TRENT’ANNI FA COL “PIUMETTO IN LIBANO” – 1^ PARTE

  

Da “IL NASTRO AZZURRO” n° 4-2012

Il prossimo mese di agosto ricorrerà il trentennale della Missione “Libano 1” che ha visto protagonista il 2° Battaglione Bersaglieri “Governolo” in veste di “Contingente Italiano in Libano”. Dalla fine della seconda guerra mondiale è la prima volta che l’Italia decide di intervenire fuori dai confini nazionali in armi, in una “Missione di Sostegno alla Pace”.

La decisione di intervenire in Libano è maturata con la crescente presa di coscienza da parte del governo italiano, in carica alla fine degli anni ’70, circa la necessità che l’Italia si dotasse di una politica di difesa propria, nel quadro di una politica estera che fosse all’altezza di una Nazione che, all’epoca, occupava il quinto posto fra le Potenze mondiali. Politica estera quindi più attenta ed incisiva sulle tematiche riguardanti la sicurezza e la pace internazionale, rispetto a quella fino allora seguita. Ed è da quel momento che la nostra politica estera e di difesa pone maggior attenzione all’importanza che l’area mediterranea ha per l’Italia, non solo per gli interessi nazionali ma soprattutto per la propria sicurezza. Ed è proprio per questa accresciuta sensibilità sull’argomento che negli anni ’80 il Ministro della Difesa Lelio Lagorio formula, per la prima volta nella storia repubblicana, chiari indirizzi di politica militare.

Indirizzi, fra quali, viene evidenziato che “…gli interessi de/le singole Nazioni (che fanno porte dell’Alleanza) e gli interessi dell’Alleanza nel suo insieme risultano oggi esposti anche al di là del territorio coperto dal patto militare-difensivo. Fuori da questa zona di competenza, possono profilarsi emergenze che coinvolgono questo o quel Paese dell’Alleanza; ma in questo caso non operano i meccanismi dell’intesa militare possono, tutt’al più, volere le relazioni di amicizia politica che nel trentennio si sono costituite e consolidate fra i Paesi firmatari dell’Alleanza”Ed inoltre: “Il nostro Paese, per la sua collocazione geografica e per le sue dimensioni socio-economiche, sta acquistando sempre più tangibile credibilità ed influenza nella sfera politico-militare della scena internazionale e, per tale motivo, può svolgere un ruolo sempre più significativo e responsabile nello sviluppo delle iniziative per il mantenimento dello sicurezza e della Pace”.

Il Ministero della Difesa è quindi intenzionato a dare il massimo contributo perché il nostro Parse acquisisca e sviluppi un ruolo catalizzante degli interessi regionali per contribuire con gli altri Paesi mediterranei alla realizzazione di un più stabile equilibrio nell’area al fine di una garantita sicurezza comune. Questi indirizzi, è il caso di sottolineare, mantengono la loro validità e sono ancor oggi di grande attualità perché hanno

  • individuato nel Mediterraneo un’area di elevato rischio per gli interessi nazionali dei singoli Stati del bacino e non solo di quelli appartenenti alla NATO;
  • evidenziano che eventuali interventi non potranno legittimamente coinvolgere tutta l’Alleanza in quanto tale;
  • sottolineano il ruolo internazionale in atto e potenziale dell’Italia attribuendo nuovi contenuti al concetto di “difesa nazionale” e delineando per l’Italia uno scenario politico-militare non più strettamente legato all’Alleanza Atlantica.

Ed è proprio a seguito di tali cambiamenti della nostra politica internazionale e di difesa che il partecipare ad “Operazioni di Sostegno della Pace” non ha più, soltanto valore in quanto contributo alla stabilità internazionale ma, anche e soprattutto, rappresenta strumento per la salvaguardia degli interessi nazionali. In questo quadro di riferimento troverà piena giustificazione l’impiego delle Forze Armate repubblicane in una operazione oltremare, quella in Libano. E questo onere, ma anche grande onore, spetta ai “Figli di La Marmora”.

