LA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN – LEZIONE DI ARTE MILITARE – 1^ PARTE

  

La concezione della battaglia

L’esame delle attività operative che precedettero lo scontro decisivo avvenuto in Africa settentrionale nell’autunno 1942 tra le forze Italo-Tedesche e quelle Britanniche consente di inquadrare la 3^ battaglia di El Alamein, combattuta tra la sera del 23 ottobre ed il pomeriggio del 4 novembre 1942, nella situazione politico-militare che si era venuta a creare dopo la vittoriosa avanzata delle truppe dell’Asse.

Il pericolo corso dall’Impero Britannico nel giugno 1942 per effetto della vittoriosa offensiva italo-tedesca che aveva concretamente minacciato la zona del canale di Suez convinse i responsabili politici anglo-americani della inderogabile necessità di allontanare la minaccia da questa importante via d’acqua e di acquisire il controllo del Nord Africa indispensabile base di partenza per l’attacco dell’Europa meridionale. Da qui il progetto di una vigorosa offensiva sulla fronte egiziana coordinata con l‘apertura di un secondo fronte nell’Africa francese in Algeria. Un piano reso possibile dall’inserimento nello sviluppo del conflitto dell’industria americana, che consentiva di disporre di risorse praticamente illimitate e quindi di realizzare una superiorità totale, e cioè in carri armati-cannoni-aerei e sostegno logistico. L’8^ Armata britannica venne dunque potenziata oltre ogni limite. Anche l’organizzazione di comando fu ritoccata nel senso di separare il comando del Medio oriente da quello dell’Armata, fino a quel momento riuniti, affidandoli a due Generali diversi che non fossero moralmente scossi dalle sconfitte subite. Al Gen. Alexander venne affidato il comando dello scacchiere Medio Orientale e al Gen. Montgomery quello dell’8^ Armata. La direttiva che Montgomery aveva personalmente ricevuto da Churchill era di “Distruggere le forze Italo Tedesche operanti in Africa Settentrionale e occupare ii territorio della Libia”. A Montgomery era noto il progetto di sbarco in Algeria e il periodo di possibile effettuazione – novembre 1942. Il terreno su cui erano schierate e la dislocazione delle forze contrapposte che si era venuta a determinare dopo la battaglia di Alam Halfa, combattuta dall’1 al 5 settembre, imponevano ai britannici l’impostazione di una battaglia offensiva in termini de1 tutto diversi da quelli delle precedenti battaglie combattute nel deserto. Infatti le forze contrapposte si fronteggiavano fra il mare e la depressione di El Qattara, su una fronte di circa 60 km con i fianchi appoggiati ad ostacoli inaggirabili ed erano protette da un profondo ostacolo minato. Tali posizioni potevano pertanto essere superate solo con una battaglia di rottura.

Secondo le dottrine militari dell’epoca, una battaglia di rottura passava attraverso tre fasi:

  • prima fase: apertura di una o più brecce nella organizzazione ancorata al terreno messa in atto dal difensore;
  • seconda fase: immissione di unità corazzate attraverso le brecce per battere le riserve mobili del difensore;
  • terza fase: distruzione delle forze di fanteria ancorate al terreno e rimaste nei tronconi e nelle sacche della posizione organizzata a difesa.

Il piano Lightfoot

Nella situazione in atto, la prima fase della battaglia (apertura delle brecce) comportava il superamento dei campi minati e quindi un particolare addestramento delle truppe destinate a disattivare le mine, oltre all’eventuale allestimento di mezzi meccanici capaci di aprirsi un varco nell’ostacolo senza subire danni (carri sminatori) e la definizione data dell’inizio attacco nei giorni di luna piena in modo da poter eseguire le operazioni di disattivazione delle mine di notte ma con sufficiente visibilità, ed in stretta cooperazione con l’artiglieria. Tutti problemi che vennero risolti dando particolare impulso all’addestramento di speciali squadre destinate all’apertura dei varchi, allestendo su un certo numero di carri Matilda un sistema anteriore di tamburo rotante con cavi di acciaio che percuotevano il terreno facendo esplodere le mine. Per soddisfare le succitate esigenze la data d’inizio delle operazioni venne fatta coincidere con la fase di luna piena che cadeva il giorno 23 ottobre.

Circa i punti nei quali aprire le brecce furono scelte due direttrici, una nel settore nord, ove era prevista l’apertura di due corridoi, ed una nel settore sud, ove era prevista l’apertura di un solo corridoio. Per lo sforzo principale venne scelto il settore settentrionale, zona corrispondente alle alture di Miteirya-Kidney q.28, per una fronte di circa l0 km. Per lo sforzo sussidiario venne scelto l’estremo limite sud in corrispondenza dell’appoggio d’ala alla depressione di El Qattara. 

