LORENZO GASPARI E SILVIO SERENA – M.O.V.M. DI MARZO

  

GASPARI LORENZO

Ammiraglio di Divisione M.M.

Figlio di ufficiale superiore di artiglieria, già iscritto nella Università di Bologna nella facoltà di ingegneria, nel febbraio 1912 entrò all’Accademia Navale di Livorno e due anni dopo ne uscì guardiamarina. Sottotenente di vascello nel dicembre 1915, partecipò alla prima guerra mondiale distinguendosi, da tenente di vascello, nell’ottobre 1918 come direttore del tiro della «San Giorgio». Nel 1921 conseguiva la laurea in ingegneria nel Politecnico di Milano. Assunto il comando di siluranti e promosso capitano di corvetta, fu comandante in seconda del «Libia». Dal 1927 al 1928 tenne il comando del distaccamento italiano alla legazione di Tien Tsin in Cina. Promosso capitano di fregata fu destinato per le sue capacità tecniche alla Direzione generale armi e armamenti navali del Ministero della Marina. Frequentò l’Istituto di guerra marittima nei 1934 e l’anno dopo partecipò, coll’incrociatore «Taranto», alla campagna in A.O.; quindi fu destinato al Comando Marina, alla base di Assab. Rientrato in Italia col grado di capitano di vascello, prestò prima servizio nell’arsenale di Taranto, tenne, poi, il comando della prima flottiglia CC.TT. ed, infine, dal giugno 1938 al genn. 1940, il comando della nave ammiraglia «Cavour». Alla dichiarazione di guerra, fu nominato capo del servizio artiglierie dello Ispettorato armi e armamenti navali della Marina, incarico che conservava anche con la promozione a contrammiraglio, conseguita nel luglio 1941. Nominato comandante del gruppo cacciatorpediniere di squadra, si distingueva in numerosi servizi di scorta ai convogli. Il 3 genn. 1943 fu promosso ammiraglio di Divisione.

«Comandante di un gruppo di siluranti, si dedicava con appassionata costanza, con giovanile entusiasmo e con alta competenza, allo addestramento ed al miglioramento dell’efficienza delle unità a lui affidate. Esempio a tutti per la sua fervida attività, per lo spirito combattivo, per l’amore della responsabilità e del rischio, prendeva di sua iniziativa imbarco sulle unità designate alle missioni più pericolose. in uno dei cicli operativi più duri per il nostro naviglio silurante, moltiplicando la sua attività e superando se stesso, riusciva con la sua onnipresente opera di capo a mantenere altissimo lo spirito di tutti i suoi dipendenti e a dare loro la forza morale necessaria a compiere silenziosamente più del loro dovere. Manifestatosi, in una nostra base navale, un pericoloso incendio di un deposito di alto esplosivo e ravvisando in esso una minaccia per alcune unità da lui dipendenti, si recava sul posto per tentare di limitare gli effetti di un’eventuale esplosione. Quando la situazione gli diede la certezza che le sue navi non correvano pericolo, si recava sul luogo del sinistro per dare l’apporto della sua opera direttiva agli uomini che combattevano l’indomabile incendio. Saliva personalmente su alcune bettoline di munizioni per disimpegnarle dagli ormeggi e allontanarle. Investito dallo scoppio del deposito delle munizioni durante l’assolvimento di un compito, che, estraneo ai suoi doveri di comandante, si era imposto per seguire il suo temperamento generoso ed eroico, cadeva da prode soldato, concludendo in un alone di gloria un’esistenza dedicata alla Patria.» (Napoli, 28 marzo 1943)

Altre decorazioni:

Medaglia d’Argento al Valor Militare “sul campo”

«Primo direttore del tiro ha mantenuto nella migliore efficienza l’importante servizio a lui affidato. In una azione di guerra contro costa nemica ha diretto il tiro di bombardamento sotto il fuoco delle batterie avversarie con calma e serenità, ottenendo ottimi risultati.» (Durazzo, 1918);

Medaglia d’Argento al Valor Militare

«Nel terzo ciclo della guerra 1940-43 comandante per sei mesi del Gruppo cacciatorpediniere di Squadra disimpegnava il proprio compito con sereno coraggio ed elevato senso del dovere, imbarcando sulle varie unità appartenenti al suo gruppo, ogni qualvolta venisse a questa assegnata una missione pericolosa. Animato da elevato amor di Patria e da tenace ardore combattivo, in ogni difficile circostanza era di esempio ai dipendenti.» (Mediterraneo, 16 settembre 1942 – 28 marzo 1943) 

 

SERENA SILVIO

Maggiore cpl., 55° Reggimento Fanteria

Conseguito a Treviso il diploma di ragioniere, fu chiamato alle armi per mobilitazione nel 1917. Partecipò alla prima guerra mondiale raggiungendo il grado di tenente di complemento nel 13° reggimento fanteria e fu collocato in congedo nel 1920. Ritornato alla vita civile, si dedicò alla professione esercitando la sua attività presso ditte commerciali ed industriali di Treviso. Richiamato nel settembre 1939 col grado di capitano e destinato al 55° reggimento fanteria della Divisione Marche, assumeva il comando della 3^ compagnia del I battaglione alla testa della quale prese poi parte dall’aprile del 1941, alle operazioni svoltesi sul fronte albanese-jugoslavo. Si distinse in seguito nella guerriglia contro formazioni ribelli in Balcania ed in particolar modo nel fatto d’arme di Panik nel gennaio 1942. Dopo la sua morte venne promosso maggiore con anzianità 1° gennaio 1942.

“Comandante di una compagnia fucilieri, sotto violente raffiche di tiro nemico, noncurante del grave pericolo, animosamente si slanciava di iniziativa alla testa dei propri fanti trascinandoli con l’esempio all’assalto di centri di fuoco nemici che ostacolavano seriamente il movimento del suo battaglione. In un ultimo contrassalto all’arma bianca, rimasto senza munizioni, veniva, dopo strenua resistenza, catturato. Invitato da un capo nemico a consegnare il proprio moschetto, ripetutamente si rifiutava di farlo e, sfidando sicura morte, persisteva nel fiero contegno pronunciando parole di sdegno ed esaltando la Patria per la quale era lieto di morire. Fucilato sul posto dal nemico inferocito cadeva al grido di Viva l’Italia. Sublime esempio di amor patrio e di militare fierezza.” – Kljuni (Croazia), 20 marzo 1943.

Altre decorazioni:

Croce di Guerra al Valor Militare

“In combattimento contro preponderanti forze ribelli rivelatesi improvvisamente, rimaneva impavido per sette ore consecutive sotto il fuoco nemico, ripetutamente attraversando le zone più battute e coadiuvando il comandante della colonna nel ripiegamento. Rimasto isolato con pochi fanti, durante il passaggio su di un ponte, con ardita manovra ed efficace azione di fuoco, costringeva l’avversario a ripiegare e riusciva così a raggiungere il grosso della colonna senza subire perdite” – Panik (Balcania, 23 gennaio 1942)