Manfredo Fanti, dalla congiura contro il duca a fondatore del  Regio Esercito Italiano

  

                                                                      Massimo Coltrinari 

La biografia di Manfredo Fanti rappresenta uno spaccato di quegli uomini, di formazione mazziniana, che, nella loro evoluzione dettata dal loro impegno sul campo, fecero l’Italia Unità. Rispetto agli altri protagonisti della Campagna el 1860, che furono solo degli esecutori di ordini, Fanti fu non solo partecipe del processo decisionale, ma ne fu protagonista, naturalmente sul versante, importantissimo, militare. Non fu una evoluzione tranquilla e serena, ma irta di difficoltà ed ostacoli; sopratutto negli anni difficili del rientro dalla Spagna, ove si scontrò con l’elemento conservatore sardo che non era pronto ad affrontare una unificazione, rivolto come era ad un passato refrattario del nuovo. Saranno proprio coloro che, acquisita l’esperienza sul campo, mista ad una solida preparazione e formazione culturale, riusciranno a governare gli eventi fino al conseguimento del successo. Fanti è uno di questi uomini, che non solo fecero la Nuova Italia, sganciandola dal conservatorismo del primo ottocento, ma che gettarono le fondamenta della struttura militare, preparando il terreno su cui operò, solo cinque anni dopo la morte di Fanti, Ricotti Magnani che diede, con le sue iniziative, la definitiva configurazione ordinativa all’Esercito Italiano.

Manfredo Fanti è una figura che va studiata ed approfondita nei suoi molteplici aspetti, se si vuole capire come l’Armata Sarda si trasformò in Esercito Italiano, e come questi, in embrione, assunse quei connotati che permisero di introdurre ordinamenti tali da poter trasformare un esercito, quello sardo, sostanzialmente regionale, in un esercito nazionale, ed europeo, come divenne nei primi decenni postunitari, quello Italiano.

La formazione mazziniana e la partecipazione alla Rivoluzione del 1831.  (1806-1831)

Manfredo Fanti nacque a Carpi il 23 febbraio 1806, da una nobile famiglia, ma decaduta. L’infanzia e l’adolescenza la trascorse in serenità nella famiglia e a 19 anni, nel novembre 1825, entrò nella Scuola dei Cadetti Pionieri Matematici dell’Esercito del Duca di Modena. Fu un brillante allievo; si distinse negli studi scientifici e dimostrò le sue doti anche risolvendo difficili problemi posti dall’Ecole Politecnique di Parigi. La conclusione dei suoi studi non poteva che essere brillante: il 3 settembre 1830 si laureò in Matematica e conseguì la laurea in Ingegneria Civile. Manfredo Fanti al termine dei suoi studi lasciava intravvedere più una brillante carriera professionale nel mondo civile che una carriera, come fu, nel mondo militare.

I tempi erano agitati. La restaurazione post Napoleonica voluta dal Congresso di Vienna apparentemente aveva riportato il vecchi ordine; nella realtà le idee innovatrici della rivoluzione francese facevano, soprattutto tra i giovani, sempre più proseliti. Era molto attivo nell’Italia Centrale Enrico Misley, che propugnava idee innovatrici. Queste idee trovarono coagulazione alle notizie della rivoluzione parigina del 1830, che produsse novità nello Stato Pontificio e nei Ducati, tra cui Modena. Misley convinse il Duca Francesco IV a partecipare ad un disegno, che poi Fanti realizzò nel 1860: una aggregazione degli Stati dell’Italia Centrale. Si voleva costruire un Regno Italico di cui lo stesso duca Francesco IV sarebbe diventato il Re. L’estate del 1830 fu effervescente. A capo del movimento si mise Ciro Menotti, che creò comitati non solo nell’Emilia e nella Romagna ma anche in Toscana, in Lombardia e in parte nelle Marche. L’iniziale adesione di Francesco IV dava vitalità ai preparativi insurrezionali, ma il Duca non aveva le capacità ci promuovere alleanze tali da poter fronteggiare il pericolo di una reazione austriaca. Soprattutto non era riuscito a stabilire con Parigi intese tali che, al momento dello scoppio della rivoluzione, potesse contare sull’aiuto francese. Nel tardo autunno del 1830, Francesco IV mostrava segni sempre pi evidenti che si voleva distaccare dai progetti rivoluzionari. Ciro Menotti non comprese che il mancato appoggio del Duca significava il fallimento di ogni azione e proseguì nei suoi preparativi.

