VICENCE DEI SOLDATI ITALIANI IN RUSSIA. Rapporto dell’attività della Divisione “Torino” dal 1° luglio 1942 al 17 gennaio 1943.

  

Il 1° luglio 1942 la Divisione “Torino”si trovava ancora schierata lungo la linea Juni-Komunard-Wessely-Malo-Orlowka-Im Schewschenko- Nowo Orlowa ad est di Rykowo con a sinistra lo 82° Reggimento di Fanteeria (Juni-Komunard-Wessely) e a destra lo 81° Reggimento di Fanteria (Malo-Orlowa- Im Schewchenko-Nowo Orlowa). In questo periodo, secondo l’ordine del XXV° Corpo d’Armata (C.S.I.R.) ci si apprestò a riprendere il movimento di attacco secondo quanto previsto dal comando dello 8° Corpo d’ Armata in corrispondenza con le norme del Comando Supremo dell’Esercito. Il giorno 11 di luglio la “Torino” ricevette l’ordine di attaccare all’alba del giorno dopo le linee russe in direzione Im Molotowo-Nikitino-H. 317. Di conseguenza, nella notte fra l’11 ed il 12 di luglio, il comando della divisione si spostò da Rykowo a Schechenko e di qui a Krestowka dove fu ordinata la concentrazione delle truppe sulla destra della posizione che era stata conquistata e cioé nel settore di Nowo Karlowka.

Dopo una breve ma intensa preparazione dell’artiglieria, che iniziò alle ore 3.00, le truppe dello 81° ed 82° Reggimento irruppero (senza il III/82 che rimase ad aspettare nei pressi, fermo nelle proprie posizioni di Juni-Komunard) in direzione nord/nord-est e riuscirono facilmente a spezzare la debole resistenza del nemico in ritirata. Così alle ore 8.45 le nostre truppe avevano già eseguito tutto ciò che si erano proposti di fare nel corso della giornata.

Mentre i reparti, stimolati dal rapido successo, aspettavano impazientemente un nuovo ordine per iniziare l’avanzata verso nuovi obiettivi arrivò dal Comando Generale del XXXV° Corpo d’Armata l’ordine di fermarsi sulle posizioni già raggiunte per dare modo alla Divisione “Sforzesca”, che già marciava verso le posizioni di Juni Komunard di prendere il posto del III/82°, di superare la Divisione “Torino” e di partecipare al proseguimento dell’azione di sfondamento che era stata prevista dal C.S. in direzione est/nord-est. In questo modo la Divisione “Torino” si separò dalle formazioni del XXXV° Corpo d’Armata tedesco che aveva trovato alloggio nel territorio di Debalzewo.

Dopo l’inizio del dislocamento verso nord, avvenuto il 17 luglio, la Divisione raggiunse Tschernuchino nonostante le condizioni atmosferiche essere momenti sfavorevoli. Cui a causa delle pessime condizioni in cui versavano tutte le strade in seguito alle pesanti piogge dei giorni precedenti, la Divisione fu costretta a fermarsi

Riprendendo il cammino solo il 20 luglio e raggiungendo a marcia forzata Itkino, Ilinskaia, Uspenskoie e Woroschilowgrad. In seguito ad un ordine del II° Corpo d’Armata da cui la divisione ancora dipendeva, alle 14:00 del 26 luglio essa iniziò da attraversare un ponte sul Donez che era stato costruito presso Luganskaia dal I° battaglione pontieri.  La Divisione la d si mise poi in marcia in direzione nord/nord-ovest e raggiunse Olichowaja, Tschughinka, Derkul, Belowodsk, Tscherkowo, Mankowo, Kalitwenskaia, Schedrewo, Radtschenskoie. Alle dipendenze del XXIX° Corpo d’Armata tedesco (comandante generale Obstfelder) schierò le proprie truppe lungo il Don, mentre l’81° reggimento si trovava   a nord del fiume Bogutschar e l’82° a sud-est dello sbocco di quest’ultimo nel Don (9 agosto 1942).

Per rispondere alle esigenze del II° Corpo d’Armata italiano che era in marcia a sinistra della Divisione, la “Torino” effettuò uno spostamento verso destra. Il comando tattico era alloggiato a Milewanyi, la fanteria con l’ala sinistra (82° reggimento) si trovava nel settore della foce del Bogutschar – ansa nord da Oholewka – e l’ala destra (81° reggimento) fu suddivisa nel settore di Abrosimowa-Ssuchoj-Donetz.