Nelle battaglie di rottura, quale quella che si stava concependo, condizione essenziale di successo è l’opportuna scelta del tratto ove applicare gli sforzi ed in particolare di quello principale destinato ad aprire la breccia nell’organizzazione difensiva avversaria. La scelta può corrispondere al criterio tattico di investire il settore più debole dell’organizzazione difensiva nemica o al concetto strategico di puntare allo sfondamento in corrispondenza della direttrice più redditizia ai fini del successivo sviluppo della manovra.

Nel caso che si presentava al Comandante britannico le difese più deboli dell’ACIT erano ritenute quelle del settore meridionale mentre la direttrice che poteva conseguire risultati più decisivi era costituita dalla rotabile costiera. Il Gen. Montgomery privilegiò il concetto strategico, anche perché la superiorità glielo consentiva. Non è dato sapere se aprioristicamente o con il senno di poi, il Gen. Alexander e lo stesso Montgomery così giustificarono la scelta: “…la fronte nemica poteva essere paragonata ad una porta, imperniata all’estremità settentrionale. Spingere il lato cedevole (ossia quello a sud) poteva farla girare all’indietro per un certo tratto prima di poter provocare un qualsiasi danno, ma un colpo fortunato alla cerniera avrebbe scardinato l’intero fronte spalancando la porta.,.”.

Il Gen. Montgomery, che rivendica a sé il concepimento dell’intero piano, afferma che l’impostazione della battaglia derivò dalla ricerca di qualcosa di nuovo. Nelle sue memorie si legge “…si noti che il mio piano si distacca dalla tradizionale tattica del deserto che prevedeva l’offensiva principale sul fianco meridionale, o interno, per poi sviluppare una manovra aggirante verso il mare. Considerai che, se lo sforzo principale si fosse sviluppato nel settore meridionale, dopo il forzamento delle linee ci sarebbe stata soltanto una direttrice da seguire, quella verso nord. Il fatto che un determinato procedimento tattico fosse stato sempre adottato da tutti i comandanti del deserto, mi sembrava per ciò stesso una buona, ragione per agire in modo diverso. Progettai di sviluppare lo sforzo principale un poco più a dritta del centro, in modo che dopo aver rotto lo schieramento avversario avrei potuto dirigere le mie forze sulla dritta o sulla sinistra a seconda delle circostanze”

Per quanto attiene allo sviluppo delle operazioni successive all’apertura delle brecce nella organizzazione difensiva dell’ACIT, il Gen. Montgomery, poiché non riteneva l’addestramento delle sue unità corazzate e la capacità dei suoi comandanti all’altezza di competere in campo aperto con quelle dell’ACIT, rinunciò a sviluppare l’azione secondo le dottrine dell’epoca che prevedevano, come già accennato, l’immissione delle unità corazzate attraverso le brecce aperte nell’organizzazione difensiva avversaria e lo scontro con le riserve con precedenza sull’eliminazione delle forze di fanteria rimaste nei tronconi della posizione di difesa. Decise perciò di rovesciare i termini del problema, e cioè di far passare le forze corazzate attraverso le brecce lasciandole libere di attestarsi oltre gli sbocchi in campo aperto su terreno di propria scelta, in modo da costringere le forze dell’ACIT a contrattaccarle mentre erano schierate su posizioni difensive.

Intanto avrebbe avuto luogo la distruzione “demolizione” delle fanterie con attacchi sul tergo e sui fianchi senza che i carri dell’ACIT potessero intervenire perché impediti dai propri campi minati. Il piano operativo che ne scaturì prese il nome di Lightfoot ed era concepito come segue: lo sforzo principale doveva essere effettuato dal XXX Corpo d’Armata impiegando da nord a sud, la 9^ divisone australiana, la 51^ Highland, la 2^ neozelandese, la 1^ sud-africana. Le prime due avrebbero dovuto dirigersi verso ovest, per aprire il corridoio settentrionale e le ultime due dovevano invece attaccare in direzione sud-ovest per assicurarsi il possesso della catena di Miteirya e aprire un corridoio meridionale attraverso le difese. La 4^ Divisione indiana, doveva effettuare una incursione diversiva lungo la catena del Ruweisat. Quando il XXX corpo d’Armata avesse aperto questi due corridoi attraverso l’intera profondità delle difese nemiche, i1 X corpo d’Armata, con la 1^ divisione a nord e la 10^ divisione corazzata a sud, doveva passare attraverso i corridoi e prendere posizione attestandosi su un terreno di propria scelta oltre gli sbocchi dei corridoi stessi. Era probabile che le riserve italo-tedesche contrattaccassero immediatamente con i loro mezzi corazzati al fine di chiudere la breccia. L’avessero o non l’avessero fatto, la fanteria del XXX corpo d’Armata avrebbe proceduto immediatamente alla distruzione delle fanterie Italo-Tedesche dapprima tra i due corridoi e poi su ciascuno dei loro fianchi, operando in direzione nord e in direzione sud. Questa fase della battaglia avrebbe certamente provocato una forte reazione da parte delle forze corazzate dell’ACIT, che difficilmente avrebbero potuto starsene ad osservare la distruzione della propria fanteria. Ciò sarebbe stato a vantaggio delle forze britanniche, poiché avrebbe costretto le riserve italo-tedesche ad attaccare su un terreno non da esse prescelto secondo le ipotesi di contrattacco pianificate.