La rivolta, programmata per il 5 di gennaio 1831, scoppio con due giorni di anticipo, il 3 gennaio a Modena. Le truppe ducali ebbero facile gioco nel circoscrivere la sollevazione: circondarono al casa di Menotti e, dopo violentissimi scontri, ebbero ragione dei rivoltosi. Tra questi vi era anche Manfredo Fanti.

Durante i suoi studi, era venuto a contatto con insegnati e personaggi liberali, in cui primeggiava non solo la nostalgia ma concrete simpatie per gli ideali napoleonici; inoltre serpeggiava un vivissimo ricordo dei fasti del Regno Italico, ove gli italiani, ancorchè sotto tutela francese, avevano uno stato loro. L’idea nazionale serpeggiava in modo alquanto abbozzata e acerba, ma conquistava gli animi dei giovani, tra cui quello di Manfredo Fanti. Su queste premesse si fonda la partecipazione di Fanti ai moti del 1831. Diventato intimo amico di Ciro Menotti, ebbe l’incarico di fare propaganda tra le maestranze edili che venivano, nei lavori di appalto, impiegate dal Corpo dei Pionieri. Fanti assolse così bene questo incarico che la notte del 3 gennaio portò la prevista decina di persone a Casa Menotti, ove tutti si batterono valorosamente. La volontaria resa voluta da Ciro Menotti per evitare inutili spargimenti di sangue, porto Fanti ed i suoi compagni prigionieri alla Cittadella, ove la loro sorte sembrava segnata.

Francesco IV, preoccupato dalle notizie che il Governo Pontificio a Bologna aveva ceduto i poteri a un Governo Insurrezionale, il 5 gennaio 1831 cede i poteri ad una Commissione di Cittadini di tendenza liberale. Questo permise a Fanti ed ai suoi compagni di uscire immediatamente di prigione e partecipare ai successivi avvenimenti. Si costitì un Governo Insurrezionale e il generale Carlo Zucchi, che già aveva combattuto sotto Napoleone, raccolse un esercito che inizialmente si concentrò a Modena, poi ripiegò su Bologna. La reazione dell’Austria non si fece attendere e nel marzo organizzò un Corpo di Spedizione contro le forze insurrezionali. In queste, dopo il bel comportamento a Casa Menotti il 3 gennaio, Fanti fu nominato capitano del Genio e, non essendoci unità di questa Arma, il 15 febbraio gli fu affidata una compagnia di Fanteria.

Il mancato aiuto francese lasciava poco sperare per il futuro. Infatti l scontro decisivo tra gli Austriaci e gli Insorsi si ebbe il 25 marzo 1831 a Rimini, ove, come logica conseguenza, gli Insorti uscirono sconfitti. Il Governo provvisorio fu costretto alla resa, che fu firmata in Ancona, ove avevano ripiegato le forze insurrezionali superstiti della Battaglia di Rimini, il 26 marzo.

Francesco IV rientrò a Modena sulle baionette austriache e, in spregio ad ogni sentimento di lealtà, fece fucilare Ciro Menotti ed anche il notaio Vincenzo Borelli, che aveva rogato l’atto che poneva fine alla Dinastia Estense e istituì i Tribunali Statari incaricati di giudicare e condannate tutti coloro che avevano preso parte alla rivolta. La reazione classica di un Principe ignobile che prima agevola le nuove idee per avere più potere, poi, non ottenibile per questa via, si trasforma in un boia. Proprio questa reazione sarà il concime che rafforzerà l’idea dello Stato Nazionale, realizzato solo trenta anni dopo e che spazzerà via dalla Storia e dal Mondo personaggi ignobili come Francesco IV.

I Tribunali Statari lavorano con alacrità ed il turno di Manfredo Fanti arriva nel 1839 quanto fu condannato a morte, ed essendo contumace, la condanna doveva eseguirsi “per effige”.

Nelle clausole della capitolazione di Ancona, si prevedeva, tra l’altro, che gli Insorti potessero emigrare all’estero. Fanti decise di recarsi in Francia che raggiunse dopo un tormentato viaggio. Lasciò Ancona, in cui doveva entrare vittorioso il 30 settembre 1860, ed approdò a Marsiglia, con prospettive grame e difficili, come per tutti coloro che devono affrontare l’esilio per una idea.