A determinarne l’intervento è la tragica guerra civile che sta flagellando il Libano e che dal 1975 ha già provocato 60.0000 vittime. A fronteggiarsi sono da un lato le milizie cristiane composte soprattutto dai Maroniti guidati da Amin Gemayel, dall’altro una coalizione di palestinesi, libanesi sunniti, e libanesi sciiti (Amal e Drusi). Nel 1976 la guerra volge a favore dei cristiani maroniti e dei loro alleati e ciò induce la Lega Araba, dopo l’accordo di Riad, ad autorizzare l’intervento dei “Caschi Verdi” della Forza Araba di Dissuasione (ADF) nominalmente composta da vari Stati arabi ma di fatto egemonizzata dalla Siria. L’ADF, forte di tre Brigate siriane (85^ Brigade, Hittin Brigade e Quaddisiyyam Brigade) entra in Libano con il compito ufficiale di interporsi fra gli opposti schieramenti per porre fine alla guerra civile. Si schiera invece subito con la fazione musulmana ed impone la “Pax Siriana” che favorisce le continue incursioni di miliziani palestinesi oltre i confini israeliani per colpire i villaggi dell’Alta Galilea. Situazione di estrema delicatezza per la sicurezza di Israele che, per proteggere i propri territori e eliminare una volta per tutte I’OLP di Arafat, il 6 giugno dell’82 dà il via all’Operazione “Pace in Galilea”. Le forze israeliane, dopo una travolgente avanzata durata 5 giorni, penetrano in Beirut dove si arrestano asserragliando nella parte Ovest della città più di 10.000 armati fra palestinesi dell’O.L.P. (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) di Yasser Arafat, del P.L.A. (Armata Liberazione della Palestina), e circa 3000 soldati siriani dell’A.D.F., sui quali incombe ora il pericolo di annientamento da parte dell’Esercito ebraico. L’assedio dura già da più di un mese e sempre più si teme possibile ed altamente probabile l’attuazione della “soluzione finale” dell’OLP di Arafat da tempo pianificata dall’Esercito israeliano. La diplomazia internazionale si mobilita per scongiurare tale evento che, in piena “Guerra Fredda”, potrebbe originare l’intervento diretto delle due Super Potenze con il rischio dell’allargamento del confitto a tutta l’area Mediterranea. La Flotta Sovietica è già presente nel Mediterraneo grazie alla disponibilità del porto siriano di Tartous, da qualche anno concessole dal Presidente Hafiz al Assad, così come è già nota la presenza di osservatori” dell’Armata Rossa schierati lungo la frontiera siro-libanese.

Fallito il tentativo di inviare una forza dell’ONU per il veto posto dal Consiglio di Sicurezza, nel luglio del 1982 il Governo libanese, in accordo con le parti in lotta, chiede al governo italiano, francese ed americano di inviare a Beirut propri Contingenti militari con lo specifico compito di:

  • interporsi fra gli schieramenti in lotta;
  • liberare le forze asserragliate a Beirut e portarle in salvo in Siria;
  • proteggere l’incolumità degli abitanti della città da eventuali “rese dei conti”;
  • favorire il ripristino della sovranità del legittimo Governo libanese in quella parte del territorio da anni sottratto alla sua autorità.

Compiti, questi, della cui positiva conclusione dubitano seriamente gli osservatori intenzionali, specie considerando che i Parà della Legione francese ed i Marines USA, invisi alla popolazione musulmana, potrebbero trovarsi ad operare proprio nella parte della Capitale dove la popolazione, quella sciita, è a loro più ostile. Responsabile dell’intera operazione di pacificazione è il “Comitato Politico Militare del Libano”. Tale “Comitato” è presieduto dall’Ambasciatore itinerante USA Philip Habib (diplomatico americano figlio di libanesi) e formato dagli Ambasciatori delle Nazioni che forniscono i Contingenti e dai Comandanti degli stessi. Motivo per il quale il Comandante del “Governolo” raggiunge Beirut una settimana prima dell’arrivo della sua Unità.

