Alessia Biasiolo Istruzione e Resistenza in epoca nazista 1933- 1945

  

di ALESSIA BIASIOLO

A proposito dell’educazione dei giovani in epoca nazista, se doveva essere obbligatorio in ogni scuola leggere “La mia battaglia” di Hitler, assieme a “Il fungo velenoso” o a “I Protocolli dei Savi di Sion”, in modo da addestrare la gioventù hitleriana soprattutto a non provare alcun tipo di compassione per altri esseri umani considerati inferiori o addirittura “non esseri umani”, non tutti si allinearono davvero alla politica in corso in quel tempo. Il caso celeberrimo è stato quello proprio di un gruppo di studenti.

I membri del gruppo denominato “Rosa Bianca” erano studenti universitari di Monaco di Baviera. Nei loro scritti si leggono illuminanti frasi sull’idea di Europa unita e federale che sembrano scritte da pochi giorni: un’Europa in cui la tradizione cristiana avrebbe dovuto segnare un periodo di rinnovamento non violento, con governi basati sulla tolleranza e la giustizia. Guidati da forti ideologie antinaziste maturate soprattutto a Ulm in seno alla comunità cattolica resistente al nazismo, e diffusesi grazie alle comunità parrocchiali, gli studenti si organizzarono per mettere in pratica le loro idee. Se dovevano fare la differenza con l’ideologia politica che aveva portato alla dittatura; se dovevano lottare contro la dilagante e sconsiderata violenza, allora per primi dovevano essere non violenti. Organizzarono pertanto un’opposizione pacifica e passiva, scrivendo, stampando e diffondendo volantini che fossero in grado di svegliare le coscienze tedesche e dimostrare, allo stesso tempo, che non tutto era perduto per gli ideali di pace e di vita in comune con ogni altro essere umano. I loro punti di riferimento erano i testi sacri, ma anche la migliore letteratura tedesca, come gli scritti di Goethe, ad esempio. L’attività iniziò nel 1942. I primi volantini vennero distribuiti in varie città tedesche e austriache, nelle zone che si pensavano più recettive del messaggio antimilitarista. Nel 1942 la situazione militare tedesca non era già delle migliori: gli Stati Uniti erano entrati nel conflitto e cominciavano ad organizzare le prime azioni autonome, non di solo appoggio agli alleati. Il fronte africano traballava e il fronte russo aveva già visto inenarrabili sofferenze anche per il grande e perfetto esercito teutonico. Quindi il messaggio giungeva in un momento ideale per essere letto e soppesato secondo l’ottica degli studenti, e ottenere consenso. L’attività del gruppo continuò così per ancora alcuni mesi, sempre diffondendo volantini. Nel febbraio del 1943, quando sembravano adatti i tempi, l’azione divenne più forte, aggiungendo ai volantini lanciati nell’università stessa, il 18 febbraio, anche slogan antinazisti dipinti sui muri dell’ateneo. A quel punto la resistenza diventava netta e manifesta. Un bidello individuò la ragazza che aveva preso l’eroica decisione di lanciare i messaggi di carta dalle scale verso l’atrio dell’università e la fece arrestare assieme al fratello, suo complice. I fratelli Scholl speravano di concentrare le attenzioni della polizia politica nazista su di loro, inutilmente. Sophie, autrice dell’atto più evidente, venne torturata fino al 21 febbraio per farle rivelare informazioni utili all’arresto degli altri membri del gruppo e il 22, assieme al fratello Hans e all’amico Christoph Probst, venne processata dal Tribunale del Popolo che li accusò di sabotaggio al regime, allo sforzo bellico, di rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista, diffamando nel contempo Hitler. Il giorno stesso i tre ragazzi vennero condannati e uccisi. In aprile vennero processati gli altri membri più importanti del gruppo, Alexander Schmorell, Willi Graf e Kurt Huber, un loro professore. Anch’essi vennero ritenuti colpevoli e condannati a morte, mentre altre persone della “Rosa Bianca” che avevano avuto ruoli di minor spicco, soprattutto di aiuto alla vedova di Probst rimasta sola e senza sostegno per sé e i tre figli, vennero condannati a pene detentive.

