Antonio Trogu. PROLIFERAZIONE E RISCHIO DEL TERRORISMO NUCLEARE

  
Geopolitica delle prossime sfide

Di   Antonio Trogu

Sommario

La fine della guerra fredda ha coinciso con l’inizio del disarmo nucleare, che è, una vera e propria inversione di tendenza, ma 50 anni di corsa agli armamenti di certo non si può annullare immediatamente e senza intoppi. Oggi, più di una guerra nucleare, dovremmo preoccuparci di terrorismo nucleare, le vulnerabilità del contesto internazionale e l’evoluzione del fenomeno terroristico alimentano la minaccia di una possibile deriva nucleare formazioni illegali.

Problemi relativi al grado di (in) sicurezza della modalità di conservazione e la conseguente vulnerabilità cui questi sono esposti con riferimento al rischio di acquisizione da parte di alcuni attori non statali.

I problemi relativi al processo di smantellamento di una testa da un punto di vista della sicurezza.

L’Iniziativa globale per combattere il terrorismo nucleare (GICNT), una partnership internazionale di carattere volontario di 89 nazioni e sei organizzazioni internazionali che si impegnano a rafforzare la capacità globale per prevenire, individuare e rispondere al terrorismo nucleare.

 

 

 

Sono passati più di cinquant’anni dalle esplosioni nucleari di Hiroshima e Nagasaki. Negli ultimi anni c’è stata una forte concorrenza tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica nella progettazione, produzione e installazione di armi nucleari e sistemi di consegna per testate nucleari. L’intero periodo della “guerra fredda” è stato caratterizzato e condizionato dalla corsa agli armamenti nucleari. La fine della guerra fredda ha coinciso con l’inizio del disarmo nucleare, cioè con una vera e propria inversione di tendenza, ma 50 anni di corsa agli armamenti di certo non so possono annullare immediatamente e senza intoppi. Il disarmo nucleare e’ quindi configurato come un processo lungo e complesso, in cui non mancano e non mancheranno problemi e aspetti contraddittori, con progressi significativi che molto probabilmente si alterneranno a rallentamenti e ad inversioni di marcia.

Al momento occorre inoltre considerare che oltre a Stati Uniti d’America, Russia (successore dell’Unione Sovietica) UK, Francia e Cina, ovvero i cinque membri permanenti Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, quattro altre nazioni, non aderenti al TNP, hanno sviluppato e sono in possesso di armi nucleari: India, Pakistan, Corea del nord (aderente al TNP nel 1985, ma  ritirato da esso nel 2001) e Israele (anche se il governo israeliano non ha mai confermato ufficialmente di possedere un arsenale nucleare).

Nonostante le previsioni di molti esperti dalla dissoluzione dell’URSS non sono nati nuovi stati nucleari, molti opinion makers temevano e si aspettavano che la spartizione dell’eredità nucleare sovietica avrebbe dato vita a diversi Stati dotati di armi nucleari, di materiale fissile (cioè di uranio 235 e plutonio che sono gli elementi essenziali per la costruzione di bombe nucleari) e di missili.

Ci si aspettava anche che l’apparato nucleare ex sovietico avrebbe subìto se non un vero e proprio collasso, almeno delle incrinature sufficienti a generare un ingente traffico illecito di materiale nucleare e di bombe. Il problema del traffico illecito di materiale nucleare conduce anche a considerare quali possano essere i Paesi potenzialmente interessati ad acquisire tale materiale, ovvero i potenziali “proliferatori”. Gli scienziati che parteciparono alla fase iniziale della costruzione dell’arma atomica e diversi politici americani dell’immediato dopoguerra, ritenevano che, in assenza di un controllo internazionale dell’energia atomica, l’arma nucleare si sarebbe diffusa tra moltissimi Paesi, anche se, in ciascuno di essi, con livelli quantitativi ben lontani dai numeri che sono stati poi raggiunti dalle superpotenze, il numero di Paesi nucleari si è invece mantenuto ridotto rispetto alle pessimistiche previsioni iniziali.

Tornando al rischio del terrorismo nucleare si deve notare che la tecnologia nucleare è piuttosto datata e non ha bisogno di grandi conoscenze tecniche per costruire una piccola bomba atomica. Organizzazioni terroristiche internazionali sono spesso interessate a ciò che, nonostante le attenzioni per quanto riguarda l’escalation nucleare, si riferiscono principalmente di nuovo ai conflitti interstatali. Oggi, tuttavia, più di una guerra nucleare, dovremmo preoccuparci di terrorismo nucleare, le vulnerabilità del contesto internazionale e l’evoluzione del fenomeno terroristico alimentano la minaccia di una possibile deriva nucleare di formazioni illegali. Nel corso degli ultimi anni, in particolare dopo gli attentati del 2001, il timore che gruppi terroristici possano acquisire le cosiddette armi di distruzione di massa è diventata progressivamente più sensibile nel pensiero della comunità internazionale.

Capire quale sia lo stato attuale della minaccia nucleare terroristica, sarà essenziale per riflettere su quali sono le probabilità che troveranno linfa dalla criticità dello stesso contesto internazionale, ed in particolare nel contesto più ampio dello stoccaggio del materiale fissile per uso militare e civile. Naturalmente, motivi di preoccupazione non risiedono tanto nella quantità di per sé, relativamente alla sistemazione internazionale di materiali simili, ma piuttosto al grado di (in) sicurezza della modalità di stoccaggio e la conseguente vulnerabilità cui questi sono esposti rispetto al rischio di acquisizione da parte di alcuni attori non statali. La realtà è che acquisire una capacità nucleare, nel caso di un’organizzazione terroristica, non è affatto difficile. L’unica difficoltà riguarda l’acquisizione di materiale fissile, processare gli isotopi come l’uranio o plutonio non è semplice. E un processo estremamente complicato e costoso, ma la maggior parte dei depositi che contengono i vecchi inventari, in particolare in Russia, Pakistan e l’Europa orientale, sono facilmente accessibili. La sorveglianza è inadeguata e la lunga mano della corruzione potrebbe portare operatori della sicurezza a fare affari sotto banco o cedere alla tentazione di mettere una parte di materiale fissile sul mercato nero. E  molto probabile che una buona quantità di materiale fissile sia attualmente in circolazione sul mercato nero, pronto per essere consegnato al miglior offerente.