Considerate le citate difficoltà, il “Comitato” decide di assegnare il compito più arduo al Contingente italiano. I Marines USA rimarranno quindi nel porto di Beirut per fornire sicurezza allo scalo marittimo da dove, scortati dalle navi della VI Flotta partiranno i Fedayyn di Arafat; i Parà francesi presidieranno la parte centrale della Capitale, i Bersaglieri provvederanno a portare in salvo in Siria, i militari siriani ed i miliziani del PLA.

Il compito è decisamente il più delicato e dall’esito più incerto dell’intera Missione della “Forza Multi Nazionale”, non solo per la complessità delle operazioni da compiere ma anche per l’imprevedibile atteggiamento che potrebbe assumere l’Esercito Libanese nel riprendere il controllo del territorio e soprattutto per il pericolo di possibili azioni di disturbo da parte di qualche cane sciolto, contrario alla normalizzazione della crisi. E come se ciò già non bastasse, le forze del “Governolo” sono giocoforza frazionate per soddisfare contemporaneamente a tre esigenze operative: difesa della sede del Comando e della base logistica; presidio della fascia smilitarizzata e protezione delle colonne dirette in Siria. Il “Mandato” (permanenza della FMN in Libano concordata con le Autorità locali) è di un mese ma, secondo la pianificazione del Comitato Militare, la fase di sgombero possibilmente non deve superare i 17 giorni. E questo è un problema tutto “cremisi”.

Per far fronte a tali esigenze il Contingente Governolo oltre agli effettivi del “Secondo” inquadra anche:

  • una Compagnia del 6° “Palestro”;
  • un Plotone di Carabinieri;
  • un Plotone del Genio Pionieri rinforzato con macchine da movimentazione terra;
  • un’Officina media.

Il Contingente è rinforzato da un adeguato supporto delle trasmissioni e della Sanità e dispone di un’autonomia logistica di 45 giornate. Complessivamente inquadra 518 uomini, fra Ufficiali, Sottufficiali e Militari di truppa, conta più di 100 automezzi, fra cingolati e mezzi pesanti di vario tipo e, per il trasporto dall’Italia, utilizza quattro navi della Marina Militare, una della Marina mercantile e 6 velivoli C-130 della 46^ Aerobrigata.

Alle 10.30 del 26 agosto 1982, a due ore e mezza dallo sbarco, la Compagnia Bersaglieri del Ten. Riccardo Marchiò (oggi Generale di Divisione, Vice Comandante dell”‘Allied Rapid Reaction Corps” – ARRC – della NATO):

  • raggiunge il bivio di Hazmiye, punto origine della strada per Damasco;
  • si interpone fra le forze nemiche a contatto lungo la “linea verde”;
  • rileva dai palestinesi le postazioni e gli appostamenti che da mesi occupano a cavallo dell’asse stradale di “Galerie de Semaan” che collega la parte Ovest della Capitale al bivio di Hazmiye;
  • costituisce i Check Point nei punti di obbligato passaggio.

Il Contingente agisce nel rispetto dei principi contenuti nella “Carta delle Nazioni Unite” il cui art. 28 vieta agli Stati membri di ricorrere alla forza militare nelle loro reciproche relazioni. Le “Regole di Ingaggio” escludono qualsiasi coinvolgimento della Forza Multinazionale nel conflitto interno. In tale ottica il Contingente o il singolo soldato può ricorrere all’uso della forza solo come estrema risorsa, e comunque solo per autodifesa.

I bersaglieri completano la fascia smilitarizzata profonda un chilometro e larga circa 400 metri, necessaria per consentire, nei giorni successivi, la formazione, il controllo e la partenza delle colonne dirette in Siria. L’operazione si conclude con la costituzione del “Check Point” di St. Michel, il più avanzato verso Ovest dello schieramento italiano. Ciò consente ai soldati libanesi, ai quali i palestinesi si erano rifiutati di consegnare le posizioni, di seguire i bersaglieri verso Ovest e rimettere piede su parte del territorio che da oltre cinque anni era loro precluso. Il Plotone Genio Pionieri ripristina subito la viabilità dell’area bonificando il terreno e rimuovendo gli sbarramenti.