Per Hitler era fondamentale stroncare immediatamente episodi o organizzazioni di quel genere. Pensare che in seno alla Germania nazista qualcuno potesse liberamente fare circolare le proprie idee di necessario rovesciamento proprio del suo incarico, non era assolutamente possibile. Pertanto il Tribunale del Popolo doveva decidere in maniera drastica e immediata, in modo da non fare serpeggiare ancora il virus dell’incertezza, quando si doveva essere tutti tesi allo sforzo bellico.

 

La questione della resistenza tedesca al nazismo è controversa. Infatti, molti personaggi anche illustri si sono affrettati, a guerra finita, a definirsi artefici di movimenti di spionaggio o di resistenza, fondatori della “Rosa Bianca” stessa, eccetera, forse per sfuggire a lunghe pene detentive dopo essersi trovati agli arresti per sospetta collusione con il regime dittatoriale. Non per tutti coloro sono state trovate prove certe, pertanto ancora oggi la Storia nutre dei dubbi che non può, in mancanza di documentazione, sfatare. Opporsi al regime nazista non fu semplice. Per sintetizzare la posizione tedesca, di più strati sociali in vari anni dalla proclamazione di Hitler a capo del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, si pensava che il programma politico così abilmente ostentato si sarebbe poi ridimensionato una volta raggiunto il potere. Quando, però, alcuni si resero conto che tutto si stava, invece, realizzando proprio come Hitler aveva pianificato, era troppo tardi per organizzare una qualche forma efficace di protesta. Eletto cancelliere ed entrato nei pieni poteri nel 1933, Hitler dispose immediatamente l’eliminazione di ogni forma di opposizione, soprattutto interna al partito (vedasi la tristemente famosa Notte dei Lunghi Coltelli).

I dati degli arresti a seguito dei controlli della Gestapo testimoniano che prese di posizione ci sono state. In meno di sei anni, circa un milione di tedeschi furono inviati nei campi di concentramento, il primo dei quali era stato aperto nel 1934. Attività antinazista è stata imputata a oltre duecentomila persone condannate a pene detentive in carcere; a circa due anni dalla salita a ruolo di cancelliere di Hitler, pare esistessero migliaia di centri clandestini di diffusione di volantini antinazisti. Molti oppositori erano appartenenti a partiti di sinistra, altri erano oppositori cattolici. Quella rete antinazista può spiegare la serie di attentati ai quali il Führer sfuggì durante la dittatura.

Neppure si deve dimenticare che il grande nemico del Terzo Reich, assieme agli ebrei, erano i comunisti, pertanto anche verso di loro si era concentrata l’azione repressiva e, di fatto, eliminatoria sin dai primi tempi del regime, a cominciare dall’incendio del Reichstag.

