Antonio Trogu Conferenza di Yalta 4 – 11 febbraio 1946

  

 

Dal 4 all’11 febbraio 1945,  nell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale, Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrarono a Yalta in Crimea per discutere, in base al principio delle cosiddette sfere d’influenza, i piani per la conclusione della guerra contro le potenze dell’Asse, l’occupazione e la spartizione della Germania e il successivo assetto dell’Europa e dell’Estremo Oriente.

Prima di raggiungere la Crimea il Presidente Roosevelt si incontrò a Malta con il Primo ministro britannico Churchill e lì trovarono il Consiglio congiunto dei Capi di Stato Maggiore che preparavano, già da tre giorni, l’operazione per portare le forze anglo-americane nel cuore della Germania.

La conferenza di Yalta viene descritta come l’evento epocale in cui i tre leader mondiali si spartirono l’Europa in sfere d’influenza, benché fosse già chiaro, sulla base dell’andamento militare del conflitto, che l’Unione Sovietica sarebbe stata potenza dominante nell’Europa Orientale e Centrale. Gran parte delle decisioni prese a Yalta ebbero profonde ripercussioni sulla storia mondiale fino alla caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 e per quanto, nei mesi immediatamente successivi, sovietici ed anglo-americani proseguissero con successo la loro lotta comune contro la Germania nazista e l’Impero giapponese, la conferenza di Yalta e’ stata considerata il preludio della Guerra fredda.

 

 

L’iniziale linea seguita durante la Conferenza lascia intendere che i tre leader avessero una strategia comune da perseguire. In realtà, quella che sembra essere una strada comune verso una ipotetica pace lascia ben presto spazio al percorso verso la realizzazione delle reali intenzioni dei tre uomini, differenti se non divergenti le une dalle altre. Il motivo alla base di questa separazione di obiettivi è da ricercare nell’analisi dei fenomeni sociali interni alle tre grandi potenze. La pace sembrava essere l’obiettivo comune di Roosevelt, Churchill e Stalin durante la Conferenza di Yalta, ma quali erano le reali spinte che subivano i tre leader e che li hanno portati a nuovi scontri? E’ chiaro che ogni protagonista della conferenza si è mosso come una pedina su una scacchiera per accontentare da una parte l’opinione pubblica internazionale e dall’altra le esigenze delle strategie politiche e militari del proprio Paese.

Nel corso della conferenza furono previsti lo smembramento della Germania in Stati indipendenti e lo spostamento ad Ovest delle frontiere della Polonia (furono tuttavia definiti solo i confini orientali, lungo la linea Curzon[1]), e si toccarono i problemi della frontiera italiana con l’Austria e la Iugoslavia; l’URSS si impegnò a entrare in guerra contro il Giappone, dopo la sconfitta della Germania, in cambio del possesso delle isole Curili e di tutta l’isola di Sachalin.

Da sottolineare che le sorti della Germania erano oramai inequivocabilmente segnate; il Terzo Reich non solo non aveva più alcuna possibilità di modificare l’andamento del conflitto, ma non poteva sottrarsi in alcun modo ad una resa totale e incondizionata. Nei mesi precedenti c’erano stati contatti fra rappresentanti tedeschi ed agenti sovietici in Svezia, e fra i primi e gli angloamericani per un armistizio; probabilmente alcune di queste iniziative erano avvenute ad opera di alti gerarchi nazisti ma senza l’intervento esplicito di Hitler, e in ogni caso non potevano dare alcun risultato perché troppo grave sarebbe stato di fronte all’opinione pubblica internazionale una pace separata a danno delle altre potenze.

In particolare un argomento che venne discusso anche al di fuori delle riunioni ufficiali riguardò  cosa fare della Germania e come trattarla alla fine della guerra. Stalin riteneva fosse necessario rendere impotente il militarismo tedesco per evitare quanto accaduto nelle due guerre mondiali uccidendo se necessario 50000 ufficiali tedeschi.  Churchill espresse il suo disaccordo affermando la necessità di tenere conto del diritto internazionale colpendo solo i soggetti ritenuti criminali di guerra ma si mostrò accondiscendente al fatto che l’Europa orientale fosse interamente sotto il controllo della Russia.

L’URSS ottenne quindi il riconoscimento dei suoi diritti, Romania e Bulgaria passarono di fatto sotto il controllo sovietico, la Polonia veniva di fatto inserita nel blocco sovietico dove passarono anche Cecoslovacchia e Ungheria.

La Conferenza di Yalta terminò l’11 febbraio del 1945. Roosevelt tornò a casa presentando l’incontro al Congresso come un grande successo e una grande vittoria della pace ma morì prima di partecipare alla conferenza successiva, quella di Potsdam. Churchill era invece presente, ma interruppe i colloqui per rientrare nel Regno Unito e accogliere i risultati elettorali: vinsero i laburisti e a Potsdam tornò il nuovo primo ministro Clement Attlee. Alla chiusura della conferenza il britannico «Time» scrisse: «Tutti i dubbi che potevano sussistere sulla possibilità che i Tre Grandi fossero in grado di cooperare in pace come avevano cooperato in guerra sono spazzati via per sempre».

La conferenza di Yalta quindi stabilì la spartizione del continente europeo e del mondo intero in sfere d’influenza, ma di certo si ebbero delle ambiguità che nel futuro non tardarono a manifestarsi. A suo modo Stalin aveva saputo dare prova di una certa moderazione, in particolare sulla questione greca e jugoslava, ma anche per aver consigliato i partiti comunisti italiano e francese di astenersi da tentativi insurrezionali. Tuttavia per i Sovietici gli accordi con le potenze occidentali erano all’insegna «del do ut des», mentre per gli Americani il rispetto della volontà dei popoli costituiva un principio inalienabile che non poteva costituire oggetto di scambio.

