EL ELAMEIN

  

da “IL NASTRO AZZURRO” n° 5-2012

Il luogo della battaglia, El Alamein, fu prescelto dagli inglesi per le caratteristiche naturali che si prestavano ottimamente ad una difesa. A circa 60 km dalla costa, e dalla località posta sul mare, si trova la depressione di El Qattara, avvallamento con un diametro di circa 300 km la cui profondità raggiunge diverse decine di metri dal livello del mare ed è impraticabile ai mezzi meccanici. Questo eliminava la possibilità di azioni avvolgenti da parte dell’ACIT (Armata Corazzata Italo Tedesca). La linea ferroviaria che collegava la costa fino a Marsa Mathru con Alessandria d’Egitto, permetteva un agevole flusso di rifornimenti alle forze impegnate. Esistevano vasti campi minati posati in precedenza e rinforzati successivamente. A metà strada dalla costa si erge la cresta di Ruweisat che domina il deserto circostante ed è punto cruciale per il controllo del campo di battaglia. A sud, dove erano schierate in prima linea le divisioni “Folgore” e“Pavia”, al limite della depressione di El Qattara, si trova la più piccola depressione di Munassib.

Dopo sei settimane di continui rifornimenti di uomini e materiali, l’8^u armata britannica era pronta ad attaccare: 200.000 uomini e 1.000 carri armati (ma i numeri variano secondo le fonti) di modello recente, tra cui 270 Sherman americani, guidati da Montgomery si mossero contro i 100.000 uomini e 490 carri, 211 tedeschi (di cui 38 Panzer lV dell’Afrika Korps) e 279 italiani di tipo MI4/41 e 35 semoventi 75/18. Inoltre, in quel momento, gli Alleati avevano il domino dell’aria (1.000 caccia e bombardieri moderni, in rapporto di tre a uno rispetto all’Asse) schierati sulle vicine basi aeree egiziane e supportati da una pressoché illimitata disponibilità di rifornimenti e carburante.

Le forze dell’Asse, invece, dovendo dipendere dai rifornimenti via mare dall’Italia, molto precari e incostanti, al 2 settembre disponevano di una sola giornata di autonomia. Questo rese la mobilità delle truppe italo-tedesche alla vigilia della battaglia assai limitata, di fatto inesistente, in uno scenario come quello desertico. Inoltre, Rommel, era malato e dovette rientrare in Germania per curarsi. Il comando dell’Afrika Korps passò il 22 settembre al generale Georg Stumme. Ristabilitosi, prima di rientrare, Rommel passò per Roma a riferire della precaria situazione delle truppe in Nord Africa, ma senza risultati di maggiore impegno; disse poi: “Mi ripetevano continuamente << ve la caverete>> La fiducia manifestata era lusinghiera, ma un rifornimento soddisfacente mi sarebbe servito di più.”

Gli aerei e le navi di base a Malta, che non era stata neutralizzata come previsto dall’operazione C3 perché gli aerei necessari a questa ultima erano stati trattenuti in Africa proprio da Rommel per appoggiare l’offensiva, falcidiavano sistematicamente i convogli di rifornimenti italiani. Proprio, a causa del rinvio dell’attacco a Malta (poi definitivamente annullato), due reparti d’elite, la divisione paracadutisti Folgore e la brigata paracadutisti tedesca Ramcke, verranno inviati a rinforzare l’armata italo-tedesca. La Folgore era una unità molto addestrata e disciplinata, ma priva di mezzi di trasporto e dotata solo di cannoni anticarro da 47 mm. Anche la brigata tedesca non era motorizzata e si basava molto su quanto riusciva a reperire sul campo, di solito a spese dell’avversario.

Gli inglesi diedero inizio alla battaglia alle 21:00 del 23 ottobre con un sostenuto sbarramento di artiglieria: l’obiettivo iniziale che i mezzi corazzati avrebbero dovuto ottenere a nord il primo giorno, fu mancato di tre chilometri, mentre più a sud i progressi furono più consistenti, ma si fermarono sulla cresta di Miteirya, dove i campi minati non erano stati completamente sgomberati dalla 51^ divisione di fanteria scozzese e dalla l divisione di fanteria sudafricana, che avevano incontrato la forte resistenza della divisione di fanteria meccanizzata italiana “Trento” e della 164^  divisione leggera tedesca. Il 24 ottobre, il generale Georg Stumme morì per un attacco di cuore e il generale von Thoma prese il comando. Rommel tornato precipitosamente in Africa, riprese il comando il 25 ottobre, alle 23:25.