“Il vasto incendio del Parlamento segna l’ultimo conato del comunismo in Germania mentre il trionfo elettorale di Hitler apre un nuovo periodo della storia tedesca”, recitava il testo introduttivo al filmato Luce che documentava, in Italia, la vastità dell’incendio stesso, avvenuto il 27 febbraio 1933 per mano nazista per incolpare comunisti, ed eventualmente ebrei, del danno alla Germania. Nei pressi del Parlamento venne trovato il definito agitatore comunista Marinus Van der Lubbe, un muratore olandese ventiquattrenne che aveva fallito il progetto di trasferirsi in Unione Sovietica. Sotto tortura, ammise di essere stato lui a dare fuoco al Parlamento e l’episodio diede spazio ai nazisti per chiedere all’anziano presidente tedesco di firmare il Decreto dell’Incendio del Reichstag che aboliva la maggior parte dei diritti della Repubblica di Weimar, reintroducendo la pena di morte. A seguito di questo, fu possibile condannare a morte Van der Lubbe nel 1934. Il colpo di mano si rivelava di fatto utile per smorzare la possibilità di non avere un plebiscito alle elezioni federali del 5 marzo 1933, le ultime in Germania ad essere pluripartitiche prima della dittatura. Il partito di Hitler ottenere una percentuale intorno al 45%, ma il Partito Socialdemocratico e il Partito Comunista insieme ottennero comunque circa il 30% dei voti, addirittura sopravanzando il Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori in due casi, tra cui Berlino, dove ottennero addirittura oltre il 50% dei voti. A quel punto non fu più ostacolata la strada al totalitarismo hitleriano che si stava componendo in fretta, approvando leggi che mettessero subito in pratica il progetto politico. In occasione delle elezioni, per dichiarati motivi di sicurezza, molti esponenti comunisti vennero arrestati e incarcerati, così come sindacalisti e antinazisti in genere. Nel nuovo insediamento venne definito finito lo Stato di diritto e finite le garanzie civili per i cittadini. Già con il Decreto di incendio del Reichstag erano finiti la libera associazione, il diritto di riservatezza della posta, ad esempio. Ora si optava per esautorare il Parlamento dei suoi poteri, che di fatto non aveva più, mentre a breve verrà creata la Gestapo, la polizia politica. Locali pubblici come le mitiche birrerie tedesche, vennero messe sotto stretto controllo delle SA e delle SS. Proprio le birrerie, forse sapendo Hitler quanto potessero diventare pericolose!

La resistenza a tutto quanto stava accadendo non era semplice, dal momento che si veniva privati di ogni supporto possibile, ma sindacalisti e partiti di opposizione organizzarono azioni di volantinaggio e di protesta che vennero ben presto tacitate. Alcune organizzazioni rimasero segrete anche fino a guerra inoltrata, ma l’azione capillare di smantellamento da parte soprattutto della Gestapo non si interruppe mai, nemmeno durante le fasi catastrofiche della guerra europea.

La Chiesa cattolica ebbe sempre oppositori al nazismo, come lo stesso caso della “Rosa Bianca” testimonia, ma anche le Chiese protestanti ebbero simboli di illuminata opposizione. La linea di condotta generale, infatti, era quella di non contrapporsi alla linea di governo, qualunque esso fosse, pertanto la non ingerenza nelle questioni politiche era d’uso. Preti o pastori che vollero opporsi alle leggi razziali non riuscirono per questo a creare una vera e propria rete di aiuti, rimanendo perlopiù casi isolati e senza appoggio da parte delle proprie organizzazioni ecclesiastiche. Soprattutto l’Operazione Eutanasia fu quella più a rischio per il regime, e Hitler ne era consapevole al punto che, iniziata in sordina, si fermò all’eliminazione delle persone considerate più evidentemente compromesse, ma senza “esagerazioni” che potessero insospettire soprattutto la Chiesa cattolica. Anche la sterilizzazione forzata non era accettata dalla Chiesa, quindi il regime operava con oculatezza, perché l’opinione pubblica cattolica era importante e, soprattutto in alcune aree, molto ricca, capace di influenzare proteste che potevano rivelarsi troppo difficili da gestire anche per il regime nazista che, nel 1940, non si poteva permettere scontri aperti con coloro che, invece, dovevano fungere, almeno sulla carta, da sostenitori.

