CRAVATTE ROSSE E CRAVATTE AZZURRE

  

Nel corso della mia carriera ho avuto la fortuna di indossare nell’uniforme oltre alla cravatta caki anche la cravatta azzurra (23° Battaglione “COMO”) e la cravatta rossa (157° “Liguria). Mi affido alla penna del Gen. Oreste Bovio che nel suo libro “Storia dell’Esercito Italiano (1861-1990) illustra sapientemente le origini delle due cravatte.

L’etimologia del termine cravatta, secondo quanto afferma l’Enciclopedia Militare, é molto singolare. Per quanto la cravatta fosse già conosciuta dai soldati romani, che la adottavano nei climi freddi per ripararsi la gola, soltanto in epoca moderna l’indumento ha assunto l’attuale denominazione.

         Nell’esercito di Luigi XIV era compreso anche un reggimento di mercenari balcanici, il Royal Croates, nel quale era di uso comune il capo di corredo in argomento. Con i1 tempo, il nome storpiato del reggimento – Royal Cravates – sarebbe passato ad individuare la striscia di stoffa che avvolgeva il col1o dei soldati. La cravatta in seguito fu distribuita a tutte le truppe, afferma ancora l’Enciclopedia Militare, ed era “di tessuto insaldato, tale da imporre al militare un comportamento rigido, che si riteneva aria marziale per eccellenza. Più tardi la cravatta fu di tessuto molle e venne data anche agli ufficiali”. Sembra pertanto di poter affermare che la cravatta fu adottata con lo scopo di non insudiciare il colletto dell’uniforme, all’epoca alto e rigorosamente chiuso.

         Per quanto riguarda il nostro esercito il primo documento ufficiale che menziona con sicurezza la cravatta risale al 1833. Nelle Determinazioni riguardanti la divisa delle truppe, emanate da re Carlo Alberto il 25 giugno, l’articolo 30 del capo IX recita testualmente: “La cravatta di cui dovranno far uso i bass’ufficiali e soldati, qualunque siano l’arma, sarà conforme al modello stabilito, e foggiata a collaretto di tale altezza che copra il collo senza impedire punto il libero muoversi del capo per ogni verso. Sarà ella fatta di pannolana nero, ovvero di un tessuto di crine neri, per tutte le armi ed i corpi, tranne la brigata di Savoia per cui sarà di panno-lana scarlatto”,

         Il particolare privilegio per la brigata Savoia fu poi confermato da re Carlo Alberto con il Regio Brevetto del 22 febbraio 1838 e ribadito dal ministro di Guerra e Marina, generale Dabormida, nel Regio Decreto 25 agosto 1848: “La cravatta attualmente in uso é abolita, ed alla medesima verrà  sostituita altra cravatta, cioè rossa per gli individui della brigata Savoia, e nera per gli altri corpi, conforme al modello che verrà  da noi approvato, la quale, bassa e pieghevole, dovrà  con facilità  allentarsi e restringersi a1 collo”.

         Il 9 febbraio del 1860 il ministro Fanti stabilì per tutte le brigate, “esclusa bensì la brigata Savoia”, un nuovo modello di “cravatta da collo a sciarpa, di tessuto di cotone, di colore turchino oscuro”.     Ma anche la brigata Savoia, divenuta nel 1860 brigata del Re, dovette cedere all’enfasi livellatrice del ministro Ricotti che il 22 agosto 1872 stabilì “E’ adottata per la truppa di tutti i corpi dell’esercito, meno i Carabinieri, una cravatta a sciarpa di tela cotone crociata bianca, la quale sostituisce quelle nere o rosse con fibbia e le altre rosse o turchine a sciarpa fino ad oggi adoperate. Ogni uomo di truppa dovrà averne costantemente due. La nuova cravatta consiste in una striscia rettangolare di 22 cm della tela prescritta che é alta centimetri 90. Dopo l’orlatura dei due lati più lunghi della striscia, la cravatta deve presentare la lunghezza di 21 centimetri”. (Circ. 187, Giornale Militare 1872, dispensa 30″).

Dopo la l” guerra mondiale, nell’ambito di tutti quei provvedimenti miranti a ricompensare in qualche modo i grandi sacrifici compiuti dalle unità di fanteria, sembrò che anche la concessione di una cravatta particolare potesse essere gradita al personale e così la Circ. n°9 del 2 gennaio 1919 del ministro Zupelli sanzionò il nuovo provvedimento: “E’ ripristinato 1’uso della cravatta in lana di colore scarlatto, in sostituzione della cravatta in tela bianca, per i militari (ufficiali, sottufficiali e truppa) della brigata Re (1° e 2° reggimento di fanteria).