Mentre si lavorava al consolidamento ed alla fortificazione delle nuove posizioni non fu possibile respingere le ripetute azioni   di disturbo nemiche (soprattutto nel corso della notte) senza subire ingenti perdite. Per di più il nemico si aprì con forza il passaggio sul Don in un altro settore non lontano (foce del Merkulow) fra l’ala destra della 62ᵃ divisione tedesca e l’ala sinistra della Divisione “Pasubio”. Il I°/82 ed il III°/52 reggimento di artiglieria furono immediatamente trasportati nel territorio interessato, contribuendo valorosamente al ripristino delle posizioni sulla sponda del fiume e riuscendo a riconquistare l’ansa (26-27 agosto). Il nemico tentò ancora varie volte di aprirsi il passaggio in questa stessa zona ma fu ricacciato indietro dalle valorose truppe del I°/81 reggimento che si guadagnarono la vittoria a prezzo di molte perdite ed ebbero anche le lodi del generale Obstfelder.

Dopo che le unità che si trovavano a Merkulow furono ritornate presso i propri reggimenti (15-16 settembre), sembrò finalmente arrivato il momento in cui la divisione si sarebbe potuta dedicare completamente ai non facili lavori di preparazione per affrontare l’inverno. All’inizio di ottobre il Comando Supremo ritenne indispensabile spostare le truppe in una nuova posizione per inserire fra la divisione “Torino” e la “Ravenna” (alloggiate a nord del Bogutschar) la 298ᵃ divisione tedesca e a destra di questa collocare la divisione “Pasubio” del XXXV° Corpo d’Armata (C.S.I.R.). Ecco quindi quali furono le posizioni occupate dalla “Torino” sul Don nel periodo che va dal 13 al 23 ottobre: a sinistra (81° reggimento) occupò il settore fra Monastirtschina e Bela Gorka; a destra (82° reggimento) la zona compresa tra queste due località e la zona sud-est di Kubianski di fonte a Kasanskaja.

Il comando di divisione fu spostato da Malewanyi a Makaroff. A Malewanyi   prese alloggio il comando della divisione “Pasubio” e a Radschenskoje il comando del XXXV° Corpo d’Armata da cui pidendeva la divisione “Torino” per motivi di approvvigionamento, mentre, contemporaneamente, dipendeva tatticamente dal XXIX° Corpo d’Armata tedesco.

Nel nuovo settore gli uomini della Divisione “Torino” ripresero a lavorare assai intensamente alle fortificazioni ed alla preparazione delle truppe ad essa sottoposte prima dell’arrivo del duro inverno russo che avrebbe impedito il proseguimento di tutti i lavori necessari. Fu un lavoro snervante in cui furono impegnate sia le truppe nazionali sia i prigionieri di guerra. Con l’utilizzazione di disegni tecnici preparati dagli addetti tedeschi e dai loro lavoranti ebrei, fu possibile procedere con notevole velocità alla costruzione delle reti di filo spinato, delle postazioni per le mitragliatrici e per i pezzi anti-carro, dei fossati anti-carro, alla progettazione di una seconda linea di collegamento con le poche località circostanti e con le baracche adibite a riparo delle truppe durante l’inverno? Si è fatto anche un abbondante rifornimento di foraggio per il bestiame e di legna da ardere approfittando delle vicinanze di un bosco. Sono state anche immagazzinate le derrate alimentari e trasportato il bestiame nei centri di approvvigionamento. Altro importante provvedimento è stato quello di migliorare le condizioni delle strade in modo da assicurare il trasporto delle munizioni anche in caso di pesanti nevicate. Contemporaneamente, per dare al nemico l’impressione che i summenzionati lavori non avevano uno scopo di resistenza passiva, furono intraprese frequenti avanzate sul Don che servivano soprattutto a distruggere armi ed a catturare prigionieri con l’intento di sottoporli ad interrogatorio. Tanto nella realizzazione dei lavori quanto negli attacchi contro il nemico sul Don, gli uomini dell’82°, con gli artiglieri del 52° Reggimento, con quelli del reparto che era stato impegnato come rinforzo (II da 105 e XXXII da 149) ed anche con i reparti mitragliatori del CIX battaglione in una meravigliosa armonia di energie, garantendo alla divisione l’assoluta superiorità militare sulla situazione e togliendo al nemico ogni speranza di successo.

