GIOVANNI ROMAGNOLI E SERGIO ABATE – M.O.V.M. DI MAGGIO

  

GIOVANNI ROMAGNOLI

Capitano s.p.e. Arma Aeronautica

 

Arruolatosi nel 94° reggimento fanteria della Brigata Messina nell’ottobre 1916 e promosso sottotenente nel 202° reggimento fanteria Sesia partecipò dall’ottobre 1917 alla difesa della zona tra Ponte di Piave e Bocche di Collalto e fu decorato di medaglia d’argento al valore a Zenson di Piave nel novembre successivo. Ammesso a frequentare un corso per osservatori dall’aeroplano ottenne il relativo brevetto nell’agosto 1918 ed assegnato col grado di tenente all’8° gruppo aeroplani in Albania, sezione staccata di Durazzo, per il mirabile esempio di ardimento e di tenacia nelle operazioni di guerra fu decorato di due croci di guerra al valore. Rimpatriato e collocato in congedo nel giugno 1920, fu riassunto in servizio nell’Aeronautica e nominato tenente in servizio effettivo assegnato come osservatore al 3° gruppo aeroplani, fu, quindi, al comando scuole e nel 1926 ebbe la promozione a capitano. Conseguito il brevetto di pilota militare su apparecchi Ansaldo 300-4, nel novembre 1928 passò al comando aviazione della Tripolitania, assumendo il comando di una squadriglia, dislocata nella Sirtica. Il 12 aprile 1929, partito in volo per un’azione di polizia non fece più ritorno. Dalle deposizioni successivamente raccolte dagli arabi presenti al fatto e poi caduti prigionieri, fu possibile conoscere che il Romagnoli nel ritorno dalla missione compiuta nella Sirtica, giunto all’altezza di Bir Ziden, si attardò a mitragliare da bassa quota nuclei di ribelli armati che risposero al fuoco e colpirono l’apparecchio in parti vitali, obbligando il Romagnoli ad atterrare. Il capitano e l’equipaggio, fatti prigionieri dopo breve ma eroica resistenza, subirono inenarrabili oltraggi dalla barbara ferocia dei ribelli e quindi uccisi.

“Capitano pilota comandante di una squadriglia di nuova formazione dislocata nella Sirtica, ne ottenne in breve tempo una magnifica preparazione materiale e morale, trascinandola poi con l’esempio e l’entusiasmo alle più ardite imprese durante un ciclo intenso di attività di guerra. Il giorno 12 aprile del 1929, la fuciliera avversaria colpiva il suo apparecchio e lo costringeva a scendere lontano da ogni sperabile soccorso (bir Ziden). Rapidamente circondato da preponderanti forze, rispondeva alle intimidazioni di resa, incitando i compagni di equipaggio alla estrema difesa ed egli, per primo, ne dava l’esempio riuscendo in impari lotta ad infliggere al nemico sensibili perdite fino a che, esaurite le munizioni, veniva sopraffatto e catturato. Tempra romana di soldato e di comandante, sopportava con fierezza al grido di “Viva l’Italia” gli oltraggi della barbara ferocia dei ribelli sino al sacrificio della giovane vita.” Bir Ziden (Deserto Libico), 12 maggio 1929

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ABATE SERGIO

Tenente fanteria (alpini)

Dopo aver conseguito il diploma di ragioniere a Bergamo, dove la famiglia si era trasferita, si arruolò nel Regio Esercito e frequentò il corso allievi ufficiali di complemento di Milano, uscendone nel giugno 1931 come sottotenente di complemento del corpo degli alpini, assegnato in servizio al battaglione alpini “Pieve di Teco” del 1° Reggimento Congedatosi nel gennaio 1932 ed iscrittosi nella Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale con il grado di capomanipolo. prestò la sua opera presso reparti premilitari. Fu tra i primi a presentare domanda per partire per l’Africa Orientale, ottenendo di essere destinato al Regio corpo truppe coloniali della Somalia Italiana. Sbarcato a Mogadiscio il 24 aprile 1935, assegnato con il grado di sottotenente al IX Battaglione del 3º Raggruppamento arabo-somalo, prese parte da subito alle operazioni belliche nel corso della guerra d’Etiopia, ottenendo la promozione a tenente nel febbraio 1936. 

«Con decisione, arditezza e sprezzo del pericolo attaccava un forte nucleo di ribelli. Nel combattimento che ne seguiva, aspro per la preponderanza delle forze avversarie, non desisteva ed alla testa del suo plotone tentava rompere il cerchio. Colpito gravemente cadeva sul campo. Esempio di valore e di alto sentimento del dovere. M. Dunun (Neghelli), 19 maggio 1936