LAMBERTO FRUTTINI E MARIO SBRILLI – M.O.V.M. DI LUGLIO

  

FRUTTINI LAMBERTO

Capitano s.p.e. A.A.r.n., pilota

Studente del terzo anno d’istituto tecnico, lasciò i banchi della scuola per partecipare alla guerra contro l’Austria, arruolato nel 6° reggimento artiglieria da fortezza. Passato al Deposito aviatori in Torino ottenne il brevetto di pilota nel giugno 1918 nella 71ª squadriglia caccia. Quindi nell’agosto 1919 fu in Albania con 1’85ª squadriglia. Par­tecipò all’impresa di Fiume e venne congedato nel febbraio 1921. Riassunto in ser­vizio nel febbraio 1923 col grado di sergente pilota passò al 13° stormo da bombarda­mento. Dopo aver frequentato il corso integrativo nell’Accademia Aeronautica ottenne nel febbraio 1927 la nomina a sottotenente in s.p.e. nell’Arma Aeronautica nello stesso 13° stormo e la promozione a tenente alcuni mesi dopo. Nel settembre 1933 fu trasferito al­l’aviazione della Tripolitania e, promosso capitano fu mobilitato per le operazioni in A.O. (1935-36). Inviato in missione speciale oltremare il 30 settembre 1937. Nel combattimento del 25 luglio 1938, si sacrificava con lui il maresciallo Moro, che ricevuto l’ordine di lanciarsi col paracadute dall’apparecchio colpito in pieno da una granata, rinunciava alla sicura salvezza per restare al fianco del proprio co­mandante.

“Volontario in missione di guerra per l’affermazione degli ideali fascisti, comandante di squadriglia da bombardamento dell’aviazione legionaria, era costante esempio di ardimento e perizia, conducendo a termine le sue rischiose missioni, anche con l’aereo colpito dal fuoco nemico. Nell’azione di martellamento dei ponti sull’Ebro, ab­bassatosi a poche centinaia di metri per essere più preciso nel tiro, aveva l’apparecchio colpito in pieno da una granala che uccideva il motorista e devastava l’apparecchio, compromettendone gravemente la stabilità. Ordinato ai camerati di lanciarsi successivamente col paracadute, rimaneva al suo posto di comando. Nel generoso tentativo di riportare l’apparecchio entro le linee nazionali, immolava gloriosamente la sua giovinezza per la grandezza della Patria Fascista” Cielo di Spagna, dicembre 1931 25 luglio 1938.

 

SBRILLI MARIO

Partigiano combattente

Studente del quinto anno nella facoltà di medicina e chirurgia nell’Uni­versità di Firenze, fu chiamato alle armi nel febbraio 1943. Assegnato alla 7ª compagnia di sanità a Firenze, pochi mesi dopo, il 9 maggio, fu collocato in con­gedo provvisorio. Dopo l’armistizio dell’8 sett., abbandonò nuovamente gli studi per la lotta clandestina di resistenza. Aggregatosi alla formazione parti­giana “Pio Borri”, operante sull’Alpe di Catenaia in Toscana, ne divenne il capo del servizio sanitario col grado di tenente. L’Università di Firenze gli con­ferì, dopo la morte, la laurea “ad honorem”.

“Giovane partigiano già provato per fede e per dedizione alla Causa e segnalato per assistenza medica coraggiosamente prodigata nelle più difficili circostanze ai compagni feriti, accorreva di iniziativa là dove una delle formazioni affidate alle sue cure trovavasi gravemente impegnata da superiori forze tedesche. Chiusosi il cerchio intorno a pochi valorosi cadeva in mani nemiche insieme a numerosi feriti. Ri­conosciuto per medico nell’esercizio delle sue funzioni veniva lasciato in libertà mentre i tedeschi si apprestavano a trucidare i feriti. Gene­rosamente egli offriva allora la sua vita in cambio di quella dei parti­giani e, allo scopo di persuadere i carnefici, si dichiarava comandante responsabile. Non gli veniva dato ascolto ed i barbari cominciarono a gettare i prigionieri ancora vivi in una fossa. Animato da nobile sde­gno Mario Sbrilli si lanciava sugli ufficiali schiaffeggiandoli e percuo­tendoli con disperata energia sino a che una scarica lo gettava esanime sopra i suoi compagni generosamente difesi. Nobile esempio di abne­gazione e monito a quei soldati che con la ferocia disonorarono la divisa” – S. Polo di Arezzo, 14 luglio 1944.