La prima eredità della corsa agli armamenti è la grande quantità di materiale fissile prodotta cioè di uranio altamente arricchito (HEU) e di plutonio. A sua volta il materiale fissile è classificato come weapon-grade se le composizioni isotopiche superano una certa soglia (93% di U-235 per l’Uranio altamente arricchito e 93% di Pu-239 per il plutonio). Per costruire una bomba anche rudimentale a pura fissione, non è necessario avere a disposizione materiale solo del tipo weapon-grade. Anche il plutonio con una maggiore percentuale di Pu-240 o l’uranio con un minore percentuale di U-235 possono essere utilizzati nella preparazione di una bomba. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica di Vienna (IAEA) definisce quantità significativa dal punto di vista della possibile fabbricazione illegale di armi nucleari, 8 kg di plutonio e 25 kg. di U-235 contenuto in HEU (arricchito con più del 20% di U-235). Se le quantità di materiale fissile necessarie per costruire una bomba a fissione sono modeste, le quantità di Pu e di HEU prodotte da parte dei Paesi dotati di armi nucleari sono assai vaste. A seguito dello smantellamento delle armi nucleari; una parte consistente di questo materiale fissile è stato o verrà dichiarato “in eccesso”: si tratta di almeno 100 tonnellate di plutonio e 700 tonnellate di HEU. Oltre al materiale fissile connesso alle attività militare, esistono grandi quantitativi di Plutonio nel combustibile e nelle scorie dei reattori nucleari, infatti si tratta della maggiore parte del plutonio esistente. Esiste poi del plutonio di origine civile già sottoposto al processo di separazione. I problemi che riguardano l’enorme quantitativo di materiale fissile prodotto sono innanzitutto problemi di sicurezza. L’ostacolo principale che si frappone alla costruzione di armi nucleari rudimentali non è l’accesso alle necessarie informazioni tecnologiche, quanto la disponibilità di materiale fissile. Il problema è dunque evitare che paesi interessati all’acquisizione di armi nucleari o organizzazioni illegali acquisiscano HEU e plutonio.

Il plutonio contenuto nelle scorie dei reattori è però di difficile accessibilità per dei potenziali proliferatori nucleari perché non è separato dal resto delle scorie radioattive. Così pure è logico aspettarsi che le testate nucleari intatte (cioè non smantellate) siano difficilmente accessibili, perché protette dalle strutture militari.

Le testate smantellate, il plutonio già separato, costituiscono dunque il possibile anello più debole della catena del sistema di controllo del materiale fissile. Questo problema è stato posto all’attenzione della pubblica opinione soprattutto in connessione con la dissoluzione dell’ex- URSS e con le conseguenti difficoltà politiche economiche ed organizzative che si sono manifestate nei Paesi dell’ex-URSS. Le testate che devono essere smantellate hanno un lungo iter davanti a sé prima che il materiale fissile trovi la sua “sistemazione finale”. Le testate devono essere prima di tutto disinnescate (cioè si devono togliere i circuiti di innesco che si trovano nella parte esterna delle testate). Poi devono essere trasportate nei depositi a cui sono destinate, quindi si devono aprire le testate, separando il materiale fissile, collocato in un contenitore metallico detto pit, dal resto della testata (esplosivo chimico, sistema secondario nelle bombe termonucleari, ecc.).  A questo punto il pit, che contiene il plutonio o l’uranio arricchito, può essere ulteriormente smantellato solo al momento della destinazione finale del materiale fissile. Dal punto di vista della sicurezza il processo di smantellamento di una testata presenta dunque i seguenti problemi:

  • sicurezza del trasporto delle testate disattivate ai depositi;
  • controllo e registrazione accurata di tutte le testate e i pezzi delle stesse che vengono smantellate;
  • custodia in condizioni di sicurezza dei pit in attesa della destinazione finale del materiale fissile;
  • definizione della destinazione finale del materiale fissile e sua attuazione in condizione di sicurezza.

Per quanto riguarda l’uranio arricchito, la destinazione logica è quella di diluirlo con uranio naturale o impoverito, in modo da costituire uranio a bassi livelli di arricchimento utilizzabile in reattori nucleari. Per il plutonio una analoga scelta non è disponibile perché il mescolamento di diversi isotopi del plutonio non elimina il rischio connesso alla proliferazione nucleare. Viceversa il mescolare plutonio con altri elementi (uranio) è una procedura che richiede maggiore attenzione perché il processo inverso (separazione) può essere semplicemente attuato tenendo conto delle diverse proprietà chimiche degli elementi.

Da alcuni anni l’attenzione si rivolge ad una tipologia di arma più facilmente ottenibile e fabbricabile dai gruppi terroristici: la cosiddetta bomba sporca. Si tratta, in sostanza, della possibilità che attori non statali possano utilizzare esplosivi convenzionali o altri mezzi per disperdere materiale radioattivo. Un attacco simile potrebbe rivelarsi più semplice da portare a compimento rispetto ad uno nucleare, vista la disponibilità su scala mondiale di materiali radioattivi facilmente acquisibili grazie all’ampio uso che oggi se ne fa in campi come la medicina, l’industria e l’agricoltura. Inoltre, risulta senza dubbio meno complessa la semplice dispersione di questi materiali piuttosto che la realizzazione di una reazione a catena necessaria a genere un’esplosione nucleare. Alcuni gruppi terroristici, dotati delle necessarie risorse economiche e di know how, aumenteranno i propri sforzi nel perseguire l’obiettivo di dotarsi delle cosiddette armi CBRN (Chimiche, Biologiche, Radiologiche e Nucleari). Vi e’ inoltre preoccupazione circa l’interesse mostrato da alcune organizzazioni riconosciute come terroristiche di acquisire Armi di Distruzione di Massa. A questo va aggiunto il pericolo che tali gruppi trovino sostegno a livello internazionale, non solo da finanziatori privati, ma anche da quegli stati che non nascondono il proprio interesse nel dotarsi di simili armamenti. Ma quale possono  essere le possibili modalità di attuazione della minaccia, le formazioni terroristiche hanno generalmente a disposizione quattro differenti strategie utili al perseguimento dei propri obiettivi:

  • L’acquisizione/costruzione e la conseguente detonazione di un’arma nucleare
  • Il furto o l’acquisto del materiale fissile necessario per la fabbricazione e la detonazione delle cosiddette armi nucleari rudimentali o IND (Improvised Nuclear Devices)
  • L’attacco o il sabotaggio ad una struttura nucleare che abbia come effetto il rilascio di un grande ammontare di radioattività
  • L’acquisizione illegale di materiale radioattivo che contribuisca alla fabbricazione e detonazione di un Dispositivo di Dispersione Radiologico (RDD), comunemente chiamata “ Bomba Sporca”.

 

Nell’ambito di una minaccia nucleare portata da formazioni terroristiche, lo scenario che più di ogni altro rivelerebbe effetti catastrofici solo immaginabili è quello della capacità dei gruppi illegali di dotarsi di un’arma nucleare. Ciò potrebbe avvenire attraverso due vie alternative: l’acquisizione di un ordigno nucleare o la sua diretta costruzione. A detta di molti analisti, uno scenario che veda un gruppo terroristico negoziare l’acquisto di un ordigno nucleare e detonarlo sul proprio obiettivo sembra difficilmente attuabile, ma, di certo, non impossibile. A sostegno di questa posizione giocano un ruolo determinante fattori tecnici, economici, ma soprattutto politico-strategici.