La resa di Ancona, l’emigrazione in Francia e il servizio in Spagna. (1831-1848 )

 La permanenza in Francia era alquanto difficile, come facilmente si può immaginare data la condizione di rifugiato. Rimane a Marsiglia il tempo che le magre finanze che aveva lo permise, poi si trasferì a Parigi. Grazie ai suoi contatti con il mondo accademico e scientifico, fu presentato al generale Fleury, che in quel momento aveva il compito di rafforzare le difese di Lione. Ricevette vari incarichi, che risolse brillantemente; ricevette molta ammirazione la costruzione del forte di Brotteaux; è di questo periodo l’inizio dello studio dell’arte militare e degli aspetti prettamente tecnici del mondo militare. A Lione conobbe anche il generale Alhard, vecchio combattente napoleonico che gli offrì un incarico oltremare, che Fanti non potè accettare.  Nelle ore libere Fanti iniziò a frequentare a l’ambiente degli esuli italiani, ed abbraccia ulteriormente le idee liberali; nella prima metà del 1833 si iscrisse alla allora appena fondata Giovane Italia di Giuseppe Mazzini. Il suo compito era quello di informare Mazzini delle attività della Giunta Centrale di Lione. Avviata la spedizione in Savoia, Fanti vi aderisce. A  Capo delle forze insurrezionali vi era Gerolamo Ramoino, che non riuscì a coordinare tutti gli sforzi e, in piano disordine organizzativo, la spedizione non ebbe luogo. Fanti, che si era recato sul confine, rientra a Lione con profondo  rammarico, deluso da tanta superficialità e insipienza, ancorchè sostenuta da tanto ardore patriottico. E’ per lui il secondo fallimento insurrezionale, dopo  quello patito a Modena.

Una altra opportunità si presenta con l’evolversi della situazione in Spagna.[2] Deluso dal Mazzini per l’insurrezione in Savoia, non soddisfatto della realtà che vive in Francia, sostanzialmente precaria, Fanti decise di andare in Francia a combattere tra le forze liberali. Nel luglio 1835 riesce a raggiungere Barcellona, ove si arruola nei Corpi Franchi. Qui si distingue nella costruzione della fortificazione di El Brush, punto vitale della difesa di Barcellona ed è apprezzato dal generale Mina, vecchi combattente antinapoleonico, che lo nomina tenete nel V Battaglione franco di Catalogna. Inizia per fanti una splendita carriera nelle fila dell’esercito spagnolo: percorre tutti i gradi: su proposta superiore entra nella fila dell’Esercito nazionale Spagnolo. Nell’arco d tempo che va dal 1834 al 1848,  da s. tenente raggiunge il grado di colonnello e nel maggio del 1848 lo troviamo Capo di Stato Maggiore della Capitaneria generale a Madrid.

Nel settembre del 1842 sposa la figlia di un ricco possidente di Valencia e considera la Spagna come la sua seconda patria. Nel maggio 1848 le notizie dall’Italia sono eclatanti.

Salito ai primi gradi ed onori nell’armata spagnola ove ero conosciuto da tempo ed amato, perché vi avevo combattuto per più di sette anni per la libertà.. allietato da una giovane sposa e da un figlio alle prime voci della cacciata degli austriaci da Milano  Fanti non esitò a rispondere all’appello che il governo insurrezionale provvisorio aveva rivolto a tutti gli esuli italiani. Ottenuta la licenza di un anno dai superiori e lasciata la famiglia verso la metà di giugno 1848 Fanti partì alla volta dell’Italia” [3]  Questa pronta risposta di Fanti la si deve al fatto che era sempre rimato in contatto con gli ambienti degli esuli; era deluso da Mazzini, soprattutto per la spedizione in Savoia, e si appoggiò molto a Nicola Fabrizi che nel 1839 aveva costituito una “Legione Italica” a Malta. IL suo pensiero era costantemente rivolto all’Italia, anche se lo spirito ribelle ed incendiaro che lo aveva spinto a combattere accanto a Ciro Menotti si era via via attenuato fino a scomparire del tutto per essere sostituito da un atteggiamento più moderato che via via lo farà approdare alla sponda moderato-monarchica a cui resterà fedele per il resto della vita. In una lettera del maggio 1848, in risposta a Mazzini scrive “A metà del mese prossimo starò già in Milano. Io lavorerò con tutta la fede per l’indipendenza, la libertà e l’unità, però non voglio essere esclusivo per una forma o altra di governo. Che sia l’Italia una sola Nazione indipendente e che non sia retta dispoticamente, questi sono gli unici voti che faccio[4]   A metà del giugno 1948 Fanti era a Milano.