Lo sforzo sussidiario, sviluppato simultaneamente a quello principale, prevedeva che il XIII Corpo d’Armata, con la 7^ divisione corazzata, la 44^ divisione e 1a 50^ divisione, attaccasse nel settore sud. Erano previste due azioni, una attorno al fianco meridionale con la I brigata francese, e l’altra più a nord con la 44^ divisione appoggiata dalla 7^ divisione corazzata. L’intenzione era di aprire in quelle posizioni un corridoio, attraverso il quale avrebbe potuto sfruttare il successo la IV Brigata corazzata leggera che, doppiato il fianco meridionale, sarebbe stata lanciata in una puntata contro El Dab’à, per distruggere i magazzini di rifornimento ed impadronirsi dei campi di atterraggio. Ma il valore principale dell’operazione del XIII Corpo d’Armata era di distrarre l’attenzione dall’attacco principale a nord e, in particolare, di mantenere di fronte ad esso le due Divisioni corazzate dell’ACIT che si trovavano sul fianco sud. Allo scopo di far sì che il processo di usura agisse in favore delle forze britanniche piuttosto che in favore di quelle dell’ACIT, venne deciso che la 7^ divisione corazzata dovesse essere mantenuta possibilmente intatta senza farla partecipare ai combattimenti. La IV brigata corazzata leggera doveva essere lanciata contro El Dab’à solo su ordine specifico. Fin dalla concezione iniziale del piano il Comando britannico, persuaso che la situazione strategica generale del momento portasse per logico processo deduttivo a far ritenere probabile una propria iniziativa offensiva sul fronte di El Alamein e convinto che i preparativi dell’8^ Armata non sarebbero in alcun modo sfuggiti ai servizi informativi dell’Asse, pervenne alla conclusione di non poter basare l’azione sull’elemento sorpresa e di doversi, quindi limitare a perseguire la sorpresa stessa solo per quanto si riferiva alia data di inizio delle operazioni ed al punto di applicazione dello sforzo principale per lo sfondamento del fronte.

Venne, perciò, elaborato ed attuato un preciso e minuto piano di inganno tendente a sottrarre all’osservazione qualsiasi indizio di addensamento di mezzi e di concentramento di reparti nel settore nord. Questo piano, messo in atto con larga dovizia di mezzi e sistemi (numerosissimi materiali finti: pezzi di artiglieria, cassoni di munizioni ecco autocarri finti sostituiti nottetempo con materiali effettivi sì che al rilevamento fotografico aereo nessuna modifica era registrabile nella situazione nelle retrovie, inizio di costruzione di un acquedotto diretto verso sud. sì da ingannare circa l’imminenza dell’attacco ed il settore di sviluppo; mascheramento nei più minimi particolari; organizzata diffusione di false notizie), conseguì il suo scopo solo per quanto si riferiva al settore d’attacco giacché, circa l’inizio dell’offensiva, questa oramai era così radicata nelle previsioni che se ne era in costante e continua attesa da un momento all’altro. Fra il 19 ed il 20 0ttobre il comandante dell’8^ Armata riunì tutti gli ufficiali Superiori dei suoi tre corpi d’Armata e ad essi illustrò personalmente ed in ogni minimo dettaglio il piano d’azione, inquadrato nella situazione, nelle finalità da raggiungere e nelle modalità esecutive. Un tale preciso inquadramento degli ufficiali rientrava negli intendimenti di Montgomery quale condizione essenziale per ottenere da parte di tutti la più esatta e completa cooperazione alia riuscita dell’impresa.

In sintesi il piano britannico prevedeva tre distinte fasi:

  • prima fase: “rottura” della fronte mediante azione di forza delle fanterie, ed apertura dei corridoi nella sistemazione difensiva italo-tedesca; incanalamento, lungo tali corridoi, delle forze corazzate di seconda schiera e loro dislocazione su posizioni idonee, di propria scelta, al di là dei campi minati;
  • seconda fase: “demolizione” attuata mediante metodica eliminazione delle unità di fanteria schierate sulla posizione difensiva, mediante una serie di combattimenti ravvicinati e contemporaneo logoramento delle forze corazzate dell’ACIT qualora esse, in questa fase della lotta, fossero intervenute nel combattimento a sostegno delle fanterie;
  • terza fase: “eruzione” attuata con lo sbocco in campo aperto delle proprie forze corazzate per affrontare e battere le similari italo-tedesche e creare, quindi, le condizioni necessarie per l’avanzata generale e l’annientamento totale dell’ACIT.