MASSIMO IACOPI, La rivoluzione del 1917 in Russia

  

Pubblicato sul n. 299, luglio 2022, della Rivista Informatica “Storia in Network” (www.storiain.net) con lo stesso titolo e lo pseudonimo di Max Trimurti.

 

Nessuno si era accorto di nulla. Neanche lo stesso Lenin e gli altri. Ed all’improvviso arriva l’incendio ! Analisi delle origini dell’incendio.

 

Nel 1914, Vladimir Ilic Ulianov (1870-1924), meglio conosciuto sotto il nome di Lenin, aveva 44 anni. Con quello erano ormai 15 anni che il personaggio cospirava per accendere le scintille della rivoluzione. Ma queste tardavano ad arrivare.

Il 22 gennaio 1917, mentre si trovava in esilio in Svizzera ed ancora sconosciuto al grande pubblico, Lenin prende la parola a Zurigo davanti al Circolo degli studenti socialisti: “Noi vecchi – dice parlando della sua generazione – non vedremo forse mai le battaglie decisive della rivoluzione …”. E’ molto significativo ricordare questa data: il 22 gennaio 1917. Meno di otto settimane più tardi, viene rovesciato senza che Lenin né i Bolscevichi abbiano fatto nulla a tal fine (1). Le “battaglie decisive” alle quale non credeva stavano invece per cominciare !!!

 

Un giovane borghese rivoluzionario

Il giovane Vladimir Ilic Ulianov non sarebbe forse mai diventato Lenin, senza la morte tragica di suo fratello maggiore molto ammirato, Alessandro. Direttamente compromesso nel progetto di attentato contro lo zar Alessandro II Nikolaevic Romanov (1818-1881), egli stato giustiziato con la forca nel 1887.

Questo dramma familiare è stato determinante nell’impegno e nella carriera del giovane Vladimir che, all’epoca, aveva appena 17 anni. Egli nutrirà per sempre il suo odio ed “Io sputo sulla Russia” sarà il suo motto d’ordine personale.

Lenin era nato il 23 aprile 1870 a Simbirsk, piccola capitale verde e fiorita dell’omonima provincia, fondata nel 1648 su colline che dominano il Volga (2). Suo padre, Ilya Nicolaievic Ulianov (1831-1886) era un perfetto sconosciuto. Egli termina la sua carriera come ispettore generale dell’insegnamento pubblico della provincia. La madre di Lenin, Maria Alexandrovna Blanck (1835-1916), era la quarta figlia di Alexandre Dimitrievic (Israel Moseievic) Blank (1804 circa-1870), un medico ebreo convertito, originario di Jitomir. Il padre di Alexandre, Moisé Itskovic Blank, era un mercante ebreo della provincia della Volinia, che aveva sposato una svedese Anna Karlova Ostedt. Come per molti ebrei sotto il regno dello zar Nicola I la conversione all’ortodossia aveva consentito la loro integrazione nella società russa (3)

Poco dopo l’esecuzione di suo fratello, Lenin comincia gli studi di diritto presso l’Università di Kazan e quindi a San Pietroburgo (Petrograd), venendovi iniziato alla letteratura marxista. Nel 1895 egli organizza uno dei primi circoli social-democratici, vale a dire marxisti, della capitale zarista. Questa attività gli fa guadagnare l’arresto, la prigione e quindi il confino in Siberia. Laggiù, nel luglio 1898, egli si sposa con una militante rivoluzionaria, Nadejda Kostantinovka Krupskaia (1869-1939) e dopo il periodo di confino sceglie di andare in esilio nel 1900.

 

Fondazione del bolscevismo

La coppia soggiorna a Monaco di Baviera, Parigi, Londra, ma soprattutto in Svizzera, che all’epoca era un porto sicuro dei rivoluzionari europei. A Monaco, Lenin fa pubblicare il primo numero di un giornaletto, l’Iskra (La Scintilla), destinato ad una certa notorietà. Due anni più tardi, nel 1902, egli redige, a 32 anni, il suo famoso trattato d’azione rivoluzionaria, “Che fare ?” La lunga esperienza degli ambienti cospiratori russi alimenta le pagine di questo manuale. Egli vi definisce una nuova concezione dell’azione. Essa non può nascere nel seno delle masse, se esse non sono edotte della loro condizione di sfruttate e se non sono stati denunciati i loro sfruttatori. Questo compito spetta ad un partito di tipo nuovo, formato da rivoluzionari professionisti, che consacrano tutto il loro tempo all’azione e sottoposto ad una disciplina di tipo militare. Intorno al giornale (Iskra) verrà costituito il partito e verranno reclutati i nuovi adepti.