Un fattore di rischio potenziale è poi legato alla possibilità che gruppi terroristici attacchino strutture nucleari. Dal momento che esso comporta effetti di lungo periodo legati all’esposizione della popolazione civile alle radiazioni, ma non un ingente numero di perdite umane, un attacco di simile portata risulta più appetibile per gruppi come quelli nazionalisti/separatisti o monotematici. I vantaggi ad esso ascrivibili vanno dal potenziale stress psicologico su larga scala ai danni economici elevatissimi, oltre alla possibilità di colpire un obiettivo dall’alta valenza simbolica. Un attacco ad una facility nucleare necessita non tanto di una elevata somma economica a disposizione, quanto di un notevole grado di preparazione militare, dal momento che molte strutture sono oggi protette da un numero consistente – a seconda del paese considerato – di personale militare. Inoltre, a scoraggiare i gruppi terroristici è il potenziale rischio di alienazione della popolazione di riferimento, che difficilmente accetterebbe le conseguenze legate ad una possibile contaminazione del territorio. Il pericolo, però, potrebbe venire da quei contesti in cui non vi è un contatto diretto tra le popolazioni di riferimento delle formazioni terroristiche e strutture nucleari. Un valido esempio è rappresentato dal terrorismo ceceno: dal momento che molte facilities nucleari russe sono situate a centinaia di chilometri dalla Cecenia, il rilascio di radiazioni a seguito di un attacco non incide necessariamente sull’audience di appartenenza del gruppo. Le formazioni terroristiche potrebbero inoltre rubare armi nucleari sia attraverso la collaborazione dei responsabili della sicurezza dei siti di stoccaggio, sia in assenza di un appoggio interno. Un primo scenario, che senza dubbio desta notevole preoccupazione è quello che formazioni illegali trovino appoggio in uno stato sponsor della loro causa. Ciò abbatterebbe le difficoltà tecniche ed organizzative cui dovrebbe confrontarsi un gruppo terroristico nel caso decidesse di costruire o acquisire illegalmente un ordigno nucleare. Le preoccupazioni maggiori provengono di conseguenza da quegli stati che già posseggono capacità nucleari o quantomeno la tecnologia necessaria e potrebbero fornirla a formazioni terroristiche, assumendo che i due attori perseguano comuni obiettivi contro lo stesso nemico. Nonostante un trasferimento diretto di un ordigno intatto rappresenti la via più semplice agli occhi di un’organizzazione terroristica, diversi fattori rivelano l’improbabilità di un simile scenario.  Innanzitutto è da tenersi in considerazione l’elevato valore di un’arma nucleare, sia dal punto di vista militare sia per il prestigio nazionale o internazionale, e la conseguente riluttanza di qualsivoglia attore statale a condividerne la tecnologia. Vediamo, quindi, quali sono le molteplici azioni che potrebbero portare al suo compimento: uno stato che si proponga come “fornitore” di una vera e propria arma nucleare; un alto ufficiale con accesso agli armamenti in questione che potrebbe, per motivazioni ideologiche o semplicemente mercenarie, accordarsi con gruppi terroristici senza la diretta approvazione dei suoi superiori; le formazioni terroristiche potrebbero inoltre rubare armi nucleari sia attraverso la collaborazione dei responsabili della sicurezza dei siti di stoccaggio, sia in assenza di un appoggio interno. Un primo scenario, che senza dubbio desta notevole preoccupazione è quello che formazioni illegali trovino appoggio in uno stato sponsor della loro causa. Ciò abbatterebbe le difficoltà tecniche ed organizzative cui dovrebbe confrontarsi un gruppo terroristico nel caso decidesse di costruire o acquisire illegalmente un ordigno nucleare. Le preoccupazioni maggiori provengono di conseguenza da quegli stati che già posseggono capacità nucleari o quantomeno la tecnologia necessaria e potrebbero fornirla a formazioni terroristiche, assumendo che i due attori perseguano comuni obiettivi contro lo stesso nemico. Considerazioni di questo tipo sono emerse soprattutto dopo l’11 settembre ed in particolare quando l’amministrazione Bush, smentita poi dalla realtà dei fatti, concentrò la propria propaganda antinucleare contro l’Iraq di Saddam Hussein. Nonostante tali rivendicazioni abbiano in seguito rivelato la loro infondatezza, vi sono senza dubbio altri contesti in cui un simile scenario potrebbe effettivamente realizzarsi in modo più concreto. Ad oggi, i maggiori pericoli provengono da nazioni come il già citato Pakistan ma soprattutto paesi come l’Iran, attualmente impegnato nello sviluppo di una propria capacità nucleare e conosciuto come uno dei principali sostenitori di gruppi religiosi come Hezbollah, e la Corea del Nord. Nonostante un trasferimento diretto di un ordigno intatto rappresenti la via più semplice agli occhi di un’organizzazione terroristica, diversi fattori rivelano l’improbabilità di un simile scenario. Innanzitutto è da tenersi in considerazione l’elevato valore di un’arma nucleare, sia dal punto di vista militare sia per il prestigio nazionale o internazionale, e la conseguente riluttanza di qualsivoglia attore statale a condividerne la tecnologia. In secondo luogo, un calcolo dei costi-benefici di un’assistenza diretta a formazioni terroristiche non può prescindere da una valutazione che tenga conto delle possibili conseguenze di tale scelta sul piano internazionale: difficilmente, infatti, uno stato può correre il rischio, se scoperto, di orientare su di se la probabile azione ritorsiva della comunità internazionale. Vi  e’ da considerare poi che uno stato interessato a fornire assistenza o collaborare con formazioni terroristiche potrebbe “limitarsi” a trasferire ad esse il materiale fissile, le componenti di un’arma o le conoscenze specialistiche necessarie per la costruzione dell’ordigno; inoltre, motivo di preoccupazione risiede nella possibilità che membri governativi o appartenenti alla comunità scientifica nazionale che hanno accesso ai citati asset possano fornirli o venderli in assenza di un diretto coinvolgimento dello stato di appartenenza.

A livello internazionale, la prudenza resta d’obbligo per quanto riguarda i programmi d’acquisto di armi di distruzione di massa da parte di determinati Stati, specialmente se appaiono volubili come la Corea del Nord e l’Iran. L’attuale consolidamento del potenziale nucleare nel mondo aumenta la probabilità di un impiego di armi atomiche nell’ambito di un conflitto o semplicemente come strumento di pressione sul piano diplomatico. L’eventualità che un gruppo terrorista possa, in un prossimo futuro, servirsi di armi di distruzione di massa, quantunque rudimentali, diventa viepiù concreta. E’ da sottolineare che negli ultimi anni i rischi d’impiego di armi di distruzione di massa (Weapons of Mass Destruction, WMP) sono pervenuti da Stati più che da gruppi terroristici. Il regime di Bashar al-Assad ha impiegato armi chimiche in Siria, a Khan Shaykhun, e il leader nordcoreano Kim Jong-un minaccia quotidianamente i suoi avversari politici di scatenare un’apocalisse nucleare. Finora le organizzazioni terroristiche si sono accontentate di tattiche irregolari e armamenti convenzionali, ma questo scenario potrebbe mutare rapidamente. L’ipotesi di un attacco nucleare potrebbe solleticare i vertici di un’organizzazione terroristica qualora gli sforzi militari dei Paesi occidentali ne compromettano seriamente l’esistenza, come nel caso oggi di ISIS nel teatro siro-iracheno. Messi alle strette, in una situazione di estremo pericolo, questi potrebbero giocarsi il tutto per tutto e lanciare un’offensiva nucleare senza troppo pensare alle conseguenze. D’altronde è difficile restare razionali quando non si ha più nulla da perdere.

