Vittorio Luoni, eroe di Millerovo

  

Paolo Resta ha lasciato, nel 1999-2020,  al sottoscritto documenti del suo Archivio Resta con la consegna di studiare e poi pubblicare i vari documenti raccolti e fare opera di divulgazione delle vicende dei soldati italiani in Russia Sono tutti in fotocopia, frutto delle sue ricerche. Paolo Resta fu ufficiale fino al 1948 e combattè nella Campagna di Russia ed al suo ritorno la Guerra di Liberazione. La collaborazione con Resta si sviluppò per oltre dieci anni, fino alla sua morte, in modo cordiale e cameratesco. Sono stato in corrispondenza, grazie a lui,  con Vittorio Luoni, che a quel tempo non godeva di buona salute. In base ai documenti e note avute per posta da Vittorio Luoni ebbi modo di scrivere articoli sulla campagna di Russia. Si riporta, qui,  una nota di Vittorio Luoni avuta a suo tempo in merito alle ricerche svolte sulla Divisione Cosseria, in merito ai combattimenti di Millerovo in cui fu decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Ma le sue gesta avrebbero meritato di più. Un omaggio questo articolo vuole essere sia a Paolo Resta che a Vittorio Luoni autentiche espressioni del Valore Militare Italiano (Massimo Coltrinari)

 

ARCHIVIO RESTA. DOCUMENTO 53/a  1999.

PRO-MEMORIA DI VITTORIO LUONI

(nato a Novara il 20/X/1914)

Ufficiale di complemento del 54° rgt.f. “SFORZESCA” (sede NOVARA)

combattente in Francia al Monginevro, poi in ALBANIA (F. Vojussa – Mali Scindeli – Mali Trebescines) e, infine, in RUSSIA (Ucraina: da Stalino al F. Don e poi nel caposaldo di Millerovo) come espongo ora:

in luglio, nella steppa, il caldo era afoso e soffrimmo anche un pò di sete. Le tende mimetiche erano preferibili alle “isbe” perchè le abitazioni russe pullulavano di parassiti.

Sul F. Don arrivammo, dopo vari combattimenti contro le retroguardie sovietiche, nella prima decade di agosto.

Il Ten. cpl. del 17° a.camp. Paolo Nesta fu sempre al mio fianco ma, sul F. Don venne destinato in altro settore (di fronte al bosco a forma di topo): quello del 53° rgt.f.

 

Il 17/8 all’alba i russi fecero superare il fiume (largo un centinaio di metri) da un reparto ardito che attaccò il settore della 6a cp. fucilieri     (com.te il Ten. Manlio Pirini); sfondarono, provocarono numerose perdite (2 ufficiali morti, 3 feriti e 15 uomini di truppa deceduti) e si ritirarono in fretta mentre il sottoscritto con i suoi arditi, chiamato d’urgenza dal ten.col. Enrico Spighi (II/54° rgt.f.) correva quale rincalzo. Il fuoco russo (mitragliatrici, mortai) era quanto mai intenso ed il sottoscritto, con un gran fiatone causa la lunga corsa, riuscì a vedere alcuni russi che scomparivano fra i cespuglioni e poi rastrellò tutto il settore, aiutò i feriti, si rese conto delle perdite e rappezzò la linea. Il Ten. Pirini era andato a riferire al comando di battaglione.

I russi forse non si accorsero di avere sfondato le nostra linea difensiva che era diluitissima, dislocata sul margine del fiume fra isbe, cespuglioni e staccionate e lunga una decina di chilometri.

 

Il 17/8 sera il Ten.col. Spighimi dettò (come aveva già fatto all’arrivo sul Don) altre richieste di spostare la difesa indietro di un km circa per sfruttare il gradino della steppa degradante verso il corso d’acqua, ma fu inutile. Oltre tutto sulla destra, dove avrebbero dovuto esserci delle unità tedesche della 6a Armata del Gen. Paulus, non c’era anima viva ed i russi sbarcavano tranquillamente, a loro piacere, nel villaggio di  Bobrowskij ogni notte.

 

Il 20/8 i sovietici attaccarono a massa tutta la fronte della “Sforzesca” (53° f. del Col.Contini e 54° f. del Col. Viale) e verso le ore 13 (l’attacco era iniziato all’alba) sfondarono. Ricordo che del II/54°

ci siamo ritrovati in circa ottanta a nord di Tschebotarewskij.