 La partecipazione alla I Guerra di Indipendenza. (1848-1849)

            La partecipazione di Manfredo Fanti alla I Guerra di indipendenza non fu facile, anzi si può dire che furono due anni di sofferenze ed amarezze; in queste difficoltà si vede la tempra dell’uomo e del Comandante, riuscendo a superare tutte le situazioni negative che le circostanze ed anche la malvagità dell’uomo crearono intono e contro di Lui.

Giunto a Milano insieme ad altri Italiani che avevano combattuto in Spagna tra cui Cialdini, Durando, Cucchiari ed altri, vi fu la prima amara sorpresa. Intorno a loro si era creato un doppio alone di sospetto: il primo, in quanto erano visti coe rivoluzionari, mazziniana, e quindi personaggi da contenere, il secondo, non era loro riconosciuto il grado militare, non essendo questo stato attribuito dalle normali scuole militari ma acquisito sul campo; il Governo di Torino li aveva s riconosciuti, ma questo aveva suscitato la gelosia e l’invidia degli ufficiali “regolari” che vedevano questi nuovi venuti “i forestieri” quasi come degli usurpatori.

Il 10 luglio 1848 Franti fu nominato maggior generale delle truppe Lombarde , e gli fu assegnato il comando di una dellle brigate che il generale Perrone stava costituendo nell’ambito della Divisone lombarda di Volontari.

 

Preso il Comando, la brigata ebbe l’incarico di organizzare la difesa di Brescia, ma già il 29 luglio Fanti fu chiamato a Milano per partecipare al Consiglio di Difesa, l’organo di vertice che sostituiva il Governo provvisorio Lombardo, dopo la decisione di annessione al Piemonte. Questa decisione era anche motiva dal fatto che Fanti, avendo partecipato alle guerre spagnole, era considerato un esperto della guerriglia e della guerra dietro le linee nemiche, quello che si pensava di fare di fronte alla avanzata degli Austriaci.

In quelle giornate convulse di Agosto Fanti assunse in varie circostanze il ruolo di protagonista. Organizzò la difesa di Milano, dopo che Carlo Alberto aveva dato l’ordine di ritirata. Avuto un colloquio con il Re, le sue argomentazioni erano apparse valide, ma ormai ogni decisione era presa e non poteva essere revocata. Fanti dovette nei giorni seguenti affrontare la folla tumultuante di Milano, che non accettava la ritirata dell’esercito Sardo verso il Piemonte. Ricevette l’incarico dal Capo di Stato Maggiore Bava di guidare la ritirata delle truppe lombarde sul Ticino, che raggiunse ai primi di agosto; il fiume fu varcato il 6 agosto e tre giorni dopo il generale Salasco, nuovo Capo di Stato Maggiore firmava l’armistizio con gli Austriaci.

Il Regio commissario per le provincie Lombarde, generale Olivieri, incaricò Fanti di riordinare le truppe lombarde in Piemonte. Vennero costitute due brigate per un totale di 4 Reggimenti  con 3 battaglioni su 3 compagnie; riorganizzò anche l’artiglieria, il genio e la cavallerie e le truppe provenienti dau Ducati di Modena e Parma. La ferma era di tre anni e tutto il personale fu avviato a corsi di istruzione e sottoposto a severi esami di idoneità.

Tutta questa attività volta nella tarda estate del 48 inizio autunno fu talmente apprezzata dal Governo sardo che il 28 novembre Fanti ricevette la nomina a maggior generale nell’Esercito regio. E fu posto al comando di una delle brigate da lui stesso costituite, mentre il generale Olivieri venne sostituito dal generale Ramoino, già capo della spedizione mazziniana in Savoia nel 1834-1835.

La fama delle sue capacità era ormai diffusa che il 9 gennaio 1849 fu nominato membro effettivo del Consiglio consultivo permanente di Guerra; rifiutò poi l’offerta di diventare Ministro della Guerra nel governo toscano del Guerrazzi ; e, sempre nel gennaio 1849, fu eletto deputato al Parlamento subalpini per il collegio di Nizza Monferrato.

Mentre aumentavano le pressioni su Carlo Alberto per riprendere la guerra all’Austria, fu costituita alla fine del 1849 la 5 Divisione, posta al comando di Ramoino, composta da 4 brigate, di cui una al comando di Fanti. Nel frattempo il comando dell’esercito Sardo fu affidato al generale polacco Chzanowsky. Mai scelta fu tanto sbagliata.