E’ adottata la cravatta di colore scarlatto, in sostituzione di quella di tela bianca, per i militari (ufficiali, sottufficiali e truppa) della brigata Alpi (51° e 52° reggimento fanteria). Gli ufficiali delle due brigate predette potranno fare uso di cravatte di colore scarlatto in stoffa di seta anziché di lana”. Il provvedimento del 2 gennaio 1919 ebbe un particolare “effetto di trascinamento”. Nel 1946, in seguito al cambio istituzionale, il 2° reggimento Re, l’unico rimasto in vita dell’antica brigata, fu trasformato in 157° Leoni di Liguria ma, pur accettando il cambio del nome e delle mostrine, gli ufficiali pretesero ed ottennero che il reggimento conservasse la cravatta rossa. E così anche il reggimento Garibaldi, richiamandosi al precedente della brigata Alpi, ottenne di portare la cravatta rossa. Per effetto della ristrutturazione del 1976 le cravatte rosse si sono poi moltiplicate, non solo sono state conservate dall’Xl bersaglieri, reparto superstite del Garibaldi, ma sono state concesse al 1° artiglieria da campagna, perchè facente parte durante la 2^ guerra mondiale della divisione Cacciatori delle Alpi, erede della brigata Alpi, e ridate al 1° reggimento fanteria San Giusto, erede della bandiera e delle mostrine del 1° Re.

Altro reparto dell’esercito che é autorizzato ad indossare la cravatta rossa é il reggimento Savoia Cavalleria. L’origine della distinzione non é storicamente accertata, si narra comunque che “il 7 settembre 1706, svolgendo la battaglia di Torino al suo felice epilogo, un cavaliere di Savoia venne inviato dal campo di battaglia al Comandante in capo per portare l’annuncio della vittoria. Il cavaliere che si era incontrato con elementi nemici ed era rimasto ferito, giungeva sul colle di Superga a dare le “bonnes nouvelles” al duca Vittorio Amedeo II ed al principe Eugenio, con la gola tagliata da un colpo di sciabola. Il sangue sgorgando copioso dalla ferita aveva arrossato la cravatta bianca. Portato a termine il suo compito il cavaliere moriva ed il duca Vittorio Amedeo decretava che “tutti i cavalieri di Savoia, in ricordo dell’eroico cavaliere, portassero la cravatta rossa anziché bianca”. Nel 1934, con l’adozione della giubba aperta, il reggimento adottò infatti la cravatta rossa ed il bavero di velluto nero, poi sostituita all’inizio della 2^ guerra mondiale, con le fiamme sempre di colore nero. Nel 1946 quando il reggimento fu ricostituito con il nome di Gorizia Cavalleria, la cravatta rossa scomparve me le fiamme nere furono filettate di rosso. Nel dicembre 1959 il comandante del IV corpo d’armata, generale Beolchini, interessò l’ufficio del Segretario Generale della Difesa perché al reggimento fosse restituita la tradizionale cravatta di colore rosso, dal momento che gli era stato restituito i1 precedente nominativo Savoia. Ed il Foglio d’Ordini del 31 maggio 1961 finalmente recò l’atteso provvedimento: “E’ ripristinato l’uso della tradizionale cravatta rossa, in sostituzione di quella color kaki, per i militari appartenenti al reggimento Savoia Cavalleria”.

Le cravatte azzurre comparvero dopo la prima guerra mondiale. Nel febbraio 1920 sul Giornale Militare comparve la Circ. n°109: “E’ adottata la cravatta azzurra (che per gli ufficiali potrà essere di seta) in sostituzione di quella di tela bianca, per i militari della brigata Lombardia (73° e 74° reggimento fanteria)”. La concessione, che accoglieva una richiesta del generale Ciacci comandante della brigata, intendeva premiare in modo particolare la brigata che molto si era distinta nel corso della guerra appena terminata tanto che entrambi i suoi reggimenti erano stati decorati con la medaglia d’oro al valor militare. Il 10 agosto 1938, infine, analoga concessione fu disposta per il 23° ed il 24° Como. Il provvedimento fu originato da una richiesta del duca di Bergamo, comandate del corpo d’armata che inquadrava i due reggimenti, per ricordare che la brigata Como era stata comandata dal settembre 1892 al settembre 1894 da Vittorio Emanuele III, allora principe ereditario.