SEZIONE DI CASTELLAMONTE (TORINO) ANNUARIO

  

2.1.1. Torino Castellamonte

    DISPONIBILE

 

 

La pubblicazione di questo opuscolo chiude il ciclo delle indagini avviate attorno al 1961-62 per rintracciare i cittadini castellamontesi ai quali, dal lontano Risorgimento al periodo della guerra partigiana, furono attribuite insegne per il valore dimostrato in guerra e per atti di abnegazione nella vita civile.

Durante questi ultimi anni, per merito dei solerti dirigenti la sezione del Nastro Azzurro (e, soprattutto, del compianto Col. Gatti) si è continuato a indagare e furono scoperti decorati, i cui nomi erano rimasti nell’ombra; con questa lunga operazione di «recupero» vi è motivo di credere che la ricerca sia conclusa, anche se non è da escludere che la pubblicazione di questo opuscolo svegli dal sonno alcuni che durante tutto questo tempo hanno dormito.

Sulla scorta delle nuove scoperte furono necessari alcuni ritocchi al medagliere, di qui lo stendardo nella veste odierna e di qui la pubblicazione che potremmo chiamare un «pro memoria», per quelli che son vivi e per quelli che verranno; esso dà un nome e un perchè a ogni decorazione che il medagliere ospita. Il lettore – ci sia consentito di rilevarlo – si renderà conto che si tratta di una iniziativa di non poco peso, che ha richiesto alquanta pazienza e alquanto tempo.

Ritengo opportuno illustrare il criterio a cui mi sono ispirato nella «costruzione» del medagliere: accogliere i nomi dei nativi (e sono la maggioranza); di coloro che quando sono partiti per la guerra erano cittadini castellamontesi e che a Castellamonte sarebbero ritornati se la fortuna li avesse assistiti: è il caso della medaglia d’oro tenente Brezzi (la cui attività industriale si svolgeva accanto a quella del padre Senatore, già alto dirigente della Cogne ad Aosta che a Castellamonte aveva dato l’avvio all’ADAMAS), ed altresì il caso della Medaglia d’oro sergente maggiore Piccoli, che si era accasato a Castellamonte, frazione S. Antonio, dove la moglie e la figlia vivono tuttora; di coloro che sono legati da stretta parentela alla nostra città, come la medaglia d’oro Furio Niclot Doglio, figlio della castellamontese Amalia Perino e come il comandante Corradina Corradini che sposò  la concittadina Marta Elisa Giraudo.

Per ogni decorazione abbiamo rintracciato la motivazione; dove questo requisito è venuto meno non abbiamo accolto le istanze che ci segnalavano supposte benemerenze. Così furono inclusi nell’albo d’onore solo i decorati della croce di guerra al «valore», non quelli decorati al «merito».

Si deve avvertire che ogni nostra valutazione ha carattere obiettivo ed esula da qualsiasi considerazione politica.

Il medagliere venne inaugurato solennemente il 24 giugno 1962 dal Ministro Falchi. Quel giorno lo stendardo presentava 81 contrassegno al valore; ben presto, riprese le ricerche, furono rintracciati i protagonisti di altre imprese eroiche, rimasti fino allora nell’oblio. Non si è smesso di cercare, consultare archivi, interrogare i più anziani, sfogliare giornali e libri (fra cui il capitolo dedicato dal Bertolotti, nelle sue «Passeggiate in Canavese», a Castellamonte), interrogare lapidi cimiteriali (quella del Capitano De Stefanis, l’unico castellamontese partecipante alla spedizione dei Mille) e lapidi celebrative (quella murata nella piazzetta del palazzo Comunale, già dei Conti Botton).

Ogni soggetto e ogni impresa, prima di essere accreditati, furono controllati presso l’Archivio storico del Ministero della Difesa a Roma e presso l’Archivio dell’Associazione del Nastro Azzurro a Torino.

Così il medagliere è passato dalle 81 decorazioni del 1962 alle attuali 124 (comprese tre medaglie al valor civile); durante l’arco di dodici anni si sono rintracciate dunque altre 43 decorazioni.

Qualcuno si domanderà: A che serve tutto ciò? Risponderò con un aneddoto. Allorché fu presentata istanza per ottenere il conferimento a Castellamonte del titolo di «città», la Prefettura incaricò il Comando dei carabinieri d’Ivrea di fare indagini e di accertarsi dei titoli che potevano suffragare la nostra richiesta.