Il 12 marzo fu denunciato l’armistizio e le truppe sarde era sparpagliate dal Lago Maggiore a sud fino a Parma. Il 21 marzo gli Austriaci al comando del Radetzky passano il Ticino ed il 23 inglissero la definitiva sconfitta di Novara; Carlo Alberto abdicò a favore del figlio e solo l’intervento della diplomazia franco-inglese impedì che il Piemonte fosse occupato dagli Austriaci.

In questa brevissima campagna Fanti era al comando della 1 Brigata della divisione Lombarda agli ordini di Ramoino.

Furono giorni difficili che poi si riveleranno molto amari per Fanti.

Non avendo questi eseguito l’ordine, impartito il 17 marzo di render impraticabile il ponte di Mezzanacorte ( poco a sud di Pavia) ed avendo gli austriaci passato il Ticino il 20, lo stesso giorno Ramoino venne richiamato al Quartier generale e Fanti fu nominato comandante provvisorio della divisione. Egli si trovò però nella impossibilità di prendere misure adeguate alla situazione in mancanza di istruzioni precise sia da parte del quartier generale sia di Ramoino, partito senza lasciare alcuna comunicazione. Fallito anche un tentativo di congiungersi con il generale Durando, cui non era potuto pervenire un suo dispaccio del 20 marzo. Fanti rimase in attesa d ordini fino al 23 senza muoversi da Mezzanacorte

         La mattina del 24 trascorso il limite massimo per il ricevimento degli ordini richiesti, Fanti decise di muoversi verso Alessandria che credeva minacciata direttamente dagli austriaci, informandone in Comando Supremo, il Ministro della Guerra ed il Governatore di Alessandra. Quest’ultimo, generale de Sozzanz, approvò la decisione di fanti, lamentando di essere anch’egli da tre giorni senza ordini; ma il colonnello Sanfront comandante dei cavalleggeri lombardi si rifiutò di seguire Fanti verso Alessandria affermando che in questo modo ci si allontanava vergognosamente dal confronto col nemico. La divisione lombarda arrivò nella città a mezzogiorno del 26 marzo, sena avere saputo della sconfitta di Novara avvenuta tre giorni prima; la notizia giunse solo il 27 insieme all’ordine del Comando generale di spostare la divisione lombarda fra Tortona, Voghera e Casteggio.

Nel frattempo era scoppiata la rivolta di Genova; denunciando l’armistizio di Novara e temendo l’occupazione austriaca della città, i repubblicani istituirono una giunta provvisoria di governo, decretarono l’indipendenza dal Piemonte ed inviarono alcuni emissari tra le truppe lombarde di stanza a Tortona, invitandole a marciare su Genova per partecipare alla difesa della città. Numerosi ufficiali accolsero l’invito e la sera del 29 marzo alcuni reparti si misero in marcai; ma in quel momento intervenne personalmente Fanti proveniente da Alessandria, e riuscì a far desistere i suoi uomini dal proposito di raggiungere Genova. Come è noto la rivolta fu poi repressa in breve tempo da Alfonso Lamarmora”[5]

Fanti, all’indomani di questi avvenimenti si trovava in una posizione alquanto difficile, ovvero “si trovava egualmente inviso, o spetto, a molti della parte accesa e della parte moderata”[6]

Ma il comportamento del Fanti era coerente con il suo pensiero: aveva scelta la parte moderato-unitaria e si era allontanato da quella mazziniana e rivoluzionaria; quindi impedì che le sue truppe accorressero a Genova. Approvato dal ministro della Guerra Morozzo della Rocca, il piano di Fanti di passare con le truppe lombarde in Toscana o nel Lazio per andare a servire nella Repubblica Romana fu messo in esecuzione nell’aprile del 1849. Il movimento delle truppe, inizialmente fu accolto con fervore dalla popolazione, ma quando questa seppe che queste non erano dirette a Genova, si raffreddò alquanto e divenne ostile. L’Austria fece subito sapere che si sarebbe opposta a questo movimento, volto a rafforzare i governi provvisori della Toscana e della Repubblica Romana. La situazione era in stallo, quando da Vienna giunse la notizia della amnistia  per tutti coloro, volontari, che avevano combattuto contro l’Austria. A questa notizia la divisione, oltre 5865 dei 6000 iniziali, ed ognuno prese la propria strada. Per Fanti furono momenti non Felici. Non una parola di ringraziamento per quello che aveva fatto. IL merito di Fanti in queste difficili circostanze, quando tutto sembra crollare, fu quello di aver mantenuto saldi i vincoli disciplinari della Divisone e di aver tenuto alla mano i soldati. L’unica voce di solidarietà gli vene da Alfonso La Marmora, l’eccezione della regola.

