CITTA’ DI LA SPEZIA – M.O.V.M.

  

Socio d’Onore dell’Istituto dal 1957 – Tessera n° 70

La Resistenza all’occupazione tedesca iniziò a manifestarsi nello spezzino e in tutta la Lunigiana fin dall’autunno 1943, ma esplose solo a partire dalla primavera del 1944. In questo primo periodo l’azione si limitò a piccoli sabotaggi e, dal dicembre 1944, ad alcune azioni gappistiche, mentre fu intenso il lavoro di coordinamento dei nuclei antifascisti e di raccolta di armi e di informazioni. Le prime “bande” dello spezzino si attestarono soprattutto nella zona montuosa tra il fiume Vara e il fiume Magra, dalla quale si potevano dominare le principali vie di comunicazioni (le statali Aurelia e della Cisa) e resistere ad attacchi di forze numericamente superiori. Anche le colline ad est di Sarzana e di S.Stefano Magra furono fin dall’inizio rifugio di “ribelli”, ma solo dall’estate 1944 diverranno sede di grosse formazioni partigiane. A partire dal marzo 1944 la Resistenza divenne sempre più attiva, attuando una serie di attacchi ai presidi più isolati e alle caserme della Guardia Nazionale Repubblicana per procurarsi armi e indebolire il controllo del territorio da parte della RSI. I tedeschi reagirono con rastrellamenti mirati e misure di rappresaglia di diversa gravità.

Nel maggio-giugno 1944 le formazioni partigiane erano ormai una realtà consolidata: dalla Banda “Beretta” era nata la brigata Cento Croci, che operava sulle montagne tra il parmense e lo spezzino, mentre nel comune di Zeri (MS) si stava formando la brigata garibaldina Vanni con Primo Battistini “Tullio” come comandante. Dai nuclei azionisti si era invece formata la Brigata d’Assalto Lunigiana che, sotto il comando di Vero del Carpio “Boia”, agiva in Val di Vara e in Val di Magra avendo come base il Monte Picchiara. Nell’estate del 1944, mentre progrediva l’avanzata alleata nell’Italia centrale, le formazioni partigiane crebbero a un ritmo estremamente sostenuto, in gran parte per l’apporto di renitenti alla leva e anche di ex militari della RSI: in poco tempo gli effettivi triplicarono, creando gravi problemi di approvvigionamento, di armamento, di addestramento e di disciplina. Il 28 luglio 1944 fu costituita a Zeri la I Divisione Liguria, comprendente le brigate partigiane Cento Croci, Vanni, Gramsci e la colonna Giustizia e Libertà, al comando del colonnello Mario Fontana. Le brigate che la formavano avevano gravi problemi d’organizzazione e di disciplina. Tutti i nodi vennero al pettine il 3 agosto 1944, quando i tedeschi e i fascisti iniziarono un imponente rastrellamento nella zona controllata dalla I Divisione. Le formazioni partigiane non collaborarono tra loro e il comando di divisione non fu in grado di organizzare una difesa adeguata. Il rastrellamento fu una pesante battuta d’arresto per la Resistenza spezzina, ma gradualmente le formazioni si riorganizzarono e già il 3 settembre fu riformato il comando di divisione, sempre con Mario Fontana come comandante. Alla fine del settembre 1944 le forze inquadrate nella I Divisione Liguria giunsero a contare circa 2500 uomini. Il 29 novembre 1944 un grande rastrellamento colpì l’area occupata dalla brigata Garibaldi Muccini che fu costretta ad abbandonare la zona presidiata e ad attraversare la linea del fronte all’altezza delle Alpi Apuane. Nel dicembre 1944 alla I Divisione Liguria, si aggiunse la II Divisione Liguria “Cento Croci” e Mario Fontana divenne comandante della IV Zona Operativa che riuniva le due divisioni (per un totale di circa 1800 partigiani).

Il 20 gennaio le truppe tedesche ed italiane iniziarono un rastrellamento in grande stile e i partigiani, rendendosi conto di non poter resistere sul posto alle preponderanti forze nemiche, si ritirarono verso la zona del Monte Gottero (al confine tra le tre province della Spezia, di Parma e di Massa-Carrara) subendo gravi perdite. Il rastrellamento non raggiunse il suo scopo: a fine mese le truppe nemiche si ritirarono e le formazioni poterono ritornare sulle loro precedenti posizioni, vanificando il risultato dell’operazione militare tedesca. All’inizio di aprile, i partigiani cominciarono una lenta discesa verso La Spezia e gli altri centri della provincia.

La rete di presidi sulla statale Aurelia per Genova fu attaccata e cominciò a cedere. Il 10 e l’11 di aprile le truppe alleate sfondarono la linea del fronte sulle Apuane e, con l’appoggio dei partigiani locali, entrarono a Massa e a Carrara. Il giorno successivo i partigiani della IV Zona interruppero l’Aurelia in un punto obbligato tra Borghetto Vara e Padivarma, isolando La Spezia da Genova. Gli Alleati avanzavano da Carrara verso nord nonostante la resistenza tedesca e verso il 20 aprile minacciavano Sarzana dalle colline sovrastanti. Il 22 aprile i partigiani investivano la zona costiera tra Riomaggiore e Deiva, ormai evacuata dai tedeschi. Lo stesso giorno la brigata Muccini, ormai a contatto con le avanguardie alleate, scendeva da Fosdinovo su Sarzana, liberandola la mattina del giorno dopo. Lungo la stessa strada si stava sviluppando l’attacco di una formazione della IV Zona, il Battaglione Val di Vara, che mirava ad impadronirsi dell’importante nodo stradale di Aulla, la sera del 24 aprile i partigiani entrarono ad Aulla. Il 23 aprile, mentre Sarzana veniva liberata e si combatteva presso Aulla, alla Spezia gli uomini delle SAP presero il controllo di tutti gli edifici pubblici, delle poste, dei magazzini delle industrie. Nello stesso tempo un contingente partigiano scendeva verso Migliarina e il porto mercantile. La mattina del 25 le brigate partigiane poterono scendere in città, mentre le avanguardie alleate si spingevano senza incontrare resistenza verso Genova. Nel Palazzo del Governo, sede della Prefettura, si insediò il CLN che, subito dopo aver approvato la nomina del socialista Beghi alla carica di Prefetto, fece affiggere in città un proclama inneggiante alla libertà, agli Alleati e ai “patrioti delle nostre montagne”.

In venti mesi di duro servaggio riaffermava col sangue dei suoi figli le nobili tradizioni che nel primo Risorgimento la fecero proclamare la “primogenita”. Fucilazione, martiri, deportazioni, saccheggi e distruzioni non scossero la fierezza del suo popolo che, tutto unito nel sacro nome d’Italia, in cento combattimenti contro un nemico soverchiante, si copriva di imperitura gloria. Nella giornate della riscossa i suoi cittadini ascrivevano a loro privilegio ed onore la riconquista delle proprie case e delle libertà ed issavano sulla civica torre il santo tricolore consacrato dal sacrificio dei caduti» — Roma, 12 aprile 1996