Il 25 novembre i russi iniziarono la loro grande offensiva lungo il Don meridionale. Nel corso di quasi 14 giorni sembrò che essi non avessero alcuna intenzione di impadronirsi della foce del fiume sia nel settore della Divisione “Torino” sia in quelli laterali. Anche se nella seconda metà di novembre arrivarono tremende ondate di freddo, la temperatura non scese così in basso da gelare completamente il Don. I lastroni di ghiaccio che si trovavano sul fiume il 15 dicembre non erano ancora abbastanza solidi da fornire un sicuro passaggio anche a solo pochi uomini, tanto meno quindi potevano essere adatti per il passaggio dei carri e degli altri automezzi. Da ciò si poteva dedurre che il nemico aspettava un ulteriore abbassamento della temperatura per far avanzare il proprio attacco anche nel settore del Bogutschar ed in quelli confinanti. Tramite la ricognizione terrestre ed aerea, le testimonianze dei prigionieri e dei disertori potemmo accertare l’esistenza di un flusso di truppe e di mezzi da campo che i nemici stavano radunando principalmente nella zona in cui il Bogutschar sbocca nel Don.

Il 15 dicembre iniziò un periodo di freddo assai intenso che fece gelare anche i fiumi più grandi e che conferì al ghiaccio una consistenza ed una resistenza tali da poter sostenere anche il peso dei carri. Questa favorevole coincidenza accelerò lo scatenamento dell’offensiva russa nel settore del Bogutschar  e a nord di questo, pregiudicando così ogni tentativo di sfondamento del fronte e creando i presupposti per il suo futuro e definitivo crollo.

Nei giorni 17-18 e 19 dicembre la Divisione “Torino” avrebbe dovuto entrare in azione sull’ala destra esterna della Divisione “Pasubio” insieme alle sue truppe composte dal III/82, da una compagnia del CIX battaglione mitragliatrici e dalla 171ᵃ compagnia carri in modo da prendere il controllo della situazione nella zona. Nonostante l’accresciuta pressione nemica nel suo stesso territorio, la “Torino” non ebbe il minimo sentore di ciò che stava accadendo nei territori circostanti.

Forse i posti di comando vicini non hanno avuto il tempo ed addirittura non hanno proprio pensato di mettere al corrente della situazione anche il comando della “Torino”. Si potrebbe però trattare non di una semplice dimenticanza ma di un preciso piano del Comando Supremo della 8ᵃ Armata mirante a lasciare la Torino in questa zona come baluardo delle retroguardie in modo da poter fermare l’avanzata delle truppe russe.

Fatto sta che alle ore 9.20 del 19 dicembre, mentre già da più di tre ore stavano arrivando al posto di comando della “Torino”, ingenti quantità di soldati italiani e tedeschi provenienti da altre divisioni alloggiate a Karassiew e a Makaroff, il comando generale del XXV° Corpo d’Armata diede l’ordine di continuare a tenere la linea sul Don. Alle ore 12.00 era ormai cosa certa che i russi avevano interrotto già da più di due ore la cosidetta “strada di liberazione” (Karassiew-Krausow-Mankowo), che da un’ora avevano occupato Nowyi Byt e che attualmente si trovavano sulla strada Kalmikoff-Meschkow. Ciò voleva dire che la Divisione “Torino”, che ancora manteneva le sue vecchie postazioni sul Don, correva il pericolo di venire accerchiata.

Il XXIX° Corpo d’Armata tedesco diede inizialmente l’ordine di far arretrare sulla seconda posizione una compagnia ed una batteria per ogni battaglione e reparto. Poco dopo fu ordinata la ritirata globale dietro il fiume Tihai. Iniziò così il movimento di marcia caratterizzato da grande disciplina e sangue freddo. Il Comando Generale del XXXV° Corpo d’Armata arrivò alle ore 16.00 a Makaroff dove, in seguito, giunse anche il comando della “Pasubio”, mentre fu possibile aprirsi una via d’uscita solo dietro la linea della Divisione “Torino”.