     L’inchiesta per i Combattimenti del marzo 1849, la partecipazione alla spedizione in Crimea e la definitiva affermazione. (1849-1859)

 I giorno difficili per Fanti non erano Finiti. Il 2 aprile 1849 il generale Chrnanowsky,  in cerca di espedienti per giustificare il proprio fallimento, inviò una lettera al Ministero della guerra per chiedere che fosse aperta una inchiesta sul comportamento della Divisone Lombarda e su quello dei Generali in Comando, tra cui Ramoino e Fanti. Nel maggio successivo, sui giornali di Torino scoppiò la polemica, alimentata in modo anche acre dal colonnello Sanfront sulle giornate di Alessandra. Mentre Fanti era in disponibilità, il 24 settembre ricevette l’ordine di costituirsi alla cittadella di Alessandra, agli arresti per essere sottoposto ad inchiesta per il suo comportamento come comandate della 1a Brigata della Divisione Lombarda in guerra. La commissione di inchiesta si riunì quasi immediatamente e concluse i suoi lavori proponendo l’applicazione degli articoli del codice Militare di guerra, tra cui il 259, che prevedeva la pena di Morte.

Il Consiglio di guerra si riunì il 22 ottobre 1849 per giudicare il comportamento di Fanti, accusato di non aver predisposto misure per la difesa del ponte di Mezzana corte e quindi di aver facilitato il passaggio del nemico e quindi di aver causato il disastro di Novara. Il dibattimento si protrasse per due gironi, ma alla fine emerse chiaramente che Fanti aveva fatto tutto il suo dovere. Il Consiglio di Guerra lo assolse da ogni accusa, ma Fanti uscì da questa esperienza molto prostrato psicologicamente. Si ritirò a Torino, e si dedicò allo studio del pensiero militare e redasse un volume dal titolo “Processo e giustificazione del generale Fanti con note sulle truppe lombarde in Piemonte” che fu pubblicato nella primavera del 1850. La vita era abbastanza difficile e come se tutto questo non bastasse, il 17 settembre 1850 gli morì di parto, la sua giovane moglie. Portati i due figli dai parenti spagnoli, ritornò nel 1851 a Torino dove, sempre nella posizione di disponibilità continuò la sua vita ritirata e di studio.

L’occasione per ritornare in servizio gli fu offerta dallo scoppio della guerra di Crimea.

Alfonso la Marmora, grande estimatore del Fanti, fu posto al Comando del Corpo di Spedizione sardo, Corpo che fu inviato grazie all’intuito del primo ministro Cavour di voler partecipare ad una spedizione militare con Gran Bretagna e Francia al fine di avere credito a livello internazionale.

Il 10 febbraio 1855, su proposta di Giovanni Durando, a Fanti gli fu affidato il Comando della II Brigata del Corpo di spedizione. L’8 maggio sbarcò in Crimesa e pose il campo a Kamara, poco distante da Baraclava; come per il resto delle truppe sarde, non ci furono combattimenti di rilievo  per la sua Brigata, se si eccettua la marcia offensiva sulla Cernaia e lo scontro di Traktir. Mentre La Marmora era a Parigi, accompagnato da Durando, Fati assume il comando internate della Divicione, ma sono solo compiti di guarnigione. La guerra terminò nel marzo del 1856 con la resa Russa, e il Corpo di Spedizione rientrò il mese successivo. Fanti ricevette numerosi decorazioni, inglesi, francese truche, ma soprattutto sarde. Il riconoscimento più importante fu, però, l’assegnazione del Comando della Brigata Aosta, il 26 maggio 1856, che tenne fino allo scoppio della II Guerra di indipendenza, presidiando, stante il piano di rotazione delle Brigate, la Savoia, Genova e la Sardegna.

Stante le persistenti voci di una guerra all’Austria, Fanti mise a frutto i suoi anni di studio; agli inizi del 1859 redasse un piano di guerra all’Austria che intitolò . “Pensieri sul modo di combattere una guerra contro l’Austria, essendo il Piemonte alleato alla Francia”

Sottoposto alla visione di Napoleone III, questi si rammaricò di non averlo conosciuto prima, altrimenti molti dei lineamenti indicati dal Fanti, questo il Pensiero dell’Imperatore, sarebbero stati utili ed applicati.

