Valentina Trogu 7 dicembre 1941

  

Pearl Harbor il giorno dell’infamia

 

Il 7 dicembre del 1941 si compiva uno dei fatti storici più importanti del XX secolo, l’attacco da parte dei Giapponesi alla base americana Pearl Harbor che costò la vita a 2476 uomini. Alle 7.52 di una domenica mattina di 79 anni fa il mondo cambiò e la frattura che da tempo si era creata tra il governo americano e quello giapponese diventò un’enorme falla che risucchiò nel suo vortice le due grandi potenze.

Pearl Harbor ha rappresentato il segnale che il presidente americano Roosevelt stava aspettando per mettere da parte i propositi di neutralità e isolazionismo e lasciarsi coinvolgere nel conflitto europeo per salvaguardare i propri interessi e difendere i confini. Diversi indizi lasciavano supporre un’imminente entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, l’ingente produzione di materiale bellico, la chiamata alle armi in tempo di pace, i cinque miliardi di dollari spesi per rinforzare la Marina, i messaggi intercettati ma Roosevelt continuava a tranquillizzare il popolo statunitense affermando che non avrebbe inviato i soldati a combattere in terre straniere. Questo succedeva durante la campagna elettorale dell’ottobre 1940 ma le cose erano destinate a cambiare dato che nulla fu fatto per cercare di evitare la tragedia che si sarebbe compiuta l’anno successivo. La decisione presa nel 1939 dal presidente americano di spostare la flotta dalla California alle Hawaii per fermare le mire espansionistiche giapponesi era stata vista fin da subito dalla potenza orientale come una minaccia ma l’attacco avvenne ben due anni dopo, tempo sufficiente per far in modo che le provocazioni lanciate da entrambe le parti sfociassero in un attacco catastrofico con la conseguente entrata dell’America nel conflitto mondiale.

Pearl Harbor è stata distrutta, l’America è stata attaccata, il nemico non può vincere e per questo motivo si deve entrare in guerra. E’ una dinamica inappuntabile da vari punti di vista, probabilmente indirizzata dal governo fin dal principio, ma che venne compresa dal popolo americano dopo che Roosevelt definì il 7 dicembre “il giorno dell’infamia” e assicurò dicendo “Non importa quanto tempo occorrerà per riprenderci da questa invasione premeditata, il popolo americano con tutta la sua forza riuscirà ad assicurarsi una vittoria schiacciante”.

Apprendere la notizia della distruzione improvvisa di un’intera flotta destò rabbia e indignazione e cambiò il pensiero degli statunitensi circa la necessità di entrare in guerra; ora la motivazione toccava l’orgoglio delle persone e l’essere americani e, dunque, l’offesa alla patria doveva essere pagata.

Pearl Harbor fu l’inizio della reazione che in molti attendevano, primo tra tutti Churchill, ed è per questo motivo che si fece spazio l’idea comune che se anche ci fosse stata l’occasione il governo americano non avrebbe impedito alla flotta situata alla Hawaii di essere il bersaglio perfetto per l’attacco giapponese.

 

Valentina Trogu   valentinatrogu@libero.it