CHI E’ IL CAPPELLANO MILITARE?

  

Nel corso dell’anno 2010 nel nostro periodico sono state riportate delle significative testimonianze che riteniamo opportuno riproporre 

E’ un prete come tutti gli altri, si fa carico delle gioie, dolori, fatiche, speranze di quanti gli vengono affidati…è la vicenda, fra le tante, di Don Primo Mazzolari e di Don Carlo Gnocchi. Cappellano militare può essere un tranquillo Padre Francescano che vive nel suo Convento (Padre Pio) e un giorno gli vien detto che dovrà deporre il saio per indossare la divisa grigioverde e andare in un Ospedale da Campo…Il Cappellano dunque non spara? Può capitare che il plotone veda cadere il tenente, c’è lo sbandamento; il Cappellano è lì, bisogna salvarli quei fanti, e l’unico modo e di prendere l’arma in pugno e di mettersi alla testa del plotone: e così fece Don Silvio Marchetti il 20 dicembre 1942 a Kantemirowka. Fu sopraffatto; fu ucciso; ma non importa, in quel momento egli doveva fare così. Ma l’arma vera, l’arma in dotazione, obbligatoria per il Cappellano in guerra, non è tanto la croce rossa cucita sul taschino della giubba, ma il Crocifisso, un Crocifisso vero, e l’altarino con il Calice. Santa Caterina da Siena chiamava i preti “ministri del sangue”, definizione che il Cardinale Giulio Bevilacqua applicava in particolare ai Cappellani militari; diceva “Noi siamo i ministri del sangue; con quello di Cristo, il sangue di chi ci cade accanto, il nostro stesso sangue, nell’unico calice, per la redenzione del mondo”. Quando fra le due guerre, negli anni venti, il Governo italiano discusse l’opportunità o meno della presenza permanente del Cappellano nell’Esercito, qualcuno obiettò che in guerra il Cappellano non contribuisce a rafforzare i nervi del soldato per l’assalto: il Cappellano, al soldato ricorda troppo la mamma lontana: non aiuta il soldato a stringere i denti…Cappellano, ma tu alla Patria vuoi bene sì o no? Hai parlato di famiglia, di fede, ma la tua Patria dov’è? Al Cappellano non è difficile rispondere; se esorto i soldati a compiere il loro dovere fino alla morte, lo faccio perché credo alla Patria, che dobbiamo amare fino a dare la vita per lei. Il 26 dicembre 1941 cade nella battaglia di Petropawlowka Don Giovanni Mazzoni del 3° Reggimento Bersaglieri. Il 26 agosto 1942 Don Francesco Mazzocchi del II Battaglione Chimico. Il 16 dicembre 1942, sempre in combattimento, cade Don Felice Stroppiana, dell’81° Reggimento Fanteria della Divisione “Torino”…Non è che questi Cappellani si siano gettati nella mischia per cercare la bella morte sia pure nel nome di Cristo: avevano qualcuno da salvare! A questo punto, una parentesi: nel campo di prigionia in Russia, campo 74, scoppia il tifo petecchiale. Vengo chiamato da un alpino che sta morendo. “Cappellano, vedi come mi tocca morire! Guarda che squallore! Venendo in guerra sapevo che potevo morire ma non in un lazzaretto di appestati, morire combattendo! Gridando! Gridando Viva l’Italia!” Dovrei piangere ma non ne ho la forza: guardo, guardo con tutta la tenerezza quella vita, quella luce che si spegne. Ma l’alpino riprende a parlare: “Cappellano, è la stessa cosa: anche qui muoio per l’Italia.” La morte gli dischiude la mano; nella mano il piccolo Tricolore che uso a dir messa. Quel giovane alpino aveva attinto dalla sua bandiera stretta forte durante l’agonia, la forza di morire con la dignità di un eroe. Ho conservato quella bandiera dall’aprile 1943 fino al settembre 1946 quando a Fossano la potei consegnare a sua madre.

Mons. Enelio FRANZONI

Mons. Enelio Franzoni è nato a San Giorgio in Piano (BO) ed è stato ordinato sacerdote il 28 marzo 1936. Nel 1941 viene inviato in Russia come tenente cappellano della “Pasubio”. Nel dicembre 1942, quando si scatenò l’offensiva sovietica, rimase volontariamente con i soldati accerchiati per non abbandonarli, sapendo che così avrebbe dovuto affrontare la prigionia nei lager di Tambov, Krinowaia, Michurinscki, Suzdal, soffrendo la fame, il freddo, ammalandosi di tifo petecchiale. E’ stato, insieme a don Brevi, don Mazzoni e don Oberto, uno dei quattro cappellani decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Ma solo lui e don Brevi sono tornati: gli altri appartengono alla schiera dei cinquantadue cappellani caduti in Russia, di cui diciannove morti nei campi di concentramento. Ha raccontato don Franzoni “I nostri martiri di prigionia non hanno avuto nemmeno il conforto di un palmo di terra a loro destinato. Durante l’epidemia del tifo i nostri morti venivano portati in una camera buia, lasciati nudi l’uno sull’altro. Quando calava la notte venivano caricati su uno slittone e gettati in una fossa comune coperti di un velo di terra”. Tornò in Italia a fine agosto 1946. Il cognato di Togliatti, Robotti, si rammaricava che fosse stato “fatto fuori” durante un viaggio a Vienna dopo il rientro in Italia, per far tacere un testimone della crudeltà con cui i delegati del partito comunista italiano, agli ordini di Togliatti, avevano agito nei confronti dei prigionieri italiani. Si è spento a Bologna il 6 marzo 2007 all’età di 94 anni.

 Motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare

 “Cappellano addetto al comando di Grande Unità, durante accaniti combattimenti recava volontariamente il conforto religioso ai reparti in linea. In caposaldo impegnato in strenua difesa contro schiaccianti forze nemiche, invitato dal Comandante ad allontanarsi, finchè ne aveva la responsabilità, rifiutava decisamente e, allorchè i superstiti riuscirono a rompere il cerchio avversario, restava sul posto, con sublime altruismo per prodigare l’assistenza spirituale ai feriti intrasportabili. Caduto prigioniero e sottoposto a logorio fisico prodotto da fatiche e privazioni, noncurante di se stesso, con sovrumana forza d’animo, si prodigava per assolvere il suo apostolato. Con eroico sacrificio rifiutava per ben due volte il rimpatrio onde continuare tra le indicibili sofferenze dei campi di prigionia la sua opera che gli guadagnò stima, affetto, riconoscenza ed ammirazione da tutti. Animo eccelso votato al costante sacrificio per il bene altrui”.

Fronte Russo. Dicembre 1942 – Campo di prigionia, 1941/46