Gli alleati furono costretti ad abbandonare l’attacco verso sud respinti dagli italiani. Montgomery diresse tutte le sue forze in un attacco verso nord: questo andò a buon fine nella notte tra il 25 e il 26. L’immediato contrattacco di Rommel invece fallì. Gli Alleati avevano perso 6.200 uomini contro i 2.500 dell’Asse, ma mentre Rommel aveva solo 370 carri armati pronti all’azione, Montgomery ne aveva ancora più di 900. Il 29 ottobre però, la linea dell’Asse era ancora intatta. Montgomery era fiducioso e preparò le sue forze per l’operazione Supercharge. Le infinite operazioni di disturbo e logorio effettuate dall’aviazione avevano ridotto la forza effettiva dei carri di Rommel a 102 unità.

La seconda offensiva massiccia degli alleati si svolse lungo la costa, inizialmente per prendere il rilievo di Tel el Aqqaqir. L’attacco iniziò il 2 novembre 1942. Al 3 novembre, Rommel era rimasto con solo 35 carri armati operativi; nonostante riuscisse a contenere l’avanzata britannica, la pressione sulle sue truppe rese necessaria la ritirata. Lo stesso giorno il feldmaresciallo ricevette da Adolf Hitler un ordine di “Vittoria o morte” che fermò la ritirata; ma la pressione alleata era troppo elevata e le forze italo-tedesche dovettero cedere nella notte tra il 3 e il 4 novembre. Il fronte si stava sfaldando: il X e il XX corpo italiano stavano cedendo di fronte alla pressione alleata; anche Kesselring consigliò il ripiegamento suggerendo di “considerare il messaggio di Hitler come un appello anziché un ordine preciso”.

Nella notte tra il 3 e il 4 novembre, venne quindi costituita una nuova linea difensiva dalle truppe dell’Asse, con l’Afrika Korps e la 90° Leggera attestate a semicerchio che andava da Tell el-Mampsra a l6 km a sud della ferrovia che correva lungo la costa. A questo schieramento si incernierava a sud il XX Corpo italiano con la “Ariete”, la “Littorio” e quello che restava della divisione “Trieste”. Ancora più a sud, la brigata Ramcke e il X Corpo italiano, con la “Pavia” e la “Folgore”Sulla cresta di Aqqaqir, durante un furioso combattimento originato dall’attacco della V Brigata indiana, venne catturato dalle truppe della l^ Divisione Corazzata inglese il generale von Thoma, comandante dell’Afrika Korps. Nel varco creato dall’attacco irruppero la 1^, 7^ e 10^ Divisioni Corazzate inglesi che vennero fermate solo 9 km ad ovest dallo schieramento anticarro, nel quale si trovavano anche i cannoni pesanti antiaerei da 88 mm, usati spesso come arma anticarro. Per quattro ore 300 carri inglesi vennero trattenuti da 30 carri tedeschi mentre a sud la 10^ Divisione Corazzata inglese dotata di carri medi M4 Sherman, Grant e Crusader attaccava il XX Corpo italiano con i suoi M 13/40. La 132^ Divisione corazzata “Ariete” venne attaccata dalle lV eVll brigatata corazzata inglese, e da esse circondata a 5 km a nord-ovest di Bir-el-Abd. Celebre è il messaggio finale ricevuto dal Comando d’Armata alle l5:30: “Carri armati nemici fatto irruzione sud Divisione Ariete. Con ciò Ariete accerchiata, trovasi 5 km nord-ovest Bir-el-Abd. Carri Ariete combattono”. Le perdite italiane furono gravi, ma gli inglesi pagarono un prezzo altissimo, in uomini e mezzi. Cionondimeno, parte della divisione con il comando, una trentina di carri e parte dell’8″ reggimento bersaglieri riuscirono a sganciarsi e a raggiungere il resto del XX Corpo in arretramento.