Nel 1859 la brigata Aosta venne inviata a Tortona e Fanti ebbe incarichi aggiunti di presidio e di controllo del territorio. Il 13 marzo 1859, dieci anni dopo i giorni tristi di Novara, venne promosso luogotenete generale.

La biografia prosegue con lo sviluppo dei paragrafi: La partecipazione alla II Guerra di Indipendenza. 1859; Protagonista nella Lega dell’Italia Centrale. (1859-1860); Nomina a Ministro della Guerra. Il nuovo Ordinamento dell’Esercito Sardo. (1860); A Capo delle forze di spedizione nelle Marche e nell’Umbria. (1860); La spedizione nella “Bassa Italia”. (1860); La destinazione dell’Esercito di Garibaldi.Il primo ordinamento dell’Esercito Italiano. (1860-1861); Il contributo di Manfredo Fanti alla formazione della Nuova Italia. (1861-1865)

 

STATO DI SERVIZIO DI MANFREDO FANTI[7]

.Fanti nobile cavaliere Manfredo, figlio del fu Antonio e della fu Sillea Ferrari nato il 23 febbraio 1806 in Carpi, provincia di Modena.

Vedovo con prole.

Laureato in Matematica dalla R. Università di Modena il 3 settembre 1830.

Naturalizzato suddito sardo per R. Decreto delle 26 febbraio 1850.

Senatore del Regno per R. Decreto 29 febbraio 1860.

 

Servizi e Promozioni

 

  • Al servizio Estense

. Cadetto del R. Copro dei Pionieri, 1 novembre 1825

. Cessò da Cadetto avendo terminato il corso degli studi, 30 settembre 1830.

 

  • Al servizio del Governo insurrezionale di Modena

. Luogotenente del Genio e destinato a prestare servizio nel 1° reggimento di Linea, 15 febbraio 1831

. Emigrò in Francia ove venne aggregato al Corpo del Genio Francese a Lyon alle nuove opere che hanno costituito una Piazzaforte di quella città, aprile 1831

  • Al Servizio della Regina di Spagna

. Tenente nel V Battaglione Franco di catalogna, 5 dicembre 1835.

. Tale nei Cacciatori di Oporto, 1 maggio 1836.

. Capitano in detti, 6 luglio 1838.

. Maggiore in detti, 19 agosto 1838.

. Tenente Colonnello in detti

. Sottotenente nel 6° Reggimento Leggiero dell’Armata

Nazionale, 12 settembre 1839.

. Tenente in detto per merito di guerra, 29 ottobre 1839

. Capitano in detto per merito di guerra, 20 maggio 1840

. Secondo Comandante in detto, 12 novembre 1841

. Tale nel Corpo dello Stato Maggiore Generale, 11 maggio 1843

. Primo Comandante di Cavalleria dell’Armata, 11 settembre

1843

. Tenente Colonnello di cavalleria nell’Armata, per merito di

Guerra, 23 ottobre 1847

. E continuò il servizio sino al 10 luglio 1848.

 

  • Al Servizio del Governo provvisorio della Lombardia

. Maggior Generale nella II Brigata di fanteria, 10 luglio 1848

 

  • Al Servizio Sardo

. Maggior Generale comandante la I Brigata Lombarda, 28

Novembre 1848.

. Tale. Membro del Consiglio consultivo permanente della guerra

Continuando nel suddetto comando, 6 gennaio 1849

. Tale. Incaricato del comando della V Divisione Lombarda,

20 marzo 1849.

. Tale. In aspettativa per scioglimento di Corpo, cessando dalla

Carica di membro del Congresso consultivo permanente della

Guerra, 3 agosto 1849.

. Grado di Maggior Generale ed anzianità di Colonnello

dal 23 ottobre 1847, a mente del R. Decreto del 1 marzo 1851

. Fissatagli l’anzianità di Maggior Generale nella R. Armata a far

tempo dalli 10 maggio 1849, per Dispaccio Ministeriale n.3865

Divisione Personale, 22 luglio 1853

. Maggior Generale in servizio effettivo e destinato al comando

della II Brigata provvisoria del Corpo d’Armata di spedizione in

Oriente 22 marzo 1855

. Tale, Comandante la Brigata Aosta, 26 maggio 1856

. Tale, Comandante provvisorio delle truppe d’ogni stanziate

nelle provincie di Novi, Tortona, Voghera e Bobbio per

  1. Determinazione, 28 gennaio 1859

. Luogotenente Generale, continuando nel suddetto comando

per R. Decreto 12 marzo 1859.