Nei primi anni della WOT (War on Terror), la preoccupazione di un’escalation nucleare era percepibile anche a livello istituzionale e la minaccia più grande alla sicurezza dell’Occidente era considerata proprio quella del terrorismo nucleare. Da allora, la questione sembra passata in secondo piano, oscurata da minacce più pressanti e tangibili, come la radicalizzazione degli immigrati di seconda o terza generazione in Europa e le ambizioni dell’autoproclamato “stato islamico”. Nel 2011 un pool di ricercatori americani e russi elaborò un report, divenuto piuttosto celebre, volto a ridestare il dibattito e predisporre delle efficaci strategie di contro-proliferazione nucleare, ma il loro appello, almeno finora, è caduto nel vuoto. Il report affermava “se gli attuali approcci per eliminare la minaccia non vengono sostituiti da un senso di urgenza e risolutezza, la domanda non sarà se ma quando, e in che misura, si verificherà il primo atto del terrorismo nucleare “.

Per quanto riguarda la proliferazione il concetto di non proliferazione anche legato al rischio terrorismo, si ritrova utilizzato anche in un’importante iniziativa internazionale denominata Proliferation Security Initiative (PSI) lanciata dal presidente G.W. Bush nel 2003.

La PSI si pone l’obiettivo di prevenire la proliferazione delle armi di distruzione di massa (WDM), dei loro vettori e relativi materiali attraverso la condivisione delle informazioni e il coordinamento degli sforzi diplomatici e militari. Gli Stati aderenti all’iniziativa si impegnano a stabilire una linea di azione coordinata e condivisa sulla base di una serie di linee guida (PSI Statement of Interdiction Principles).

Nel maggio del 2003, in Polonia,è stata sottoscritta la PSI – Proliferation Security Initiative; si tratta di un’iniziativa che si prefigge lo scopo di assicurare la condotta delle attività di contro-proliferazione, favorendo la creazione di una rete internazionale di attori dediti all’interdizione preventiva dei mezzi di trasporto delle armi di distruzione di massa e dei materiali dual-use, incoraggiando il diniego di sorvolo ed il rifornimento di velivoli sospetti, nonché assicurando il corretto e tempestivo svolgimento delle operazioni d’interdizione marittima nei confronti dei trasporti effettuati attraverso tali linee di comunicazione. La PSI è un’attività di cooperazione tra diverse Nazioni basata sul principio che un’efficace interdizione del traffico di WMD e loro componenti richieda la più ampia collaborazione possibile tra Stati; inizialmente sottoscritta da 11 Stati, attualmente ha raggiunto l’adesione di ben 105 Nazioni le quali condividono i seguenti obiettivi prefissati dall’iniziativa:

  • adottare misure efficaci, individualmente o in collaborazione con altri Stati, per vietare il trasferimento o il trasporto di WMD, dei loro vettori e dei relativi materiali collegati in provenienza da o destinati a Stati o attori non statali che suscitano la preoccupazione della Comunità Internazionale nel campo della proliferazione delle WMD;
  • adottare procedure collettive di ottimizzazione per lo scambio d’informazioni sulle attività di proliferazione e allocare le risorse necessarie da dedicare alle operazioni e alle capacità d’interdizione;
  • garantire la coerenza dei testi di riferimento nazionali, rafforzarli come necessario, e partecipare al consolidamento del diritto internazionale e dei quadri giuridici di riferimento della politica internazionale;
  • prevedere misure diplomatiche ad hocper sostenere gli sforzi e per bandire il trasferimento di Armi di distruzione di massa.

L’obiettivo del PSI è l’interdizione preventiva, che include la detenzione e la ricerca di navi e aeromobili non appena entrano nelle acque territoriali o nello spazio aereo nazionale dei membri del PSI; negare i diritti di sorvolo dell’aeromobile sospetto; la messa a terra degli aerei quando smettono di fare rifornimento nei paesi membri o negli Stati disposti a cooperare caso per caso; e l’imbarco e la ricerca di navi registrate in una nazione membro del PSI o che operano sotto una bandiera di comodo di un altro stato disposta ad autorizzare un’interdizione in un caso particolare.

Il PSI non è un’iniziativa indipendente, ma si basa su sforzi più ampi da parte della comunità internazionale attraverso trattati e regimi esistenti.

L’evento che è stato considerato come varo del PSI si è verificato nel dicembre 2002 quando un cacciatorpediniere spagnolo osservò una nave sospetta nel Mar Arabico. La nave diretta dallo Yemen – un mercantile registrato cambogiano con un equipaggio nordcoreano – non stava battendo una bandiera nazionale che indicasse il suo paese di immatricolazione. L’equipaggio spagnolo ha richiesto l’assistenza di una unità navale americana ed è salito a bordo della nave, per cui hanno trovato “15 missili Scud di fabbricazione nordcoreana con testate convenzionali e il propellente chimico necessario per lanciarli”. Poiché in questa scoperta non è stata trovata la violazione di alcuna legge o accordo nazionale o internazionale (Corea del Nord, Cambogia e Yemen non sono membri del regime di tecnologia di controllo missilistico), la nave cambogiana è stata autorizzata a continuare la sua rotta con il suo carico. Questo perché l’iniziativa non crea nuove leggi, ma si basa piuttosto sul diritto internazionale esistente per condurre interdizioni nelle acque o nello spazio aereo internazionali. Ad esempio, una nave può essere fermata in acque internazionali se non sta battendo bandiera nazionale o correttamente registrata, non può essere fermata semplicemente perché è sospettata di trasportare WMD o merci correlate. Il PSI ha principalmente lo scopo di incoraggiare i paesi partecipanti a trarre maggior vantaggio dalle proprie leggi nazionali esistenti per intercettare il commercio minaccioso che passa attraverso i loro territori, dove sono competenti ad agire.

Vi e’ poi l’iniziativa globale per la lotta al terrorismo nucleare (GICNT), è un partenariato internazionale volontario di 89 nazioni e sei organizzazioni internazionali che si impegnano a rafforzare la capacità globale di prevenire, individuare e rispondere al terrorismo nucleare. Il GICNT lavora per raggiungere questo obiettivo conducendo attività multilaterali che rafforzano i piani, le politiche, le procedure e l’interoperabilità delle nazioni partner.

Tutte le nazioni partner si sono impegnate volontariamente ad attuare la Dichiarazione di principi GICNT (SOP), una serie di ampi obiettivi di sicurezza nucleare che comprendono una serie di obiettivi di deterrenza, prevenzione, individuazione e risposta. Gli otto principi contenuti nello SOP mirano a sviluppare la capacità di partenariato per combattere il terrorismo nucleare, in linea con le autorità e gli obblighi giuridici nazionali, nonché i pertinenti quadri giuridici internazionali come la Convenzione per la repressione degli atti di terrorismo nucleare, la Convenzione sulla protezione fisica di materiale nucleare e risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1373 e 1540.

Gli Stati Uniti e la Russia fungono da copresidenti del GICNT, mentre il Marocco guida il gruppo di attuazione e valutazione (IAG) sotto la guida dei copresidenti. Ad oggi, il GICNT ha condotto oltre 100 attività multilaterali e undici riunioni plenarie di livello senior. Il GICNT è aperto alle nazioni che condividono i suoi obiettivi comuni e si impegnano attivamente nella lotta al terrorismo nucleare su una base determinata e sistematica. Gli obiettivi del GICNT sono:

  1. Integrare capacità e risorse collettive per rafforzare l’architettura globale per combattere il terrorismo nucleare.
  2. Mettere insieme esperienza e competenza nella non proliferazione, la contro proliferazione

e discipline antiterrorismo.