Tutti i militari operano con professionalità, con tanta diplomazia e garbo nei confronti degli avviliti sconfitti ma anche con autorevolezza e fermezza ogni qual volta tali atteggiamenti si rendono necessari. Come accadde in particolare nei confronti dei gruppi “Morabitun”, meno inclini ad abbandonare le postazioni dalle quali per settimane avevano tenuto testa agli attaccanti, e degli israeliani che, oltre a porre degli ostacoli al regolare flusso delle colonne lungo la strada per Damasco, avrebbero voluto l’elenco nominativo dei nemici evacuati. Alle ore 16.00 tutto è concluso. Il Contingente è così riuscito in breve tempo a portare a termine la difficile operazione di “interposizione” sul cui esito i numerosi osservatori internazionali presenti non avrebbero affatto scommesso.

Il giorno dopo è il Cap. Vincenzo Lops (oggi Generale di Corpo d’Armata, Decano del Corpo dei Bersaglieri e Comandante del 2°Comando delle Forze di Difesa) che, con la sua Compagnia, si alterna con quella del Ten. Marchiò nel presidiare l’area smilitarizzata e proteggere le colonne dirette in Siria.

Nei quattro giorni successivi, infatti, una Compagnia di Bersaglieri, rinforzata da nuclei di Carabinieri, percorre la valle della Bekaa in mano israeliana, scorta fino in Siria 952 mezzi di vario tipo (carri armati, mezzi ruotati, artiglierie, ecc…) e porta in salvo 6909 soldati siriani delle tre Brigate dell’A.D.F. e palestinesi del P.L.A. Con l’evacuazione delle forze asserragliate a Beirut Ovest è assolta solo una parte della missione del “Governolo”. Il Reparto permane infatti a presidio dei “Check Point ” e delle postazioni di Galerie de Semaan per altri undici giornate durante le quali è impedita la circolazione di persone armate ed agevolato il rientro dei profughi libanesi che avevano abbandonato le loro case durante la guerra.

Contemporaneamente, inoltre, la nostra presenza scongiura possibili rappresaglie nei confronti dei famigliari dei palestinesi portati in salvo in Siria e più volte impedisce ai militari libanesi, impegnati a consolidare il controllo del territorio metropolitano nella nostra zona di competenza, di perpetrare soprusi e violenze gratuite nei confronti degli abitanti. A Beirut ritorna un’apparente normalità e anche se il “mandato” prevedeva una permanenza di 30 giorni eventualmente rinnovabili, Beshir Gemayel, neo eletto Presidente del Libano e capo dei “Kataeb” (Falange Maronita), ormai convinto di poter controllare la situazione anche senza l’aiuto della Forza Multinazionale, determina la fine della missione e quindi la partenza dei Contingenti.

La Missione “Libano 1” si avvia alla conclusione il mattino del 9 settembre con l’afflusso al porto di Beirut della “Compagnia Marchiò” per rimpiazzare i Marines USA in partenza e quindi garantire la sicurezza al Contingente che nei due giorni successivi si sarebbe imbarcato per nuclei. Ultimo Reparto ad abbandonare il presidio di Galerie de Semaan è la “Compagnia Lops” ed il “Posto di Medicazione”, che dal primo giorno aveva operato a favore della popolazione civile. Giunti in porto si imbarcano sulle navi seguiti dalla Compagnia posta a difesa dell’area portuale.

La Missione del Contingente Italiano si conclude definitivamente alle ore 18.00 dell’11 settembre 1982 con la partenza da Beirut delle navi scortate dalla Fregata “Lupo” e dirette ai porti di Larnaka (Cipro), e di Genova, non prima però di aver donato viveri e medicinali agli enti assistenziali locali. Nella giornata del 12 di settembre fa rientro alla Caserma “Cadorna” di Legnano la parte del Contingente che da Cipro ha proseguito il viaggio di ritorno con i C 130 dell’Aeronautica Militare mentre il 21 fanno ritorno ”a casa” gli automezzi ed i cingolati giunti a Genova.

Gen. Div. (ris) Bruno TOSETTI – Aquila I

Già Comandante del Contingente ” Governolo”