Alle ore 21.00 i suddetti comandi lasciarono Makaroff. Contemporaneamente alla loro partenza arrivò una notizia proveniente dal XXIX° Corpo d’Armata secondo cui non era più possibile tenere la linea sul Tihai ed era quindi necessario arretrare ulteriormente verso sud-ovest. In quel momento avemmo il presentimento della tragedia che si sarebbe scatenata fra breve tempo.

Il carburante a nostra disposizione poteva bastare per soli 30 km. Alle ore 12.00 avevamo fatto richiesta per averne dell’altro ma non c’è mai stato consegnato e d’altra parte nessun altro poteva più procurarcelo. Alle ore 24.00, dopo la fine della comunicazione radio cessarono anche i contatti telefonici con i tedeschi che si trovavano a Merschkow, dove nel frattempo erano arrivati i russi. Il gruppo di carri Hoffmann e parte della 298ᵃ divisione tedesca che, all’alba del 20 dicembre, avevano raggiunto il territorio della “Torino” , non avevano che peggiorato la situazione della strada già completamente ostruita. Per poter impiegare i carri del gruppo Hoffmann fu necessario rifornirli di carburante. La Divisione “Torino” dovette perciò sacrificare quasi tutti i suoi automezzi per cedere ai carri tedeschi mille litri di benzina.

Nel corso di questa operazione sulla strada di Popowka, alle ore 11.00 del 20 arrivano i primi carri russi ma gli italiani e i tedeschi riuscirono a respingerli. I nostri soldati poterono così avere un attimo di respiro e riuscirono a completare il raduno dello 81° e dello 82° reggimento di fanteria nel territorio di Popowka. Alle ore 15.00 fu possibile riprendere la marcia verso sud-ovest, dove il gruppo di carri Hoffmann e una parte della 298ᵃ divisione tedesca formavano la retroguardia.

Dopo aver forzato il passaggio sul Tihaj con l’appoggio del II° reparto del 105/28 che rafforzava la Divisione “Torino”  e dopo che i nostri riuscirono a respingere un ingente attacco russo sferrato da nord-ovest  e da sud-est, la colonna riuscì, nonostante gli ostacoli creati dalla sregolata ritirata di parti della altre divisioni, a lasciare Posniakow e Smirnowski e a raggiungere alle ore 20.00 dello stesso giorno l’avvallamento di Arbusow.

Qui i russi credettero di poter annientare la colonna in marcia circondandola da tutte le parti con una cerchia di ferro e fuoco e provocando enormi perdite. Alle ore 7.00 del 22 dicembre i soldati italiani e tedeschi fecero un disperato tentativo di spezzare l’accerchiamento. Un eroe sconosciuto  – si dice sia stato un carabiniere che procedeva a cavallo sventolando una grossa bandiera tricolore – trascinò con il proprio entusiasmo un grandissimo numero di “Savoia”. La bandiera andò perduta ed anche il valoroso soldato risultò disperso nel trambusto ma gli italiani e i tedeschi riuscirono a sbaragliare i nemici in fuga, a prendere armi e prigionieri e ad allentare un po’ l’anello d’assedio. Tutti gli italiani erano in una situazione disperata a causa dell’esaurimento delle scorte di viveri.

La sera del 22 l’anello di accerchiamento intorno all’insanguinato avvallamento di Arbosow si era nuovamente serrato. In quel giorno morì il colonnello De Gennaro, comandante dello 82° reggimento, mentre il colonnello Santini , comandante dello 81° ed il colonnello Rosati, comandante del 52° artiglieria furono gravemente feriti. Da due giorni, chiedevamo al comando della 8ᵃ Armata, tramite il collegamento radio della 298ᵃ divisione tedesca, il trasporto via aria di vettovaglie, munizioni e medicinali.