Il secondo Congresso del partito socialdemocratico russo ha luogo a Londra dal 30 luglio al 23 agosto 1903. Esso segna una sterzata decisiva nella vita di Lenin (nome adottato nel 1901) e nell’evoluzione del movimento marxista russo. Approfittando di una assenza momentanea della maggior parte dei suoi avversari, egli riesce a fare adottare, per pochi voti di scarto, il suo programma d’azione. I suoi fautori assumono da quel momento le denominazione di Bolscevichi (“maggioritari”), mentre di fatto essi non lo sono in alcun modo. Mentre i suoi avversari, sebbene più numerosi, vengono denominati Menscevichi (“minoritari”). Ma verrà presto dimenticato il vero significato dei termini, assimilandoli ormai rispettivamente a “duri” e “molli”.

 

La Rivoluzione del 1905

Nel Congresso seguente, tenutosi sempre a Londra nel 1905, Lenin fa adottare la formula programma della “Dittatura del proletariato e dei contadini”. Nel gennaio dello stesso anno comincia in Russia una annata di disordini rivoluzionari, estremamente gravi che fanno sperare un prossimo rovesciamento dello zarismo. Si parlerà successivamente della “Rivoluzione del 1905”, ma essa sarà schiacciata nel 1906 per mezzo dell’azione energica ed innovatrice di un eccezionale ministro, Piotr Stolypin (1862-1911). Sebbene sia rientrato in Russia durante questa rivoluzione mancata, Lenin non vi ha giocato nessun ruolo. Dopo il riflusso avranno inizio per i rivoluzionari russi i neri anni dello scoraggiamento e dello sconforto.

Nel 1905 il movimento rivoluzionario russo era già ricco di una lunga storia, di cui non si trova un equivalente in nessun’altra parte ed i suoi strati successivi hanno contribuito a modellare il bolscevismo.

Le rivoluzioni russe della “Belle Epoque” avevano coniugato allo stesso tempo due caratteristiche del futuro partito leninista: l’organizzazione di gruppi di rivoluzionari fanatici e la legittimazione delle loro azioni da parte di una intellighentsia attiva e pronta giustificare anche gli atti più atroci in nome di categorie superiori della morale e della giustizia. Tuttavia, posto di fronte a questi rivoluzionari che volevano abbatterlo, lo stato zarista tiene bene il colpo.

Un primo attentato rivendicato contro lo zar Alessandro II era stato commesso nell’aprile 1879. Per ben sette volte, i “narodnisti”, cercheranno di uccidere questo zar liberale. All’ottavo tentativo, il 1° (14) marzo 1881, l’attentato ha successo. La repressione che ne segue e la granitica determinazione dimostrata dal suo successore, Alessandro III Aleksandrevic Romanov (1845-1894), riescono a spezzare una prima volta il movimento rivoluzionario, Tuttavia, nonostante la sua debordante vitalità, lo zar, dopo 13 anni di potere, muore all’improvviso il 1° novembre 1894 in Crimea, lasciando il suo figlio maggiore Nicola II Aleksandrovic Romanov (1868-1918), completamente impreparato.

 

Uno zar troppo debole per un potere troppo pesante

Lo zarevic, giovane gradevole di 26 anni, non era assolutamente preparato alla difficile carica, che avrebbe richiesto il genio ed il pugno di ferro di un Pietro il Grande (1672-1725). Il suo cognato, il granduca Sergej Aleksandrovic Holstein Gottorp Romanov (1857-1905), scriverà più tardi: “ Io vedevo le lacrime nei suoi occhi blù. Egli mi prese il braccio: “Sandro, Sandro, mi grida con voce patetica, che cosa farò ? Io non sono preparato ad essere uno zar e non ho desiderato di diventarlo”.

