Massimo Coltrinari. Il processo di Tokyo 1946

  

 

Il processo di Tokyo rappresenta un naturale controaltare al processo di Norimberga. Il 3 maggio 1946, si insedia  a Tokyo il Tribunale Militare per l’Estremo oriente. Undici sono le nazioni partecipanti ciascuna con un proprio rappresentante: Gran Bretagna, Stati Uniti, Australia, Unione Sovietica, Cina, Francia Canada, Paesi bassi, Nuova Zelanda, India e Filippine.

I capi di accusa per il processo sono uguali a quelli di Norimberga: crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ma il profilo operativo del processo ha delle precise connotazioni. Il Tribunale Militare  giudicherà solo gli individui responsabili di crimini contro la pace. Lascerà alle nazioni i cui territori sono stati invasi dal Giappone la possibilità di giudicare, ed eventualmente condannare, individui accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Sotto accusa è la politica aggressiva ed imperialistica del Giappone dal 1931 al 1945 e per questo sono incarcerati e tradotti nella prigione di Sagomo  a Tokyo oltre 250 persone. Tra queste sono individuate i 28 imputati che si dovranno presentare e rispondere al Tribunale Internazionale.  Sono per lo più militari e diplomatici. Tutti hanno avuto un ruolo primario nella politica giapponese. Oltre a Hirota Koki, Tojo Hideki, il principe Konoe Fuminaro, che si suiciderà prima dell’inizio del processo, , nella lista degli impatati figura Okawa Shumei, che viene considerato uno dei massi responsabili, come ideologo, indiretti delle violenze della guerra di agrressione giapponese.

In cima alla lista ci dovrebbe essere l’imperatore Hiro Hito: la formula di questa assenza è individuta nel fatto che teoricamente era un monarca costituzionale e quindi “irresponsable” nelle decisioni prese dal governo; in realtà il non mettere sotto accusa l’imperatore deriva da un preciso accordo tra Alleati e Giappone al momento della resa. Sarebbe stata un onta, quasi un aprire il vaso di pandora in termini di ribellione e resistenza da parte del popolo giapponese se avesse assistito al processo di un Imperatore che era considerato quasi un semidio.. Capofila degli imputati rimase il generale Tojo Hideki, che dal 1941 al 1944 fu uno dei maggiori artefici della conduzione della guerra del Giappone.

 

Il Tribunale Internazionale fu presieduto dal giudice Willian Webb, di formazione anglosassone, ma australiano di nazionalità. Gli altri giudici sono i rappresentanti dei Paesi che hanno subito le violenze giapponesi.

 

La difesa degli impuati è basata, nella sostanza, nel fatto che le decisioni erano prese in seno al Governo, in modo collegiale, e che nessuno di loro avrebbe potuto opporre una qualsiasi resistenza alle decisioni del governo stesso. E’ una difesa che in pratica riverbera quella degli imputati di Norimberga ( gli ordini dovevano essere eseguiti).

Il dibatto è seguito con molta enfasi dalla stampa internazionale, soprattutto da parte di quella statunitense; a tratti il processo pare una vera a propria sottolineatura del ruolo dei vincitori.

I testimoni ascoltati sono 419, mentre vengono raccolte oltre 800 deposizioni. I documenti acquisiti agli atti sono circa 4300, mentr eil processo verbale consta di circa 48.000 pagine.  Le udienze terminano il 16 aprile 1948, le sentenze vengono emesse il 12 novembre dello stesso anno, in un mondo che ormai ha capito che la guerra conclusa anni prima non ha risolto praticamente nulla e nuovi venti di guerra si profilano all’orizzonte.  Tutti gli accusati, ad eccezione di due, sono considerati colpevoli. 7 vengono condannati alla pena di morte, mentre i rimanenti all’ergastolo. La sentenza finale è raccolta in un volume di 1218 pagine.

 

Non vi è spazio per approfondire l’azione parallela e seguente alla attività del Tribunale Internazionale di Tokyo.  Nei territori occupati dal Giappone gli individui accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità perseguiti dalla Giustizia nazionale del paese invaso, saranno 5700, di cui 920 saranno condannati, con sentenza eseguita, a morte.

In generale, suddivisi in Criminali di categoria A, B,C, saranno oltre 200.000 glaccusati che verranno sottoposti a provvedimenti di vario genere, in una gamma che va dalla pena capitale alla epurazione dai pubblichi impieghi.

 

Il valore del processo di Tokyio, come quello di Norimberga sta nel fatto, più volte sottolineato che  un Governo o un vertice politico può essere chiamato a rispondere delle sue azioni. Questo ha avuto un significato rilevante in Europa, ma ancor più in Giappone, ove i governanti quasi erano sfiorati dalla concezione religiosa in cui si ammantava l’imperatore.

 

Il processo di Norimberga ed il processo di Tokyo, come ebbe a dichiare il capo degli accusatori a Norimberga Robert Jackson , avevano l’aspirazione di “apparire ai postei come l’adempimento dell’aspirazione una man alla giustizia”. In parte questa aspirazione è andata delusa, in virtù della violazione dei principi della irretroattività della legge penale e della giustizia uguale per tutti . Altro aspetto controverso il fatto che sia a Norimberga che a Tokyo fu sollevata dalla difesa la questione della giustizia dei vincitori sui vinti. E’ facile constatare che nessun processo per crimini di guerra e contro l’umanità fu intentato a carico degli Alleati.

 

Ma i processi di Norimberga e di Tokyo, pur nelle loro limitazioni giuridiche  e limitazioni certamente censurabili, sono processi che, forse, erano il meglio che la Comunità Internazionale in quel momento storico potesse esprimere hanno però una loro valenza ed hanno lasciato una eredità degna di Nota.

Due i punti fondamentali di questa eredità: l’ordine superiore non libera nessuno dalla propria responsabilità penale; la legittimazione della giurisdizione penale universale.

Dai processi di Norimberga e Tokyo si potevano, però, trarre ammaestramenti che sono stati ignorati nei decenni successivi: il fattore tempo ed il fattore luogo . Norimberga durò meno di un anno,  Tokyo poco più di due anni. I processi si svolsero lì dove aveva un significato: a Norimberga furono emanate nel 1935 le leggi sul sangue e sull’onore tedesco, simbolo del potere e del programma nazista.

 

Processi che hanno aiutato a superare “il passato che non passa” in Germania e in Giappone, che hanno inciso nella coscienza storica di una Nazione e che hanno evidenziato  la necessità di riflettere su certe ideologie e soprattutto che si pongono come una barriera al rifiorire di simili ideologie e quindi di rivivere le violenze che hanno prodotto.  Processi utili alla Nazione. Al contrario dell’Italia, in cui la cosiddetta” mancata Norimberga italiana” ha generato revisionismi, negazionismi e rifioriture  di tutte le risme, come se i disastri le violenze i lutti e il loro corollario che hanno marchiato due generazioni  fosse passato inutilmente.