La “Pasubio” costituì un fianco difensivo verso est, la “Tagliamento” si fece sotto ed il “Savoia” cavalleria avanzò, unitamente a “Novara” e finì per caricare il nemico a Isbuscenskij.

 

Giornate terribili che non si possono dimenticare. Combattimenti ed atti eroici a non finire. Ma, infine, per il valore delle fanterie e delle CC.N N. il nemico venne arrestato. Il caposaldo di Jagodnij ebbe peso determinante. Il Ten.Col. Spighi ferito alle gambe venne portato in salvo, fortunosamente, dal sottoscritto con un pugno di arditi.

Ma gli  italiani, camerati dell’Asse Roma-Berlino, dovevano stare sul Don per cui la zona Jagodnij, Gorbatovo fino al fiume venne consegnata ai romeni (3a Armata, con 7a Divisione confinante con la “Sforzesca” che ritornò sul fiume di fronte a Vescenskaja). Come prima: con il 53° f. a sinistra (confinante con la “Celere”) ed il 54° f. a destra (confinante con i romeni).

 

Venne la neve: la prima cadde il 20 novembre e fece subito molto freddo.

 

Il 23 fummo inviati, in autocarro, nel settore romeno seriamente attaccato ed in netta minoranza perché le unità di fanteria erano rimaste senza munizioni che dovevano approvvigionare i tedeschi. La situazione venne ripristinata e si rientrò il 29/11 (era il II/54° f., meno la 6a cp., del magg. Salottolo).

I romeni vennero aiutati ancora due volte. Il 16/12, non appena arrivati venimmo trasportati in tutta fretta a Kalinoskij (6° bersaglieri) dove arrivammo il 17 mattina. I  russi erano già penetrati più ad ovest e noi avemmo l’incarico (gr.tattico “Vaccaro” con parte del (II/53° del II/54° e il II/17°) di attaccarli sul loro fianco sinistro.

 

Ne seguì una serie di combattimenti, senza sosta o quasi, di giorno e di notte, fra la neve, il freddo intenso, i russi che sbucavano da tutte le parti sparando all’impazzata con gli Spaghin, i Tokarev ed i fucili con pallottole traccianti. Le perdite furono elevatissime da entrambe le parti, sia i siberiani, i mongoli ed i tartari, sia noi non avevamo il tempo di fare dei prigionieri. Avanzando calpestavamo, coperti dalla neve e perciò invisibili agli occhi, dei corpi umani…

Lungo il Don, sui loro affusti, senza serventi, ho visto (affusti con 4 ruote) 4 cannoni di grosso calibro abbonati. E niente rancio!

 

Dopo due giorni e circa tre notti di feroce lotta iniziò il ripiegamento dei  superstiti verso est lungo i Don (gelato) ossia verso il 53° f.

Il Magg. Salottolo ed il Ten. Pirini in testa ed io con il S.Ten. Rossi Giacomo in coda ad una trentina di uomini. Sembrava di essere in zona polare o in un girone dell’inferno dantesco. Ad un certo punto, all’alba, con tempo brutto e densa nebbia venne perso il contatto con la testa e in pochi raggiungemmo il comando del 53° f. da dove venimmo rispediti verso Kalinowskij senza però trovare anima viva: nemmeno russa. Ritornammo indietro a riferire e trovammo il 53° f. in pieno ripiegamento.

 

Fra aerei che mitragliavano a bassa quota impunemente, scontri con pattuglioni meccanizzati, ecc. si giunse, la sera del giorno dopo, a Kamenka dove un concitato ten.col. del comando “Sforzesca” urlava che dovevamo invertire la marcia di tornare sul Don.

Ci orientammo ad ubbidire ma, a sera tardi, il borgo venne attaccato da fanterie e T 34 russi per cui ci si dovette ritirare verso sud-ovest.

 

Io mi trovai, con vari italiani, nel caos di quella notte, assieme a due colonne di romeni ed un centinaio di loro uomini. I romeni avevano le carte topografiche della zona ma io avevo la bussola! Così andammo subito d’accordo. Si camminò, si combattè e si sperò, tanto, di cavarcela. Uno dei colonnelli parlava perfettamente la lingua russa e fu quindi, di grande aiuto.