Confessione patetica di un uomo sincero che si sentiva troppo debole per un destino troppo grave. Timido, sensibile, dotato di una buona media intelligenza. Marito e padre modello, Nicola II non disponeva di nessuna qualità di uomo di stato ed, a maggior ragione, sovrano di un paese gigantesco in preda a dei profondi e oscuri sconvolgimenti.

Dopo la “domenica rossa” del 9 (22) gennaio 1905, per tutto l’anno seguente, la rivoluzione appare sul punto di trionfare. Dopo un periodo di remissione dovuto per intero alla personalità ed alle riforme del primo ministro Stolypin (assassinato il 14 settembre 1911), la rivoluzione riuscirà ad avere il sopravvento nel 1917, nel terzo anno della più terribile delle guerre.

Alla fine del 1914, le perdite dell’esercito imperiale russo hanno già superato il milione e 200 mila morti e feriti. La fanteria risulta spossata. La maggior parte degli ufficiali e dei sottufficiali di carriera sono morti in combattimento. I reggimenti hanno perso quasi i tre quarti dei loro effettivi ed i vuoti non sono stati ripianati Esistono nei depositi 800 mila riservisti che non si possono istruire, né inviare al fronte per mancanza di fucili.

La situazione peggiora ancora di più negli anni 1915 e 1916. I soldati russi non aspirano altro che alla pace a qualsiasi prezzo. Nelle retrovie, la disorganizzazione della vita economica e la paralisi dei trasporti hanno contribuito ad affamare le città e delle code interminabili si allungano davanti ai magazzini di alimentari. Nessuna famiglia è stata risparmiata dal dolore di un padre o di un figlio morto in guerra. Nessun villaggio è stato risparmiato dalla presenza di giovani mutilati. In un paese stordito dalla sofferenza, la disperazione si trasforma in collera.

 

Dramma e discredito della famiglia imperiale

Per rimettere in sesto la situazione occorrerebbe un potere eccezionalmente fermo e competente. Ma lo sfortunato Nicola II, eccellente uomo nel privato, non ha nessuna delle qualità necessarie. Il potere abortisce in irresolutezza e sprofonda nelle cabale burocratiche.

Da diversi anni, lo zar e sua moglie sono minati da un dramma intimo decorrente dall’emofilia dello zarevic che peserà fortemente nei destini della Russia. Essi si sono infatuati di un guaritore, Grigorj Efimovic Rasputin (1869-1916), che si è fatto passare per l’inviato di Dio, dopo che il suo talento di ipnotizzatore è riuscito a dare sollievo alle disgrazie del piccolo Aleksej (1904-1917). Astuto, scaltro, avido e dissoluto, il personaggio riesce a mascherare la sua vera natura quando si trova in presenza della coppia imperiale, dalla quale trae indirettamente un reale potere.

Quando lo zar decide di assumere il comando dell’esercito a partire dal 1915, egli delega le cariche di governo all’imperatrice, vale a dire a Rasputin. “Ho l’impero in queste mie mani” proclama il personaggio davanti alle sue ammiratrici ed il suo seguito, battendo il tavolo con il pugno. L’imperatrice ripone in Rasputin una tale fiducia tanto da ascoltare in tutto. Non è forse l’uomo l’amico e l’inviato di Dio ? Egli, in tale contesto, impone le sue scelte per la promozione dei generali e la designazione dei ministri, secondo come solo criterio la sua sola soddisfazione, che l’orienta il più delle volte verso furfanti ed incapaci.

Le lettere della zarina Alessandra a suo marito dimostrano che Rasputin interviene nella nomina di un ministro come anche nelle decisioni strategiche. Si può ben immaginare le inquietudini e l’indignazione che serpeggia nell’Alto Comando dell’Esercito, a conoscenza di tali interventi e si può quindi comprendere meglio perché, nel febbraio-marzo 1917, i generali siano stati i primi ad esigere l’abdicazione di Nicola II.