3.Fornire l’opportunità alle nazioni di condividere informazioni e competenze in un quadro volontario e non vincolante.

Il GICNT lavora per raggiungere questi obiettivi e affrontare specifici argomenti di sicurezza nucleare attraverso impegni pratici e potenziamento delle attività, tra cui seminari, workshop,

riunioni tecniche di esperti .

Le Nazioni possono prevenire con successo il terrorismo nucleare solo facendo una cosa: negando ai terroristi i mezzi per realizzare le loro ambizioni e tenere tutte le armi e materiali nucleari con un sistema a un livello molto alto di sicurezza e al là della portata dei terroristi e ladri. L’AIEA, che è il centro mondiale per la cooperazione nel settore nucleare e cerca di promuovere l’uso sicuro e pacifico delle tecnologie nucleari, ha pubblicazioni tecniche che includono gli standard internazionali di sicurezza e forniscono una guida per la pianificazione e l’organizzazione dei sistemi di sicurezza nucleare e le misure per l’individuazione di atti non autorizzati criminali o intenzionali che coinvolgono le sostanze radioattive nucleari e di controllo regolamentare (l’architettura di rilevamento, come descritto nel AIEA nucleare sicurezza N. di serie 21) e per la risposta a potenziali eventi di sicurezza nucleare (il quadro di risposta). La guida comprende i processi per verificare l’adeguatezza dei sistemi e delle misure di sicurezza nucleari esistenti, identificando le lacune nelle capacità e risorse, e la progettazione di nuovi sistemi e misure per affrontare identificato lacune.

Il terrorismo nucleare come il terrorismo in generale, è una minaccia globale che non conosce confini, cittadinanza o religione ed è una sfida da affrontare per migliorare la consapevolezza della minaccia e rafforzare l’impegno per la sicurezza del materiale nucleare, il terrorismo nucleare è una delle più gravi minacce del nostro tempo.

Gli Stati discutendo sulla sicurezza internazionale devono affrontare un orizzonte estremamente allarmante. Due nuovi elementi caratterizzano l’attuale scenario: il terrorismo islamico globale e l’escalation della proliferazione nucleare. Al giorno d’oggi non c’è un terrorismo regionale e localizzato, ma uno nuovo con la sua dimensione transnazionale generalizzata, senza frontiere e che non è facile né identificare o di tagliare di colpo. In generale, il terrorismo cerca di scardinare equilibri internazionali. Dobbiamo affrontare un terrorismo globale, che genera una paura globalizzato e minaccia la democrazia ed i diritti umani. Non è facile per la comunità internazionale combattere un simile nemico. Gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l’India, i regimi filo-occidentali del mondo islamico, l’Unione europea e, soprattutto, le Nazioni Unite, devono creare una rete di sicurezza al fine di intrappolare i pericoli del terrorismo in tutto il mondo . E ‘necessario creare un sistema difensivo e preventivo contemporaneamente basata sulla forza e la coesione tra i governi democratici, l’armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di terrorismo, e intensi colloqui con i paesi islamici. E ‘un processo che richiede tempo e perseveranza: sono stati fatti alcuni passi, ma è indispensabile che la comunità internazionale si sforzi di fare qualcosa di diverso., e’ necessario creare una rete di sicurezza al fine di intrappolare i pericoli del terrorismo in tutto il mondo. E’ necessario creare un sistema difensivo e preventivo basato contemporaneamente sulla forza e la coesione tra i governi democratici, l’armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di terrorismo e intensi colloqui con i paesi islamici.

 

La nota è stata presentata all’International Science Conference 12-14 Novembre 2019 organizzata dal Rokavski National Defence College di Sofia Bulgaria. Si riporta la versione in lingua inglese.

ПРОЛИФЕРАЦИЯ И РИСК ОТ ЯДРЕН ТЕРОРИЗЪМ

Антонио Трогу

Резюме: Краят на студената война съвпадна с началото на ядреното разоръжаване, което е истински обрат, но 50 години надпревара във въоржаването безсрорно ге могат да се изличаш берзо и безпроблемно. Днес, трябна да се боим повече от ядрена война, ние трябва да се тревожим за ядрен тероризъм, отколното от ядрена войнар от уязвимостта на международния контекст и от еволюрането на феномена на тероризма

което подлържа заплахата за възможност ядрено оръжие да попадне в ръцете на незаконни формирования.

Глобалната инициатива за борба с ядрения тероризъм (GICNT), доброволно партньорство на 89 държави и шест международни организации, обелинени около идеята за усилване на възможностите в световен  мажаб за превенция откриване и отговор на ядрения тероризъмл

 

 

PROLIFERATION AND RISKS OF NUCLEAR TERRORISM

Antonio Trogu

Summary

 

The end of the Cold War coincided with the beginning of nuclear disarmament, that is, with a real turnaround, but 50 years of the arms race certainly can not undo instantly and smoothly. Today,  more than a nuclear war, we should worry about nuclear terrorism, the vulnerabilities of the international context and the evolution of the terrorist phenomenon fueling the threat of a possible nuclear derives illegal formations.

Problems concerning to the degree of (in) security of the storage mode and the consequent vulnerability which these are exposed with respect to the risk of acquisition by of certain non-state actors.

Problems concerning the process of dismantling of a head from a security point of view.

The Global Initiative to Combat Nuclear Terrorism (GICNT), a voluntary international partnership of 89 nations and six international organizations that are committed to strengthening global capacity to prevent, detect, and respond to nuclear terrorism.

 

 

It has been over fifty years by the nuclear explosions at Hiroshima and Nagasaki. In recent years there was a strong competition between the United States and the Soviet Union in the design, manufacture and installation of nuclear weapons and delivery systems for nuclear warheads. The whole period of the “Cold War” was marked and conditioned by the nuclear arms race. The end of the Cold War coincided with the beginning of nuclear disarmament, that is, with a real turnaround, but 50 years of the arms race certainly can not undo instantly and smoothly. Nuclear disarmament and ‘then configured as a long and complex process in which there is no shortage and there will be problems and contradictory aspects, with significant progress that most likely they will alternate with slowdowns and reversals. At the moment it is also necessary to consider that in addition to the United States of America, Russia (Successor to ‘Soviet Union) UK, France and China, Namely the five permanent members of United Nations Security Council, Four other nations, not parties to the NPT, have developed and are in possession of nuclear weapons: India, Pakistan, North Korea (Adhering to the NPT in 1985, but withdrew from it in 2001) and Israel (Although the Israeli government has never officially confirmed to possess a nuclear arsenal).

Despite the forecasts of many experts from the dissolution of the USSR were not born new nuclear states, many opinion makers feared and expected the Soviet nuclear legacy partition would have given rise to several states with nuclear weapons, fissile material (ie uranium-235 and plutonium which are the essential elements for the construction of nuclear bombs) and missiles.