All’altezza di Maltceskaja ci imbattemmo in due autocarri italiani i cui autisti scesero con le braccia alzate. Noi accorremmo e li abbraciammo festosamente. Poi ci presentammo al comando dove, senza volerlo, entrammo in una lussuosa mensa, regalmente imbandita per almeno trenta coperti. Non ci dettero nemmeno un tozzo di pane e non ci credettero quando li avvertimmo che i  russi erano ormai a pochi chilometri

I romeni andarono per loro conto e noi italiani (forse una trentina) ci dirigemmo verso Millerovo.

Al Comando Tappa 303 il cui comandante Ten.Col. Boriani volle vedere se avevo i gradi (molti, mi disse, li avevano strappati via) che erano, ovviamente, al loro posto (anche se un po’ sporchi perchè ho sempre combattuto in 1a linea).

 

La vigilia di Natale, mentre i tedeschi del 144° Alpenjager stavano organizzando la città a caposaldo perché, dissero, stava avanzando un loro corpo d’armata corazzato e la 6a Armata (Stalingrado) doveva  trovare un punto d’appoggio valido in caso di ripiegamento, i russi centrarono un vasto deposito tedesco di munizionamento. Saltò per aria diventando un grande fungo in mezzo al quale si aprivano numerosi paracadute.

In quel  tempo non si sapeva nulla della “bomba atomica” ma in seguito, pensando all’accaduto, quel fungo era una atomica in miniatura: probabilmente, poichè c’era vicino il campo d’aviazione, si        incendiarono anche dei carburanti.

Intanto Maltcheskaja venne raggiunta dai russi e tutto quel presidio, senza avere il coraggio di far saltare i depositi minati, si riversò a Millerovo. Ho sentito dire che si trattava d i 300 ufficiali e oltre 2.000 uomini di truppa.

I tedeschi, intanto, si accorsero di non farcela a chiudersi in caposaldo con le loro sole forze per cui chiesero aiuto al comando tappa mentre i russi stavano accerchiando la città con parecchi  T 34 e fanterie. L’abitato era soggetto solamente ad alcune cannonate di carri  T 34 ed a qualche incursione aerea. Sul campo d’aviazione sono arrivati due o tre aerei e ne sono partiti altrettanti con feriti e (vds. libro di Marco Crociani “Eroi senza croce e senza medaglia”) con dei “fuggitivi”. Dalla stazione è partito anche un treno blindato verso Voroscilovgrad.

 

In questa situazione la sera del 26/XII/1942 vennero riuniti circa 300 ufficiali in un grande capannone ai quali il Col. Tolotti, con vibrate parole di amore patrio ed onore delle armi italiane, venne chiesto di offrirsi volontari per costituire una compagnia di arditi da schierare in linea con i tedeschi.

Uno solo alzò la mano, mentre il S.Ten. Giacomo Rossi che gli era vicino gli tirava una falda della giubba sussurrando: “Ma chi te lo fa fare??”: ero io, neo capitano di complemento del II/54° rgt.f. “Sforzesca”, convinto che così dovevasi fare per l’onore dell’ARMIR.

 

Da parte della truppa si offrirono un centinaio di uomini, soprattutto dei Servizi (che non conoscevano le armi automatiche): non c’erano alpini perchè schierati molto più a nord.

In un secondo tempo si offrirono volontari anche il Cap. Lachelli (più anziano di  me ma che accettò di stare in sottordine e che io incaricai della branca logistica), poi il Ten. Del Bono anch’egli della “Sforzesca” e Rossi Guido, Pozzi Piero, Grenzi Massimiliano e Rocchetti Osvaldo della motorizzazione.

Seppi poi  che nel caposaldo c’erano anche il Ten. Col. Squillaci (mai visto in linea) e degli artiglieri. Mai visti.

La compagnia venne costituita con tre plotoni e indossò le tute mimetiche (bianche e oliva) donate dai tedeschi.