 

Sommossa di S. Pietroburgo ed abdicazione di Nicola II

Agli inizi del 1917, tutti complottano in Russia. I monarchici liberali pensano di salvare il trono richiedendo una Costituzione, i repubblicani ed i socialisti desiderano una rivoluzione e questa si verificherà, per caso, a S. Pietroburgo nel febbraio (marzo) del 1917. A seguito di una minaccia di carestia, alcune ribellioni degenerano. La truppa si rifiuta di sparare, si ammutina, passa dalla parte dei ribelli, massacrando gli ufficiali che vogliono interporsi.

Il 28 febbraio (13 marzo), le truppe sfilano al centro di Petrograd dietro le bandiere rosse. In testa marciano i Cosacchi della scorta, l’elite della Guardia Imperiale … Ufficiali e soldati protestano la loro fedeltà al nuovo potere incarnato dalla Duma, come se lo zar fosse stato cancellato dalla loro memoria e dai loro giuramenti prestati.

La stessa mattina, al Quartier Generale di Mohilev, al fronte, il generale Michail Vasilievic Alekseiev (1857-1918), capo di stato maggiore generale, ha ricevuto un telegramma da Michail Vladimirovic Rodzyansko (1859-1924), Presidente della Duma: “Il solo mezzo per evitare l’anarchia è di ottenere l’abdicazione dell’imperatore !.

Alexeiev non è sorpreso dai fatti e pensa che l’autocrazia è ormai condannata. Il mercoledì 1° marzo (14 marzo), egli fa deviare il treno speciale di Nicola 2° verso Pskov, Quartier Generale del fronte nord ed è proprio in questa località che i capi militari pensano di Costringere lo zar alla “resa”. Il generale Nikolaj Vladimirovic Russki, comandante del fronte nord, consegna allo zar un messaggio dei 5 comandanti in capo (fra cui il suo), esigendo la sua abdicazione. Dopo un lungo silenzio, l’imperatore dichiara con voce ferma: “Mi sono deciso. Rinuncio al trono in favore di mio figlio”. Sono le 3 del pomeriggio (4) e l’abdicazione è appena un artifizio, in quanto il potere effettivo, per quanto incerto, verrà assunto da un governo provvisorio.

 

Il grande caos del 1917

La Rivoluzione di febbraio è stata accolta con favore dagli Alleati come anche dai loro nemici. I primi si attendevano dei miracoli da un governo provvisorio ispirato ai grandi principi del 1789. Il corso del rublo e dei valori russi cresce alla Borsa di Parigi. Il banchiere di New York, Jacob Henry Schiff (1847-1920) telegrafa a Pavel Nikolaevic Miliukov (1858-1943), nuovo ministro degli Esteri: “Permettetemi, in qualità di nemico irriducibile dell’autocrazia tirannica che ha perseguitato senza pietà i miei correligionari, di felicitare, tramite voi, il popolo russo”.

Negli USA – ricorda Eric Laurent (5) – la spinta rivoluzionaria viene accolta con entusiasmo da Wall Street, i cui due pilastri sono i fratelli di Max Moritz Warburg (1867-1946), Paul (1868-1932) e Felix (1871-1937). Immigrati nel 1902 negli USA essi controllano la “Banca Kuhn e Loeb and Co”, prima banca mondiale dell’epoca. Dal 1916 la Banca Kuhn & Loeb (Abraham Kuhn (1819-1892), Salomon Loeb (1828-1903) e uno dei suoi principali associati Jacob Schiffer, trasferiscono del denaro al movimento bolscevico attraverso una rete di istituzioni quali la Banca petro-indutriale di Germania, la Disconto Geselschaft o ancora la DEN Norske Handelbank di Oslo”.

L’alto comando tedesco presagisce una rapida anarchia ed un vicino tracollo dell’esercito russo e la possibilità di rovesciare la situazione in suo favore. Per accelerare questa evenienza, egli consente l’invio in Russia di un gruppo di rivoluzionari rifugiati in Svizzera. Questo sarà appunto il celebre episodio  del “treno piombato” (in realtà non era piombato, ma i suoi ospiti erano solamente interdetti di scendere a terra durante il tragitto in territorio tedesco), grazie al quale Lenin potrà intervenire a Petrograd a partire dall’aprile 1917.