. Tale, dispensato dal servizio per dimissione volontaria, con R.

Decreto 1 settembre 1859.

 

Campagne, ferite, azioni di merito, decorazioni

. Ha fatto  la Campagna dell’anno 1831 contro gli Austriaci, nella

Romagna, facendo parte delle truppe comandate dal

Luogotenente generale Carlo Zucchi; si trovò al combattimento

Rimini, avvenuto il 25 marzo del detto anno; e ripiegando in

seguito in Ancona fu compreso nella capitolazione avvenuta in

quella Piazza.

. Ha fatto le Campagne degli anni 1835, 1836, 1837, 1838, 1839,

1840, 1843 e 1844 in Spagna.

. Decorato della croce dell’Ordine Militare di San Ferdinando di

Spagna li 25 luglio 1837 per la battaglia di Chiva.

. Decorato della croce speciale di Chiva li 15 luglio 1837 per

lo stesso motivo.

. Decorato una seconda volta della croce dell’Ordine di San

Ferdinando di Spagna per l’Assedio di Morella nel 1838

. Decorato della croce di Commendatore dell’Ordine d’Isabella

La Cattolica per la sollevazione di Madrid nel maggio 1848

. Ha fatto la campagna di guerra dell’anno 1848 per

l’indipendenza d’Italia.

. Ha fatto quella del 1849 contro gli Austriaci

. Ha fatto parte del Corpo di Spedizione in Oriente ed

Imbarcatosi il 3 maggio 1855

. Decorato della croce di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio

e Lazzaro per R. Magistral decreto delli 26 luglio 1855

. Decorato della croce di Commendatore dell’Ordine della

Legion d’Onore per decreto di S.M. L’Imperatore dei Francesi in

Data 5 giugno 1856

. Decorato della croce di Uffiziale dell’Ordine dei Santi Maurizio

E Lazzaro per R. Magistral decreto delli 12 giugno 1856

. Decorato della croce di Commendatore dell’Ordine Militare

di  Savoja  per R. Magistral decreto delli 12 giugno 1856

. Rientrato al Corpo di spedizione in Oriente e giunto nello Stato

Il 5 maggio 1856

. Ricevette la Medaglia Inglese di Crimea il 15 giugno 1856

. Decorato della croce di Commendatore dell’Ordine dei

Santi Maurizio e Lazzaro per R. Magistral decreto delli 27

settembre 1857.

 

 

 

I

 

Protagonista  dei fatti del 1831, fu una delle figure centrali nel panorama risorgimentale militare

[1] Il volume porta il titolo provvisorio di “Cialdini era in Osimo”. Riflessioni sulla campagna del 1860 nelle Marche, per i tipi della Società Editrice Nuova Cultura

[2]nel 1833 di Ferdinando VII la reggenza del regno era stata assunta dalla moglie Maria Cristina in nome della figlia Isabella II; a tale decisione si era opposto Don Carlos, fratello del re defunto e capo delle forze reazionarie e nel 1834 era scoppiata la guerra civile. A Favore di maria Cristina accorsero da tutta Europa numerosi volontari, per lo più esuli che avevano partecipato ai moti insurrezionali del 1830-1831. Tra questi vi erano molti italiani…..(tra cui) Nicola Fabrizi, Giacomo e Giovanni Durando, Domenico Cucchiari, Enrico  Cialdini, Giuseppe Avezzana, Andrea ferrary, Nicola Aroino, Giacomo Antonini, Giacomo Medici, Raffaele Poerio, Gaetano Borso Carminati ed altri…” Cfr. Bogliari F., Traversi C., Manfredo Fanti, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1980. 

[3] Cfr. Bogliari F., Traversi C., Manfredo Fanti, cit., pag. 13

[4] Spaggiari E., Manfredo Fanti e la Spagna, Modena, 1965

[5] Cfr. Bogliari F., Traversi C., Manfredo Fanti, cit., pag. 21

[6] Guerrini D., La Divisone Lombarda nella campagna del 1849” nel “ Il Risorgimento d’Italia” anno I, 1914

[7] Archivio di Stato di Torino, Ministero della Guerra, Matricola degli Ufficiali Generali, 1856, pag. 87.