Si andò in linea la sera del 27/XII passando sotto le traiettorie di alcuni carri T 34 nemici che erano penetrati nella periferia est e che vennero distrutti da speciali squadre c.c. tedesche. Passammo vicino alle carcasse fumanti dei carri, con cadaveri di bruciati  vivi sopra e vicino ai cingoli ci schierammo della fornace fino al Mulino del1’o1io (circa un km) fronte ad est in vista del villaggio di Spassovska.

Si costruirono subito degli appostamenti ed i n due casi vennero fuori dalla terra dei resti umani gelati. La Fornace era piena di munizioni italiane (persino pallottole cal. 9 per la mia Glisenti) di ogni tipo.

C’erano anche dei razzi Camocini e 2.000 bombe di  mortaio 81 (ma non si disponeva di tale arma).

Le fanterie nemiche attaccarono quasi subito ma la compagnia era fornita di due o tre Breda (i fucili mitragliatori non funzionavano) e vennero respinte. Poi, traendo pezzi dal mucchio delle armi “fuori uso” vennero composte altre Breda e dotate di 5.000 cartucce ciascuna di cui un gran numero già su piastrina. Dopo qualche giorno, con l’aiuto dell’officina tedesca, riuscì a mettere insieme un mortaio da 81 (senza congegni di puntamento) con il quale (aiutato da alcuni volontari addestrati in loco) sparai in zona Spassovska tutte le bombe disponibili.

Il caposaldo era un continuo inferno: incursioni aeree di giorno ed abbattimento di aerei tedeschi in arrivo, attacchi di fanteria e T 34, bombardamenti con “Katiusce”, artiglierie e mortai senza un minuto di respiro. Purtroppo il magg. Sleck, comandante il III/144° (settore della cp. “Luoni”) venne colpito da una granata e noi italiani perdemmo un comandante tedesco che ci voleva bene. Fui presente alla sua sepoltura.

 

Una sera una bomba cadde oltre un’isba che avevo davanti e, causa lo spostamento d’aria, rimasi accecato per oltre un’ora. Temetti la cecità. Poi si seppe che radio Mosca aveva già annunciato la caduta di Millerovo (7/1) mentre, invece, il caposaldo era ancora integro. E si seppe anche che il famoso C.A. corazzato era arrivato fino ad un certo punto e poi era stato sconfitto.

Di perdite ne avemmo poche e la cp. assolse molto bene il suo compito perchè i russi non riuscirono mai a rompere la cerchia armata. Poi una sera, venne personalmente in ispezione il Gen. Kreysing (morirà poi sul fronte francese in Alsazia) che lodò tutto e informò (con un mio pessimo interprete) che l a 6a A. non sarebbe passata da Millerovo (o disse qualcosa di simile) dando l’incarico di resistere strenuamente sul posto.

Intanto al comando del III/144° il  comportamento del Capitano comandante e degli altri “tuder” era semplicemente odioso.

La notte di Capodanno gli italiani cantavano mentre loro facevano delle specie di orgie: poi protestarono per i nostri  canti… Verso il 15/1 mi si disse che ci sarebbe stato un cambio di btg. in linea ed invece il Ten. Rossi Guido mi telefonò che i tedeschi stavano abbandonando tutto e se ne erano andati.

Il mattino vidi corrermi incontro un tedesco con un foglio in mano ma venne colpito in pieno da una granata e di lui rimasero solamente alcuni brandelli di carne sul muro di un’isba e sui rami spogli di un albero.

Intanto la Fornace era diventata un rogo inabitabile e dovetti far arretrare il plotone di Del Bono che la presidiava.

Il mattino del 15/1 i russi avanzarono con sole fanterie e vennero respinti mentre in lontananza, verso sud-ovest, si vedeva la colonna tedesca che stava allontanandosi da Millerovo dove c’erano loro pattuglie.

 

Dopo avere respinto un altro tentativo di avanzata da Spassovska il 16/1 iniziai a mia volta il ripiegamento passando attraverso Millerovo in gran parte incendiata e con fusti di carburante che scoppiavano in vari posti.

Mi avviai, in ordine sparso, sulle orme del 144° e precisamente lungo la ferrovia in direzione di Voroscilovgrad, soggetto a vari colpi di artiglieria. La sera del 16/1 mi congiunsi con i tedeschi all’altezza della stazione ferroviaria di  Nikolaevskij dove venivamo trattati come degli intrusi, con villania ed arroganza.