 

Dalla rivoluzione di febbraio al colpo di mano dell’ottobre 1917

Senza intervenire, il governo provvisorio ha lasciato costituirsi una dualità di potere, accordando delle prerogative politiche al Soviet di San Pietroburgo, il primo all’opera, che riunisce dei delegati dei soviet degli operai e dei soldati, eletti nelle fabbriche e nei reggimenti. Il suo esempio e le sue parole d’ordine vengono riprese da tutto l’esercito ed in tutto il paese, ma egli sarà in breve dominato dalla frazione bolscevica.

Per due volte, nel maggio e nel luglio 1917, il socialista Aleksandr Feodorovic Kerensky (1881-1970), Presidente del governo provvisorio, avrà la possibilità di schiacciare il Soviet che non nasconde la sua intenzione di rovesciarlo. Vi rinuncerà, per effetto della sua diffidenza viscerale nei confronti degli ufficiali dell’ex esercito zarista. Egli teme più la reazione conservatrice che il Soviet. Il corpo degli ufficiali, sebbene completamente allontanato dalla monarchia, rimane ai suoi occhi una minaccia costante di restaurazione dello zarismo.

La conquista del potere da parte dei bolscevichi – quella che viene chiamata “Rivoluzione d’Ottobre” (novembre per il calendario gregoriano) – è stata un seguito di eventi importanti per gli effetti delle loro conseguenze, ma piuttosto modesti nel loro svolgimento.

Nella notte fra il 7 e l’8 novembre (dal 24 al 25 ottobre (6)), mentre le Guardie Rosse, comandate dall’ex aspirante e rivoluzionario Vladimir Alksandrovic Antonov-Ovseenko (1883-1938) si mettono in marcia verso il Palazzo d’Inverno, la folla si accalca per assistere alo spettacolo. I cittadini, che si sono addormentati nell’incertezza dell’indomani, si svegliano in una città tranquilla che ha cambiato “padrone”.

Il 9 novembre (26 ottobre), prima di sciogliersi, il Congresso dei Soviet prende a suo carico la presa di potere, effettuata a suo nome e designa un Consiglio di Commissari del Popolo (Sovnarkom), la cui composizione era stata preparata dai Bolscevichi. Lev Trotski (1879-1940) riceve il Ministero degli Esteri. Il Ministero della Guerra e della Marina viene affidato ad una troika bolscevica, Nessuno poteva lontanamente immaginare che i Bolscevichi sarebbero rimasti al potere e vi rimarranno per 60 lunghi anni.

 

NOTE

 

(1) vedasi Venner Dominique: “I Rossi ed i Bianchi”, 2^ Edizione Le Rocher, 2007;

(2) Simbirsk, diventata un santuario bolscevico, viene ribattezzata “Ulianovsk”, dopo che le nuove autorità hanno fatto radere al suolo le chiese, i monasteri, il cimitero ed anche la cattedrale, eretta in ricordo dei soldati caduti durante la campagna contro Napoleone del 1812;

(3) Per la vita di Lenin vedasi: Volkogonov Dimitri, “Il vero Lenin”, Robert Laffont, Parigi 1995. L’autore ha beneficiato dell’apertura degli archivi sovietici dopo il 1991. Ha potuto stabilire con precisione la genealogia di Lenin, fino a quel momento segreto di stato;

(4) Un anno più tardi, il generale Michail Vasilievic Alekseiev, ormai comandante di sé stesso e rifugiato nel territorio del Don, lancerà un appello per la costituzione di un esercito di volontari contro il potere bolscevico, atto di nascita dei futuri eserciti bianchi;

(5) Laurent Eric, “La corda per impiccarli”, Fayard, Parigi, 1985;

(6) Le date sono quelle dell’attuale calendario gregoriano. In parentesi figura la corrispondenza con il calendario giuliano in vigore in Russia all’epoca. Esso risulta in ritardo di 13 giorni sul calendario gregoriano, che sarà adottato dalla Russia dei Soviet a partire dal 31 gennaio 1918.