dal periodo dei moti rivoluzionari del 1848 e del 1849 i paesi della Corona Ungherese – vale a dire l’Ungheria stessa, la Slovacchia, la Croazia e la Transilvania – avevano perso in parte le libertà valide fin allora, ed erano stati sottomessi ad una sorveglianza severa, sia civile che militare. Questa situazione non poteva durare. Dopo lunghissime trattative venne stabilito il cosiddetto “Compromesso” o “Ausgleich” del 1867, in cui vennero regolati ex novo i rapporti dei paesi della Corona Ungherese con gli altri dell’Impero. La monarchia asburgica venne divisa in due: paesi austriaci (Cisleitania) e i paesi della Corona Ungherese (Transleitania). Ogni parte dell’Impero doveva avere il suo governo e le sue rappresentanze parlamentari. Dal 1867 in poi vi erano solo tre settori, che rientravano nelle competenze del governo centrale; la politica estera, la politica finanziaria e la politica di difesa. Solo per questi settori esistevano dei ministri comuni. Per l’esercito il compromesso ebbe delle conseguenze vastissime. Da quel momento in poi c’era l’esercito comune imperial-regio (k.u.k.) e comune era anche la marina militare imperial-regia (k.u.k.). Parallelamente vi erano le milizie territoriali delle due parti dell‘Impero, quella regal-ungarica (k.u.) Honvéd, e quella imperial-regia (k.k.) “Landwehr”

 

Il periodo di pace dal1867 al 1914 venne interrotto solo da un maggiore evento militare, che passò alla storia austriaca come la Campagna di occupazione del1878. Allora le truppe austro-ungariche occuparono le province della Bosnia e dell’Erzegovina separate dall’Impero ottomano. Questa occupazione venne trasformata in annessione nel 1908. Inoltre l’Austria-Ungheria partecipò solamente in modo indiretto ai conflitti di potere politico in Europa. Nel 1879 strinse un patto d’alleanza con l’Impero germanico che nel 1882 fu allargata all’Italia. Per questo si parlò prima di duplice e dopo di triplice alleanza. Dal 1908 l’Austria-Ungheria fu trascinata sempre di più nei conflitti dell’area balcanica. Dopo alcuni decenni diventò evidente che il compromesso del 1867 non aveva portato ad una soluzione dei tutto soddisfacente per l’Impero asburgico e che si poteva venire incontro alle richieste di maggior libertà delle complessivamente 11 grandi nazionalità della monarchia danubiana, solo ristrutturando un’altra volta e in modo radicale l’Impero. La speranza che ciò si potesse realizzare venne associata in particolare alla persona dell’erede al trono Arciduca Francesco Ferdinando, cui l’Imperatore Francesco Giuseppe per ora non aveva affidato un incarico politico, bensì militare: in caso di guerra avrebbe dovuto assumere il comando supremo. Quando l’Arciduca nel 1914 si recò a Sarajevo, fu ucciso assieme a sua moglie da nazionalisti serbi la domenica del 28 giugno.

 

 

Le 5 sezioni (campate)

 

Sezione 1: La grande vetrina alla vostra sinistra e l’altra a destra, mostrano lo ”smembramento” dell’esercito astro-ungarico. A sinistra si possono vedere le milizie territoriali di nuova formazione, quella austriaca “Landwehr” e quella ungarica Honvéd e, a destra, l’esercito comune imperial-regio (k.u.k.). Le divise dei sette manichini dell’esercito imperial-regio sono quelle adottate negli anni fra il 1878 e il 1890.  All’interno delle campate sulla destra si trova un’altra vetrina dedicata alla campagna d’occupazione del 1878 in particolare al comandante delle truppe d’occupazione in Bosnia e in  Erzegovina, Generale dell’artiglieria, Phillippovic .

 

Sezione 2: Questa parte della sala è dedicata interamente alla molteplicità che caratterizzava la monarchia austro-ungarica e soprattutto alle sue nazionalità. Nelle vetrine si affronta il tema del plurilinguismo. Inoltre si possono vedere degli oggetti dal patrimonio del Principe ereditario Rodolfo che fino al suo suicidio nel 1889 fu il presidente del consiglio di amministrazione del  Museo dell’esercito. La prossima vetrina vicino alla finestra ha per tema l’introduzione dello sci alpino in Giappone, grazie al Maggiore imperial-regio Teodoro von Lerch. Sul lato destro, si trovano, sistemati ai due lati di un ritratto dell’Imperatore Francesco Giuseppe, 34 quadri a olio di Oskar Bruch, che mostrano divise ed equipaggiamento dell’esercito Imparial-regio così com’era nel1895.

 

Sezione 3: La vetrina in mezzo alla sala è dedicata alle innovazioni nell’esercito nella seconda metà del secolo XIX. La nascita dell’aeronautica e l’introduzione sia del telefono di campo sia delle armi automatiche e della motorizzazione rivoluzionarono i mezzi di guerra. Numerosi oggetti possono essere solo mostrati tramite modelli, come il prototipo di un veicolo carrozzato fuoristrada, sviluppato dal Tenente Colonnello Gunther Burstyn e

concepito nel 1911, però mai realizzato nell’esercito imperial-regio. Le vetrine sul lato della  finestra documentano lo sviluppo delle armi da fuoco portatili e delle pistole.

 

Sezione 4: La vetrina sul lato destro è dedicata all’Imperatore Francesco Giuseppe nel ruolo di “comandante supremo” delle forze armate austro- ungariche. Segue la grande vetrina delle guardie che avevano l‘onore di proteggere il monarca. Di fronte si trovano sette manichini di grandezza naturale con le divise e l’equipaggiamento caratteristici dell’esercito imperial-regio nel periodo di poco precedente alla Prima Guerra mondiale. Si può vedere anche lo sviluppo dei copricapi, delle medaglie militari e degli ordini al merito. La sala si conclude con oggetti che dovrebbero rappresentare gli stati maggiori e il loro lavoro.

 

Sezione 5: Sarajevo: La sala è dominata da tre oggetti, cioè dall’automobile, nella quale furono assassinati l’Arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia, il 28 giugno 1914 a Sarajevo, così come  – al centro – dalla casacca insanguinata dell’Arciduca e dalla chaise-longue su cui morì. In più ci sono ritratti e ricordi dell’attentato, che fu uno degli eventi più gravi per le conseguenze che ebbe sulla storia mondiale.