Il mattino dopo iniziò l’attacco al blocco nemico di fanterie (a sinistra) e carri T 34 (a destra). La battaglia fu terribile e, per fortuna, c’erano alcuni semoventi da 88 che incendiarono vari T 34 russi e facilitarono la ritirata. La scena che vidi è indescrivibile: materiali e pezzi di corpi umani un pò dappertutto. Purtroppo splendeva il sole ed eravamo facile bersaglio per il nemico. Vidi anche un semovente travolgere uno dei loro appiedato (forse credevano trattarsi di un italiano??)  e cose del genere. Venne dato il “si salvi chi può” e la corsa, sparacchiando (inutilmente) in tutte le direzioni, si protrasse per oltre 10 km.

A Krasnofka c’erano unità  delle SS (così  mi dissero) giunte in aiuto del 144° i cui superstiti vennero caricati su autocarri dove respinsero noi italiani. Proseguimmo a tappe forzate e, per fortuna, ci fu del nevischio che ci nascose.

Quando mi presentai al Comando “Sforzesca” con la certezza di essere elogiato, venni incriminato dal Capo di S.M. che mi chiese se ero stato in ltalia e poi ritornato. Per fortuna a Rikovo dove eravamo c’era il Ten.Col. Boriani del Comando Tappa 303 che fu il primo a definirmi l’Eroe di Millerovo. Poi a Gomel, il Gen. Biglino, di fronte a tutti i suoi Colonnelli, fece altrettanto e, infine, ci fu anche chi, per ordine, credo, di Biglino, inoltrò una proposta di M.A.V.M.. Intanto aspettavo il diploma della Croce di Ferro.

Feci male, durante l’assedio, a non mandare messaggi esaltati valorizzando quanto stavo facendo; ma non sapevo nemmeno se la “Sforzesca” esisteva ancora e dove si trovava. Ed ero tanto, ma tanto ingenuo.

Per il mio comportamento sul  F. Don il 17 ed il 20-26/8 ebbi, per fortuna, una M.B.V.M. ma, in verità, avrei meritato benissimo una M.A.V.M. anche perchè, se Spighi si salvò, lo si deve soprattutto al mio intervento di fuoco ed organizzativo.

Per UNA interpretazione all’Ufficio Storico non si valorizzò l’episodio di Millerovo (cosa, invece, fatta per Tschertkovo dove i nostri non erano in 1a linea come a Millerovo, ma erano presenti dei  Generali) perchè – mi si disse – Millerovo era “fuori settore”. Semplicemente assurdo infatti i limiti di settore dell’8a A. erano stati spostati per cui Millerovo si trovava “fuori”.

Anche per “Savoia” dissero che Insbuscevskij era nel settore tedesco ma che vuol dire? Bene fece il Col. Bettoni ad attaccare i russi che provenivano da quella parte!

O, forse, doveva ignorarli perchè stavano attaccando la “Sforzesca” e la “Tagliamento” provenendo dalla zona della 6a A. tedesca???

Quanti morti rimasero sui campi di battaglia! Poi vennero seppelliti in fosse comuni chissà dove.

A Kalinoskij chi è andato nell’estate del 2001 disse di avere trovato, su quelle quote, ossa, resti di fucili ecc. mentre nell’abitato i ragazzini giocavano con delle baionette arrugginite.

Peccato che il Ten. Paolo Resta del 17° rgt.a. “Sforzesca” non sia stato con me (perchè non mandato al II/54° come nel luglio 1942): avrebbe certamente condiviso valorosamente l’epica difesa del caposaldo di Millerovo. E quanti atti eroici non sono stati visti e non premiati!

Generale di Corpo d’Armata s.p.e. (congedo assoluto) Vittorio Luoni – Via A. Govoni l6 00136  Roma – tel. 06/35496076.Marzo 2002

con n° 3 allegati

NOTA: i superstiti della “Sforzesca” vennero trasferiti, nel marzo 1943, alla gloriosa D.f. “Ravenna” dove il Ten. MAVM De Carlini, che diverrà Com.te FTASE (n° 4 stellette come Generale) ammirò molto l’operato del Cap. V. Luoni a  Millerovo.

(CONTATTI ED INFO: QUADERNI.CESVAM@ISTITUTONASTROAZZURRO.ORG)