La mattina del 23 dicembre la situazione si delineava veramente disperata. Il generale Lerici, comandante della Divisione “Torino” , ordinò di bruciare le bandiere. Il colonnello Rosati, ferito già tre volte era ormai in punto di morte. Morto era il capo del servizio sanitario, tenente-colonnello Paraninfo; periti negli scontri l’eroico tenente Umberto Martini, il maggiore Zigotti, il maggiore Ferrari e quasi tutti gli altri ufficiali del comando di divisione. Alle ore 21.30 dello stesso giorno, mentre i russi rinnovavano i loro attacchi contro le retroguardie (Divisione “Torino”), l’avanguardia tedesca fece un ulteriore disperato tentativo di spezzare l’accerchiamento verso sud-ovest. Questa volta il tentativo riuscì e la colonna poté così rimettersi in marcia anche se ancora sotto l’intenso fuoco nemico ed i ripetuti accaniti attacchi. Un’altra parte del 52° reggimento di Fanteria con il tenente-colonnello Sacco fu annientata in questa circostanza. Nonostante la neve alta e la temperatura ormai scesa a – 38°, la massa degli uomini feriti e stremati riesce a raggiungere, la mattina del 24 dicembre, Ssiderowski e Cusew da dove confluirono poi verso Poltawa e Chodonow. Dopo una marcia protrattasi per tutto il 24 e nella notte di Natale raggiunsero la ferrovia di Scheptukowa alle ore 7.00 del 25 dicembre. Seguirono poi il cammino lungo il tragitto della ferrovia verso nord, combattendo con le truppe di terra e gli aerei nemici, con i partigiani e con il terribile freddo. Nel corso di quella tragica marcia molti rimasero indietro, molti impazzirono e altri commisero il fatale errore di fermarsi un momento per riposare, rimanendo così congelati in mezzo alla steppa come statue di ghiaccio. Gli italiani non hanno più niente da mangiare da tre giorni

Alle ore 22.00 la punta della colonna in marcia arriva a Tschertkowo mentre gli ultimi sopravvissuti delle retroguardie raggiungono la città il 26 dicembre.

Da questo momento in poi è impossibile continuare la marcia. La strada che porta a Belowodsk è sbarrata dal nemico. Inizia così un secondo assedio , “l’Alcazar di Tscherkowo”, che non ha assunto tinte così tragiche per la mancanza di viveri (per fortuna i depositi di alcuni punti chiave erano perfettamente forniti) ma soprattutto per l’assoluta mancanza di medicinali, mentre più della metà dei sopravvissuti erano malati, feriti o assiderati. La Divisione “Torino” era rimasta così con circa 2.000 uomini della “Pasubio”, 400 della “Celere” e della “Ravenna”, 1.800 delle truppe dei corpi.

L’assedio proseguì fino al 15 gennaio. Ammirevoli furono l’audacia ed il valore dimostrati da italiani e tedeschi nel difendersi dagli attacchi russi e dagli intensissimi bombardamenti. Infine, dopo che i tentativi di liberarsi dall’assedio, tramite l’intervento delle unità carri tedesche, si rivelarono inutili, coloro che erano appostati alla difesa di Tschetkowo riuscirono a sfondare l’assedio in direzione di Belowodsk e a raggiungere questa località dopo una lunga serie di scontri (appoggiati anche dagli stuka) svoltisi nelle ultime ore del 16 gennaio e nella mattinata del 17.

Fu fatto l’appello per controllare l’attuale entità della Divisione “Torino”. Si constatò così che che degli 11.000 uomini che erano stati schierati sul Don ne erano sopravvissuti solo 1.200. Il comandante della divisione, generale Lerici, ed il comandante della fanteria, generale Rossi, rimasero congelati. Fra i colonnelli, comandanti dei tre reggimenti, due erano morti ed uno ferito. I comandanti di battaglione e di reparto erano tutti morti, feriti e dispersi. Per ciò che riguarda i comandanti di compagnia ne sono sopravvissuti tre o quattro, gli altri sono tutti morti, feriti o dispersi. Solo due dei 60 medici dello Stato Maggiore sono ancora vivi. Fra gli ufficiali dei comandi di divisione e dei quartier generali dello Stato Maggiore, dei quaranta che si trovavano nelle posizioni sul Don, sette risposero all’appello perché rimasti quasi illesi.

Dati i risultati di questo accertamento non si può certo dire che la Divisione “Torino” non abbia compiutoil proprio dovere poiché si è valorosamente prodigata fino allo stremo delle forze per appoggiare gli altri italiani e i tedeschi della 8ᵃ Armata che si trovavano a fronteggiare i russi che irrompevano con veemenza.