We also expected that the former Soviet nuclear device would have suffered, if not a veritable collapse, cracks least enough to generate a substantial illicit trafficking of nuclear material and bombs. The problem of illicit trafficking of nuclear material also leads to consider what might be potentially affected countries to acquire such material, or potential “proliferators”. Scientists who participated in the initial phase of building atomic weapons and several American politicians immediately after the war, believed that in the absence of an international control of atomic energy, nuclear weapons would spread among many countries, though, in each of them, with quantitative levels well away from the numbers that were then achieved by the superpowers. The number of nuclear countries, on the other hand, remained low compared to the initial pessimistic forecasts.

Returning to the risk of nuclear terrorism it should be noted that nuclear technology is rather outdated and does not need great technical knowledge to build a small atomic bomb. International terrorist organizations are often interested in what, despite the attentions regarding nuclear escalation mainly refer back to the inter-state conflicts. Today, however, more than a nuclear war, we should worry about nuclear terrorism, the vulnerabilities of the international context and the evolution of the terrorist phenomenon fueling the threat of a possible nuclear derives of illegal formations. Over the past few years, particularly after the 2001 attacks, the fear that terrorist groups may acquire the so-called Weapons of Mass Destruction has become progressively more sensitive in the thinking of the international community.

To understand what is the current status of the terrorist nuclear threat, it will be essential to reflect on what are the chances they will find lymph from the critical issues in the same international context, lacking today especially in the broader context of the fissile material storage for military and civil use. Of course, reasons for concern do not reside so much in the given quantity in itself, concerning the international allocation of similar materials, but rather to the degree of (in) security of the storage mode and the consequent vulnerability which these are exposed with respect to the risk of acquisition by of certain non-state actors. The reality is that acquire a nuclear capability, in case of a terrorist organization, is not at all difficult. The only difficulty concerns the retrieval of fissile material, process isotopes such as uranium or plutonium is not simple. It is extremely complicated and expensive process, but most of the deposits that contain the old inventories, especially in Russia, Pakistan and Eastern Europe, are easily accessible. Surveillance is inadequate and the long hand of corruption could cause security operators to do business under the table or give in to temptation to put  part of fissile material on the black market. It is likely that large amounts of fissile material are currently circulating on the black market, ready to be delivered to the highest bidder.

The first race of the inheritance of the arms is the large amount of fissile material produced that is of highly enriched uranium (HEU) and plutonium. In turn, the fissile material is classified as weapons-grade if the isotopic compositions exceed a certain threshold (93% U-235 to the highly enriched uranium and 93% of Pu-239 for plutonium).

To build a bomb even rudimentary pure fission, it is not necessary to have material available only in the weapons-grade type. Even plutonium with a higher percentage of Pu-240 or uranium with a lower percentage of U-235 can be used in the preparation of a bomb. The International Agency for Atomic Energy in Vienna (IAEA) defines significant quantity from the point of view of the possible illegal manufacture of nuclear weapons, 8 kg of plutonium and 25 kg. of  U-235 contained in HEU (enriched to more than 20% U-235). If the amount of fissile material needed to build a fission bomb are modest, the amount of Pu and HEU produced by the nuclear-weapon countries are very large. Following the dismantling of nuclear weapons a substantial proportion of this fissile material has been or will be declared “surplus” and it is at least 100 tons of plutonium and 700 tons of HEU. In addition to the fissile material connected to military activities, there are large quantities of plutonium in the fuel and in nuclear waste of nuclear reactors, in fact it is the greater part of the existing plutonium. There is then the plutonium of civilian origin already subjected to the separation process. The problems regarding the huge amount of fissile material produced are primarily safety issues. The main obstacle to the construction of rudimentary nuclear weapons is not the access to the necessary technical information, since the availability of fissile material. The problem is therefore to prevent that countries interested in acquiring nuclear weapons or illegal organizations acquire HEUs and plutonium. The plutonium in the reactor waste is, however, difficult to access for potential nuclear proliferators because it is not separated from the rest of the nuclear waste. Likewise, it is logical to expect that the nuclear warheads intact (ie not dismantled) are difficult to access, because they are protected by military structures.

The dismantled warheads, the already separated plutonium, can therefore constitute the weakest link in the chain of fissile material control system. This problem was brought to the attention of public opinion, especially in connection with the dissolution of the former USSR and the consequent difficulties economic and organizational policies that have emerged in the countries of the former USSR. The heads that have to be dismantled have a long process ahead before the fissile material finds its “final settlement”. The heads must be first of all defused (ie it must remove the firing circuits which are located in the outer part of the heads). Then they must be transported in the stores to which they are intended. So you have to open the heads, separating the fissile material placed in a metal container, said pit, from the rest of head (chemical explosive, secondary system in thermonuclear bombs, etc.). At this point the pit, which contains plutonium or highly enriched uranium, it can only be further dismantled at the time of final destination of the fissile material. From a security point of view the process of dismantling of a head presents the following problems:

  • safe transport of warheads deactivated to deposits;
  • accurate control and registration of all the warheads and pieces of the same, which are dismantled;
  • custody in safe conditions the pit safety pending the final destination of fissile material;
  • definition of the final destination of the fissile material and implement it in a safe condition.

With regard to the enriched uranium, the logical destination is to dilute it with natural uranium or impoverished uranium, so as to constitute uranium at low levels of enrichment can be used in nuclear reactors. For plutonium a similar choice is not available because the mixing of different isotopes of plutonium does not eliminate the risk associated with nuclear proliferation. On the other hand, the mix plutonium with other elements (uranium) is a procedure that requires greater attention because the reverse process (separation) can be simply implemented taking into account the different chemical properties of the elements.

For some years the attention turns to a more easily obtainable and manufacturable type of weapon by terrorist groups: the so-called dirty bomb. It is, in essence, the possibility that non-state actors can use conventional explosives or other means to disperse radioactive material. Such an attack could prove easier to carry out than a nuclear, given the global availability of easily acquired radioactive materials due to widespread use today they mean in fields such as medicine, industry and agriculture. Furthermore, it is undoubtedly less complex than the simple dispersion of these materials rather than the realization of a chain reaction required to obtain a nuclear explosion.

Some terrorist groups, equipped with the necessary financial resources and know-how, will increase its efforts to reach the target of obtaining the so-called CBRN (Chemical, Biological, Radiological and Nuclear) weapons. There also concern about the interest shown by several recognized organizations as terrorist to acquire Weapons of Mass Destruction. Added to this is the danger that these groups find support at the international level, not only by private lenders, but also by those states that do not hide their interest in acquiring such weapons. But what can be the possible implementation of threat, terrorist formations generally have four different useful strategies to achieve its objectives:

  • The acquisition / construction and the consequent detonation of a nuclear weapon
  • The theft or purchase of fissile material needed for the manufacture and detonation of rudimentary

nuclear weapons or so-called IND (Improvised Nuclear Devices)

  • The attack or sabotage to a nuclear structure that has as its effect the release of a large amount of radioactivity
  • The illegal acquisition of radioactive material that contributes to the manufacture and detonation of a Radiological Dispersion Device (RDD), commonly called “Dirty Bomb”.