Lo stesso dicasi per altre forme di “resistenza” al nazismo in Germania, da parte di disillusi o delusi, per mancata carriera, per mancata realizzazione di parti di programma della prima ora. È stato il caso di alcuni militari, soprattutto della Wehrmacht, che già dagli anni Trenta non vedevano di buon occhio la politica espansionistica tedesca verso i Sudeti e l’Austria. Diventava nei mesi evidente che la mira espansionistica tedesca avrebbe portato la Germania di nuovo in guerra. E se molti erano contenti perché questo metteva in risalto le carriere militari appunto, ai militari più avveduti diventò da subito chiaro che quel modo di agire poteva soltanto diventare devastante sul lungo periodo. Di fronte alla Notte dei Lunghi Coltelli alcuni militari avevano mantenuto le proprie riserve, tessendo una blanda rete eterogenea che avrebbe avuto lo scopo di rovesciare il regime a modo e tempo debito. Si attendeva, ad esempio, la presa di posizione finalmente di Francia e Gran Bretagna che avrebbe dato fiato alle perplessità all’interno dello Stato Maggiore dell’Esercito, ma saranno proprio i tentennamenti dei Paesi liberi da gioghi dittatoriali a impedire un’azione decisa dall’interno.

L’inizio della seconda guerra mondiale, tutto a favore della Germania hitleriana, fece accantonare i progetti sovversivi da parte degli interessati che, invece, ripresero dopo la fallimentare Campagna di Russia e dopo le sconfitte sul fronte africano. Nei mesi di quiescenza bellica che seguirono l’invasione della Polonia, i numerosi eccidi compiuti dall’esercito tedesco e dalle SS disgustarono alcuni militari che ripresero i propri cauti progetti di rovesciamento del regime: unica soluzione ai più di questo parere, era uccidere Hitler stesso. Senza uccidere il padre della Patria, il Capo assoluto liberatore e salvatore dell’integrità ariana, sarebbe stato impossibile giungere a risultati davvero capaci di invertire quell’infernale tendenza. Pertanto si riaccesero le idee di eliminazione del dittatore. Fu proprio la Campagna di Russia, a seguito dell’Operazione Barbarossa, a minare di più la solidità di Hitler agli occhi dei militari. Essi gli suggerirono a più riprese di ritirarsi una volta evidente che l’avanzata dell’inverno, la strenua difesa russa e l’azzeramento dell’idea che i fatti si sarebbero conclusi prima del freddo (per il quale i tedeschi non erano equipaggiati né in armamento né nell’organizzazione dei rifornimenti) avrebbero ostacolato i piani fatti a tavolino. Lo spettro della famosa ritirata napoleonica aleggiava al punto da impedire qualsiasi decisione che non fosse resistere e così si fece, a scapito di migliaia di morti. Lo scontro tra Hitler e i suoi generali sulla Russia fu frequente, senza che egli volesse cedere di un metro sulle proprie decisioni e fu proprio quello che portò all’allontanamento di alcuni di essi dalla fedeltà giurata. Molti ufficiali non appoggiarono il colpo di Stato che venne tentato nel 1944, ma non tradirono comunque i commilitoni. L’Operazione Valchiria fu significativa perché attuata all’interno del Quartier Generale di Rastenburg dove, alle ore 12.42 del 20 luglio venne fatta esplodere una bomba che uccise quattro persone e ne ferì venti, senza riuscire ad uccidere Hitler. L’organizzazione, capeggiata dal colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, aveva già pensato a come organizzare il colpo di Stato, che avrebbe avuto il principale compito di chiedere una pace separata agli Alleati. Questa avrebbe evitato l’invasione della Germania e la resa incondizionata alla quale Hitler la portò. Il fallimento dell’attentato, non soltanto svelato ma che soprattutto, per le intenzioni degli organizzatori, non era riuscito a eliminare il Führer uscitone con qualche ferita lieve, portò all’arresto di migliaia di militari e collaboratori, alcuni dei quali vennero uccisi, mentre altri vennero inviati ai campi di concentramento.

A parte il finale fallimentare, fu sul piano morale che la mancata riuscita dell’Operazione Valchiria agì. Hitler sembrava intoccabile e imbattibile ma, soprattutto, sembrava sempre più vicino il disastro totale. Come in effetti, per macerie e cumuli di morti, fu. Fermare la guerra anche solo di alcuni mesi avrebbe risparmiato inenarrabili sofferenze.

 

Comm. Alessia Biasiolo,  Socio della Federazione di Ancona, associata al CESVAM

 

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