La mattina del 4 novembre, il generale Alexander scriveva al primo ministro Churchill “Dopo l2 giorni di lotta violenta ed accanito … Il fronte nemico è stato rotto …». Molte unità italiane offrirono una caparbia resistenza, come i paracadutisti della “Folgore”, che si batterono eroicamente per giorni e giorni subendo gravi perdite ed infliggendone al nemico anche di maggiori. Combatterono contro i corazzati britannici con mezzi di fortuna, quali bottiglie incendiarie e cariche di dinamite, avendo solo oltre a queste pochi cannoni anticarro da 47/32 con poche munizioni. Esaurite anche queste risorse, i paracadutisti si nascosero in buche scavate nel terreno e attaccarono mine anticarro ai mezzi britannici in movimento (i resti della “Folgore” si arrenderanno solo il 6 novembre e dopo aver distrutto le proprie armi rese inutili dall’esaurimento delle munizioni). L’aviazione dell’Asse, con la distruzione dei suoi aeroporti avanzati ed usurata da continui combattimenti sostenuti in immensa inferiorità numerica, era praticamente inesistente e pertanto la RAF operava senza alcun contrasto in aria; bombardando incessantemente le colonne in ritirata.

Il 4 novembre le forze dell’Asse, non più in grado di opporre resistenza organizzata, iniziarono il ripiegamento; per le divisioni di fanteria italiane, non motorizzate, era preclusa ogni via di fuga ed oltre 30.000 soldati si dovettero arrendere. Molti di più riuscirono però a ripiegare, sia per le capacità tattiche di Rommel, che per l’estrema prudenza di Montgomery. Probabilmente Rommel sarebbe riuscito a salvare molti più uomini se Hitler non lo avesse dapprima obbligato a resistere sul posto “fino all’ultimo uomo” su una linea di resistenza leggermente arretrata e solo in un secondo tempo gli avesse concesso la libertà di ritirarsi. Anche le unità tedesche combatterono ai limiti delle loro possibilità ma, avendo le divisioni di fanteria una propria dotazione di mezzi di trasporto, diversamente dalle divisioni italiane, riuscirono a sganciarsi; inoltre la brigata paracadutisti Ramcke, appiedata ed a ranghi ridotti dagli estenuanti combattimenti, riuscì ad assaltare un convoglio britannico ed a procurarsi così i mezzi necessari per lo sganciamento.

Alla fine, l’Armata Corazzata Italo Tedesca aveva subito 10.000 morti, 15.000 feriti e 34.000 prigionieri, aveva perso circa 450 carri armati ed un migliaio di cannoni. Quattro divisioni tedesche ed otto italiane avevano cessato di esistere come unità organizzate. Gli inglesi persero 13.560 uomini tra morti, feriti e dispersi. Dei 500 carri messi fuori uso, circa 350 vennero recuperati grazie alle officine mobili ed ovviamente al possesso del campo di battaglia. Andarono persi anche circa 100 cannoni. La capacità operativa della VIII Armata era quindi praticamente intatta. Con l’operazione Torch, che si svolse in Marocco immediatamente dopo (lo sbarco avvenne il 7 novembre), la Battaglia di El Alamein segnò la fine delle forze dell’Asse in Nord Africa.

La presenza italiana è ricordata dal grande Sacrario Militare di El Alamein, a Quota 33 sulla litoranea per Alessandria, che raccoglie i resti di oltre 5.200 soldati italiani e 232 ascari libici, opera dell’allora Maggiore Paolo Caccia Dominioni. Su questa quota avvenne uno dei tanti episodi delle due battaglie, il sacrificio del LII Gruppo Cannoni da 152/37 che il l0 luglio 1942 si oppose agli australiani della 9^ Divisione. Inoltre poco lontano è posata l’iscrizione, fatta dai bersaglieri del 7° reggimento il 1° luglio 1942 su un cippo ai margini della strada litoranea a 111 chilometri da Alessandria d’Egitto: “Mancò la fortuna, non il valore”.

 

Fra le sabbie non più deserte sono qui di presidio per l’eternità i ragazzi della15 Folgore: fior fiore di un popolo e di un esercito in armi. Caduti per un’idea, senza rimpianti, onorati nel ricordo dallo stesso nemico, essi additano agli italiani, nella buona e nell’avversa fortuna, il cammino dell’onore e della gloria. Viandante, arrestati e riverisci. Dio degli eserciti, accogli gli spiriti di questi ragazzi in quell’angolo del cielo che riserbi ai martiri e agli Eroi.