As part of a nuclear threat posed by terrorist groups, the scenario more than any other would reveal only conceivable catastrophic effects is the ability of illegal groups to acquire a nuclear weapon. This could be done through two alternative ways: the acquisition of a nuclear weapon or its direct construction. According to many analysts, a scenario under which a terrorist group to negotiate the purchase of a nuclear device and bombing on specific target seems difficult to achieve, but, certainly, not impossible. In support of this position plays a crucial role technical, economic, but above all political and strategic.

A potential risk factor is then tied to the possibility that terrorist groups attack nuclear facilities. Since it involves long-term effects associated with exposure to radiation of the civilian population, but not a large number of human losses, a similar scope attack is more attractive for groups such as those nationalist / separatist or monothematic. The advantages attributable to it range over from the potential psychological stress scale to very high economic damage, plus the ability to hit a target from high symbolic value. An attack on a nuclear facility requires not so much of a high economic sum available, how much of a considerable degree of military preparation, since many structures are now protected by a substantial number – depending on the country concerned – of military personnel. In addition, to discourage terrorist groups is the risk of potential alienation of the reference population, which hardly accept the consequences related to a possible contamination of the territory. The danger, however, could come from contexts where there is no direct contact between the reference populations of terrorist and nuclear facilities formations. A good example is the Chechen terrorism: since many Russian nuclear facilities are located hundreds of kilometers from Chechnya, the release of radiation following an attack not affect the group’s membership and the population that supports them. Terrorist groups may also steal nuclear weapons or through the cooperation of the security managers of storage sites, or in the absence of an internal support. The first scenario, which no doubt a matter of considerable concern is that illegal formations are endorsed in a state sponsor of their cause. This would bring down the technical and organizational difficulties which would confront a terrorist group in the case decided to build or illegally acquiring a nuclear weapon. The main concerns come as a result of those states that already have nuclear capabilities or at least the technology and may provide it to terrorist groups, assuming that the two actors pursue common goals against the same enemy. Despite a direct transfer of a bomb intact represents the easiest way to the eyes of a terrorist organization, several factors reveal the unlikelihood of such a scenario. First, it is to be held into account the high value of a nuclear weapon, both from the military point of view both the national and international prestige, and the consequent reluctance of any state actor to share the technology. Second, a calculation of direct support cost-benefit terrorist groups can not be separated from an assessment taking into account the possible consequences of that choice on the international level, it is hard, in fact, a state may run the risk, if found , to steer on whether the likely retaliatory action by the international community. We see, then, what are the various actions that could lead to its fulfillment: a state that is proposed as a “supplier” of a real nuclear weapon; a top official with access to the weapons in question that might, for ideological reasons or simply mercenary, agreeing with terrorist groups without the direct approval of his superiors; terrorist formations could also steal nuclear weapons is through the cooperation of the security managers of storage sites, both in the absence of a support from the inside. A first scenario, which no doubt a matter of considerable concern, is that illegal formations are endorsed in a state sponsor of their cause. This would bring down the technical and organizational difficulties which would confront a terrorist group in the case decided to build or illegally acquiring a nuclear weapon. The main concerns come as a result of those states that already have nuclear capabilities or at least the technology and may provide it to terrorist groups, assuming that the two actors pursue common goals against the same enemy. Considerations of this kind have emerged especially after September 11, especially when the Bush administration, then disproved by reality, concentrated its anti-nuclear propaganda against Saddam Hussein’s Iraq. Despite these claims it has subsequently revealed their groundlessness, there are undoubtedly other contexts in which this scenario might actually be realized in a more concrete way. To date, the greatest dangers come from nations like the aforementioned Pakistan but especially countries like Iran, currently engaged in the development of its own nuclear capability and known as a leading advocate of religious groups such as Hezbollah, and North Korea. There is to consider that a man was interested in providing support or collaborate with terrorist groups could “limit” to transfer to them the fissile material, the components of a weapon or the specialized knowledge needed for the construction of the bomb; further cause for concern is the possibility that government members or members of the scientific community who have access to those assets can provide them or sell them without a direct involvement of the state of belonging.

Internationally, prudence remains a must with regard to the purchase programs of weapons of mass destruction on the part of certain states, especially if they appear changeable like North Korea and Iran. The current consolidation of the nuclear potential in the world increases the probability of the use of nuclear weapons within a conflict or simply as an instrument of pressure on the diplomatic level. The possibility that a terrorist group may, in the near future, use of weapons of mass destruction, although rudimentary, become ever more concrete. It should be emphasized that in recent years the risks of use of WMD (Weapons of Mass Destruction, WMP) are originated by States more than terrorist groups. The regime of Bashar al-Assad took chemical weapons in Syria At Khan Shaykhun, and North Korean leader Kim Jong-un threat daily his political opponents to unleash a nuclear apocalypse. Until today the terrorist organizations are satisfied by irregular and conventional arms tactics, but this scenario could change rapidly. The hypothesis of a nuclear attack could tickle the leaders of a terrorist organization if the military efforts of Western countries may seriously jeopardize the existence, as is the case today in the ISIS Syrian-Iraqi theater. When pressed, in a situation of extreme danger, these could play all out and launch a nuclear offensive without much thought for the consequences, anyway, it is difficult to be rational when you have nothing to lose.

Three mains ways terrorists  could stage nuclear attack:

  • Detonate a nuclear bomb-either a weapon stolen from a state’s arsenal or an improvised nuclear device made from weapons-grade nuclear material that they smuggled out
  • Sabotage a major nuclear facility and cause it to release large amounts of harmful radiation
  • Detonate a dirty bomb or radiological dispersal device in a city centre

In the early years of the WOT (War on Terror), the nuclear escalation concern was also perceptible at the institutional level and the greatest threat to Western security was considered precisely that of nuclear terrorism. Since then, the question seems overshadowed by more pressing and tangible threats, such as the radicalization of second or third generation immigrants in Europe and the ambitions of self-proclaimed “Islamic state”. In 2011 a team of American and Russian researchers developed a reports, It became quite famous, which aims to revive the debate and prepare effective strategies to counter nuclear proliferation, but their appeal, at least so far, has fallen on deaf ears. The report stated “if current approaches to eliminate the threat are not replaced by a sense of urgency and resolve, the question is not if but when, and to what extent, there will be the first act of nuclear terrorism.”

As for the proliferation the concept of non-proliferation linked to the risk of terrorism, it finds itself also used in major international initiative called Proliferation Security Initiative (PSI) launched by President George W. Bush in 2003.

The PSI aims to prevent the proliferation of weapons of mass destruction (WDM), their delivery systems and related materials through the sharing of information and coordination of diplomatic and military efforts. Member States participating in the initiative will seek to establish a coordinated action line and shared on the basis of a set of guidelines (PSI Statement of Interdiction Principles).