Si tenne conto della viabilità, del suo sviluppo chilometrico e delle relative condizioni (strade asfaltate), del settore scolastico (l’Istituto Felice Faccio e la prospettiva dell’apertura di una scuola a carattere industriale d’intesa con la Olivetti furono due buone carte), dell’attività culturale (Biblioteca Teresio Rovere e Casa della   musica unica in Canavese); non furono trascurate la Casa di Riposo D. Romana, l’Ospedale (che andava via via affermandosi richiamando a Castellamonte malati di tutto il Canavese) l’ambulatorio medico, la progressiva espansione della rete delle fognature, l’illuminazione, gli impianti per l’acqua potabile, il campo sportivo, la presenza della caserma dei carabinieri (grosso sacrificio del Comune per trattenere l’Arma fra le nostre mura, poichè era in procinto di… emigrare), l’attività industriale, la Mostra della Ceramica.

L’esito delle indagini fu: nè sì nè no. Il Capitano dei Carabinieri Comandante la compagnia, venuto due volte da Ivrea era alquanto impacciato nel dichiarare al sindaco, che avevamo buoni titoli, ma non eccezionali, comuni ad altre località e che pertanto era perplesso sulla opportunità di dichiarare Castellamonte degna di fregiarsi del titolo di «città».

Allora il sindaco lasciò il suo ufficio, l’accompagnò il Capitano nella sala del Consiglio Comunale, dove è custodito il medagliere, aprì la vetrina e, presentando il drappo azzurro costellato di decorazioni, disse: Io sono il sindaco anche di questi morti; il sangue sparso da tante giovani vite, i loro sacrifici non contano nulla? Dopo avere servito la Patria ed essersi immolati per essa, dobbiamo ritenere che hanno pagato sì alto prezzo, per niente? Sulle lapidi si legge: «eterna riconoscenza agli eroi». Di quale riconoscenza si ciancia? Il tono era vibrato ed accorato a un tempo.

Il Capitano interruppe il primo cittadino: Sta bene. Il mio parere è favorevole. Così con decreto del Presidente della Repubblica, on. Segni, con la data del 27 ottobre 1962, Castellamonte divenne città.

La risposta alla domanda «a che serve tutto ciò», l’ho data. Non è ritenuta esauriente? Allora aggiungerò che per molte famiglie castellamontesi, sarà motivo di giusto orgoglio potere, sfogliando il fascicolo, sottolineare un nome e una impresa, dichiarare ai figli e ai nipoti e ai figli che ancora verranno: Questo soldato è della nostra famiglia.

Non dicono nulla ai giovani, ad esempio, le motivazioni delle medaglie d’oro conferite a due giovanissimi combattenti: Adriano Ghione e Pasquale Educ? È in virtù del loro sacrificio che l’Italia ha riconquistato il dono preziosissimo della libertà, per dirla con padre Dante, «ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta».

Se tutto questo non è apprezzato, allora veramente medaglie e medagliere e il fascicolo sono inutili; ma se qualcuno vorrà riflettere alcun poco sulle vicende e sugli uomini che il fascicolo illustra, converrà che medaglie, medagliere e queste pagine sono frutto di una fatica non vana, perchè sono autentici documenti storici, testimonianze di imprese che onorano la nostra gente.

Più il tempo passerà e più queste pagine diventeranno preziose. I nipoti potranno dire: Il nonno, il bisnonno, il trisavolo furono con Carlo Alberto a Novara, con Vittorio Emanuele II a San Martino, con Garibaldi in Sicilia; con Cadorna sul Carso, con Diaz sul Grappa e sul Piave, in Libia e in Etiopia, in Russia e in Montenegro, sulle nostre colline e nelle nostre valli – i partigiani – per dare all’Italia la dignità di Nazione, al popolo la dignità di una cittadinanza europea che il nostro primo decorato – Giuseppe Cima, battaglia di Novara del 1849 – certo non sognava …

Il cammino è stato lungo e faticoso; il medagliere è una prova di quanto hanno saputo compiere in meno di un secolo – dal 1849 al 1945 – le generazioni che si sono succedute all’ombra del nostro maestoso campanile.

Oggi è pace: esce dal cuore l’augurio schietto che il medagliere resti monumento del passato e non abbia futuro.

 

 

CARLO TRABUCCO