Presidente Carlo Maria Magnani

  
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Primavera 1945.

I gruppi di combattimento dell’Esercito raggiungono alcune delle principali città del nord Italia: il “Cremona” è a Mestre e a Venezia; il “Friuli” entra in Bologna; il “Folgore” dopo essere stato aviolanciato tra Poggio Rusco e Ferrara giunge in vista di Bologna; il “Legnano” occupa Bergamo e Brescia. È una sorta di riscatto dopo i tragici avvenimenti del settembre-ottobre 1943 che pesano ancora oggi come un macigno nella memoria collettiva di tutti gli italiani col suo codazzo di umiliazioni, di
sciagure, di irreparabili danni materiali e morali. Lutti ed umiliazioni non furono risparmiati al nostro popolo né dal vecchio, infido alleato né dal miope e sprezzante vincitore e sotto quei colpi tremendi, inferti senza umanità e senza ragionevolezza, parve che l’unità nazionale, faticosamente raggiunta appena ottanta anni prima,
dovesse sfaldarsi. Ma non fu così. Il popolo italiano trovò nell’immensità della catastrofe la forza di reagire e le Forze Armate furono ancora una volta alla testa della rinascita d’Italia. La mancanza di ordini precisi e la confusa linea di dipendenza gerarchica ebbe riflessi drammatici sulle unità dislocate sul territorio nazionale e nei territori occupati.
Malgrado questo gli episodi di resistenza armata furono numerosi. La Dalmazia, il Montenegro, la Slovenia,
la Croazia e l’Albania furono testimoni dello sbandamento iniziale e poi della reazione delle divisioni italiane alle truppe tedesche. La maggiore tragedia si verificò in Grecia e
nelle Isole del Dodecanneso teatro del tragico destino della Divisione Acqui. L’Esercito pagò un ingente tributo di sangue in quei due mesi: 20.000 uomini caduti con le armi in pugno e trucidati dopo la resa, ai quali si devono aggiungere altri 40.000 caduti nei lager nazisti, in quanto la Germania, non riconoscendo il governo del sud, non considerò prigionieri di guerra i militari catturati.
La dichiarazione di guerra alla Germania del 13 ottobre
1943, che sancisce di fatto la posizione di co-belligerante
dell’Italia, determina una rifondazione delle nostre Forze
Armate. Viene costituito il 1° Raggruppamento Motorizzato
dell’Esercito, i velivoli dell’Aeronautica riportano in volo la
coccarda tricolore, la Marina Militare veniva posta sullo stesso
piano di parità morale rispetto alle Marine Alleate.
Scorrendo velocemente gli avvenimenti tragici di quel
periodo, mi ha molto colpito il destino della corazzata
“Roma”, la nave ammiraglia della Regia Marina che il 9 settembre
1943, durante il trasferimento della squadra navale
da La Spezia a La Maddalena, senza alcuna copertura aerea,
subisce all’altezza dell’isola Asinara l’attacco di bombardieri
tedeschi. La nave, colpita da due bombe radiocomandate, si
spezza in due tronconi ed affonda portando con sè 1.400
uomini, compreso l’Ammiraglio Bergamini e il C.V. Del Cima,
Comandanti rispettivamente delle forze navali da battaglia e
della corazzata. Muoiono quasi tutti gli ufficiali imbarcati che
si preoccupano di porre in salvo il maggior numero possibile
di uomini dell’equipaggio.
Venendo all’attualità, l’avvenimento che ha certamente
occupato le prime pagine dei giornali è stato l’affondamento
della “Costa Concordia”. Volevo evidenziare
le differenze di comportamento
tra il comandante (con la c
minuscola) della nave e altri
Comandanti della nostra Marina
Militare che si erano volutamente
inabissati con le loro navi.
Scorrendo l’elenco in ordine alfabetico
dei Decorati mi sono dovuto
fermare alla lettera c, avevo già
riempito una pagina! D’altra parte
come diceva Don Abbondio al
Cardinale Borromeo “Il coraggio
uno non se può lo dare!”, ma il lauto
stipendio si, aggiungo io.
Infine dobbiamo registrare la
morte di tre militari italiani in
Afganisthan, vittime di un incidente
mentre si stavano recando a portare
aiuto ad altri commilitoni.
All’arrivo dei feretri a Roma non vi
era alcuna autorità politica! I funerali di stato non sono stati
celebrati in Santa Maria degli Angeli a Roma. Poveri ragazzi,
eppure non erano in gita di piacere o non stavano andando
in discoteca, erano in servizio. Anche loro hanno una
mamma che piangerà sulla loro tomba! Sono veramente indignato
e certo di interpretare i vostri sentimenti, porgo alle
famiglie Currò, Messineo e Valente i sentimenti di vicinanza
dell’Istituto del Nastro Azzurro.
Un abbraccio forte a tutti

Carlo Maria Magnani