In May of 2003, in Poland, it was signed the PSI – the Proliferation Security Initiative; it is an initiative that aims to ensure the conduct of the activities of counter-proliferation, promoting the creation of an international network of dedicated actors preventive interdiction of the means of transport of weapons of mass destruction and dual materials -use, encouraging the denial of overflight and refueling of suspicious aircraft, as well as ensuring the proper and timely conduct of the maritime interdiction operations against transport through the standing lines of communication. The PSI is an activity of cooperation between different countries based on the principle that effective interdiction of WMD trafficking and their components requires the widest possible cooperation between States. Initially signed by 11 states, it has now reached the adhesion of 105 nations that share the following objectives:

  • take effective measures, individually or in collaboration with other States, to prohibit the transfer or transport of WMD, their delivery systems and related materials linked from or destined to states or non-state actors that elicit the international community concern in the field the proliferation of WMD;
  • take collective optimization procedures for the exchange of information on proliferation activities and allocate the necessary resources to be dedicated to operations and interdiction capabilities;
  • ensure the coherence of national reference texts, to strengthen them as necessary, and take part in the consolidation of international law and the legal frameworks of international politics;
  • provide diplomatic ad hoc measures to support the efforts and to ban the transfer of Weapons of mass destruction.

The objective of the PSI is the preventive interdiction, including the detention and search of ships and aircraft as they enter the territorial waters or the national airspace of the PSI members; denying the suspect aircraft overflight rights; grounding of the planes when they stop to refuel in member countries or the United States willing to cooperate on a case by case basis; and boarding and searching of vessels registered in a PSI member nation or operating under a flag of convenience of another was prepared to allow a ban in a particular case.

The PSI is an independent initiative, but is based on broader efforts by the international community through existing treaties and regimes. The event that was regarded as the launch of the PSI occurred in December 2002 when a Spanish destroyer observed a suspicious vessel in the Arabian Sea. The ship bound from Yemen – a merchant registered cambodian with a North Korean crew – was not beating a national flag to indicate its country of registration. The Spanish crew has requested the assistance of an American naval ship and climbed on board the ship, for which they have found “15 North Korean Scud missiles manufacturing with conventional warheads and the chemical propellant needed to launch”. Since this finding has not been found in violation of any law or national or international agreement (North Korea, Cambodia and Yemen are not members of the missile control technology regime), the Cambodian ship was allowed to continue his route with its cargo. This is because the initiative does not create new laws, but must be based on existing international law to conduct interdictions in international waters or airspace. For example, a ship can be stopped in international waters if it is not beating the national flag or properly registered. It can not be stopped simply because he is suspected of carrying WMD or related goods.

There then the Global Initiative to Combat Nuclear Terrorism (GICNT), is an international partnership of 89 nations and six international volunteer organizations that are committed to strengthen global capacity to prevent, detect and respond to nuclear terrorism. The GICNT works to achieve this by conducting multilateral activities that reinforce the plans, policies, procedures and interoperability of partner nations.

All partner nations have voluntarily undertaken to implement the principles GICNT Declaration (SOP), a series of large nuclear safety objectives, which include a number of objectives of deterrence, prevention, detection and response. The eight principles contained in the SOP aim to develop partnership capacity to combat nuclear terrorism, in line with the authorities and national legal requirements, as well as the relevant international legal frameworks such as the Convention for the Suppression of Acts of Nuclear Terrorism, the Convention on the physical protection of nuclear material and resolutions of the security Council of the United Nations in 1373 and 1540.

The United States and Russia serve as co-chairs of GICNT, while Morocco leads the group implementation and evaluation (IAG) under the leadership of co-chairs. To date, the GICNT has conducted more than 100 multilateral activities and eleven plenary meetings of senior level. The GICNT is open to nations that share the common goals and actively engage in the fight against nuclear terrorism on a determined and systematic basis. The objectives of the GICNT are:

  1. Integrating capacity and collective resources to strengthen the global architecture to combat nuclear terrorism.

2.Put together experience and expertise in non-proliferation, counter-proliferation and counterterrorism disciplines.

  1. Provide an opportunity for nations to share information and expertise on a voluntary framework and not binding.

The GICNT works to achieve these objectives and address specific nuclear safety topics through practical commitments and scale of activities, including seminars, workshops, meeting of technical experts.

Wwe can say that what President Obama said in 2009 is unfortunately still valid, there is still a real danger that terrorists might get and use a nuclear bomb, and this possibility is “the most immediate and extreme threat to global security.” Is now necessary a new international effort to secure all vulnerable nuclear material around the world .” Keeping nuclear weapons and the difficult-to-manufacture materials needed to make them out of terrorist hands is critical. At sites in dozens of countries around the world, the security measures in place for plutonium or highly enriched uranium (HEU) – the essential ingredients of nuclear weapons – are dangerously inadequate, amounting in some cases to no more than a night watchman and a chain-link fence. The fundamental key to success will be convincing policy-makers and nuclear managers around the world that nuclear terrorism is a real threat to their countries’ security, worthy of new investments of their time and resources to reduce the risks – something many of them do not believe today.

Nations can successfully prevent nuclear terrorism by just doing one thing: denying terrorists the means to achieve their deadliest ambitions by locking up all nuclear weapons and materials to a very high standard  beyond the reach of terrorists and thieves. The IAEA which is the world’s centre for cooperation in the nuclear field and seeks to promote the safe, secure and peaceful use of nuclear technologies, is a leading publisher in the nuclear field. And in it’s technical publications include international safety standards, This publication provides guidance on the planning and organization of nuclear security systems and measures for the detection of criminal or intentional unauthorized acts involving nuclear and other radioactive material out of regulatory control (the detection architecture, as described in IAEA Nuclear Security Series No. 21) and for the response to potential nuclear security events (the response framework). The guidance includes processes for reviewing the adequacy of existing nuclear security systems and measures, identifying gaps in capabilities and resources, and designing new systems and measures to address identified gaps.

Nuclear terrorism such as terrorism in general is a global threat that knows no borders, nationality or religion and is a challenge to be faced by improving the awareness of the threat and strengthening the commitment to the safety of nuclear material. Nuclear terrorism is one of the most serious threats of our time. Even one such attack could inflict mass casualties and create immense suffering and unwanted change in the world forever. This prospect should compel all of us to act to prevent such a catastrophe. The civilized world can successfully prevent nuclear terrorism by just doing one thing: denying terrorists the means to achieve their deadliest ambitions by locking up all nuclear weapons and materials to a gold standard — beyond the reach of terrorists and thieves.

The States debating on international security have to face an extremely alarming horizon. Two new elements characterize the present scenery: global Islamic terrorism and escalation of nuclear proliferation. The greatest danger is that terrorist organizations could obtain nuclear weapons. Nowadays there isn’t a regional and localized terrorism but a new one with its generalized trans-national dimension, without frontiers and which is not easy either to identify or to cut off suddenly. Terrorism aims to destabilize countries and people, dominate media, politicians and Intelligence. Generally speaking, terrorism tries to unhinge international balances. We have to face a global terrorism which begets a globalized fear and threatens democracy and human rights. It is not easy for International Community to fight so an aberrant enemy. The United States, Russia, China, India, the pro-occidental regimes of the Islamic world, the European Union and, above all, the United Nations, have to create a security network in order to entrap the perils of terrorism all over the world. It is necessary to create a defensive and preventive system simultaneously based on force and cohesion between democratic governments, harmonization of the national legislations on terrorism, and intensive talks with Islamic countries. It’s a process which needs time and perseverance: some steps have been achieved but it’s indispensable that International Community tries hard to do something else.

 

 

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