Il partito repubblicano americano dell’epoca, per vocazione anti-rooseveltiano e in opposizione al Presidente degli Stati Uniti, sostenne che Franklin Delano Roosevelt avesse presenziato al vertice già stanco e malato, e quindi si fosse lasciato convincere da Stalin a cedergli la metà dell’Europa.

L’entusiasmo suscitato dalla conferenza fu di brevissima durata infatti nelle settimane successive si ebbero una serie di episodi gravissimi. Il Presidente americano Truman ricorda nelle sue memorie che in Bulgaria subito dopo la conclusione degli storici accordi si ebbe una ondata di arresti contro l’opposizione, mentre in Romania i Russi dirigevano la Commissione di Controllo alleata, senza consultare i membri inglese e americano. Il governo era un governo di minoranza, dominato dal partito comunista che non rappresentava nemmeno il 10% della popolazione romena e la vasta maggioranza del popolo romeno, non era soddisfatta dal governo, né di qualsiasi altra forma di comunismo. Dal lato economico, la Romania veniva strettamente legata allo Stato russo, tramite pagamenti in conto riparazioni, con il trasferimento di proprietà che i Russi dichiaravano essere state dei Tedeschi e con la requisizione delle attrezzature industriali come trofei di guerra. Per di più, la Romania veniva quasi del tutto tagliata fuori dai rapporti commerciali con le altre nazioni, e questo la costringeva a dipendere sempre più dalla Russia».

In Polonia l’esercito sovietico riuscì con l’inganno ad arrestare tutti i principali comandanti dell’Armia Krajova, la principale formazione polacca anti-nazista. In Cecoslovacchia e in Ungheria la situazione per un certo periodo rimase più tranquilla, mentre in Jugoslavia i titini con facilità ottennero il potere (qui con il consenso popolare) mentre un altro gravissimo episodio avvenne all’indomani della capitolazione delle truppe tedesche in Italia, l’occupazione di Trieste e Pola da parte dell’esercito jugoslavo.

Le conseguenze dell’occupazione jugoslava di Trieste costituiscono l’ultimo doloroso atto di una vicenda politica e umana che vede gli italiani delle regioni orientali pagare un alto prezzo per la sconfitta dell’Italia. Trieste, Gorizia, Fiume, l’Istria, Zara, sono l’obiettivo privilegiato della vittoriosa resistenza jugoslava, che non esclude nemmeno la possibilità di conquistarsi anche la cosiddetta “Slovenia veneta”, cioè parte del Friuli, e magari portare i confini della Federazione al Tagliamento.

Il comunismo jugoslavo motiva il suo espansionismo con lo schema ereditato dal tradizionale nazional- sciovinismo sloveno e croato. La città, il borghese, il proprietario terriero, vengono contrapposti alla campagna, al proletario sloveno contadino, “negato” nella sua identità nazionale dal secolare “imperialismo” di Venezia prima e della ventennale dittatura fascista poi. Purtroppo l’Italia non aveva nessun potere contrattuale ed ormai neanche una politica militare .

Prima dell’apertura della successiva conferenza di Potsdam, il governo sovietico stabilì senza consultazioni che i territori tedeschi a Est dei fiumi Oder e Neisse (il corso più occidentale fra i due fiumi che portavano questo nome) venissero sottoposti all’amministrazione polacca. Ormai il mondo si avvicinava a tappe forzate verso la guerra fredda.

Subito dopo Yalta gli Stati Uniti si disinteressano dell’Europa che sembra abbandonata a se stessa ed e’ in uno stato di debolezza politica e militare dovute alla gravità della situazione economica e della miseria sociale. Da considerare poi che in tutta l’Europa occidentale i partiti comunisti assunsero una certa importanza. Si venne dunque a formare un nuovo assetto politico europeo nel quale l’Unione Sovietica si era ritagliata la parte del leone , annettendo la Carelia, i Paesi baltici, la Polonia orientale, la Bucovina e la Bessarabia recuperando all’incirca i confini dell’Impero degli zar alla fine del 1913.

La parte più importante degli accordi di Yalta fu comunque la Dichiarazione sull’Europa Liberata,[2] con la quale stabilirono principi importantissimi per la vita democratica del continente. In essa venne definita una politica comune al fine di «aiutare i popoli d’Europa liberi dalla dominazione della Germania nazista, e i popoli degli Stati satelliti dell’Asse, a risolvere con mezzi democratici i loro problemi politici ed economici più importanti»; il futuro del continente sarebbe stato realizzato in base ai principi della Carta Atlantica: «Diritto di tutti i popoli a scegliersi la forma di governo sotto la quale vogliono vivere – restaurazione dei diritti sovrani e di autogoverno in favore dei popoli che ne sono stati privati dalle potenze aggreditrici»

Nella conferenza furono inoltre sviluppati i lavori, gia’ avviati a Dumbarton Oaks, in merito alla Carta delle Nazioni Unite (in particolare fu trovato un accordo sulla procedura di voto nel Consiglio di sicurezza) e si stabilì che la Conferenza delle Nazioni Unite sarebbe stata convocata a San Francisco il 25 aprile 1945.

In conclusione si può affermare come dato  certo che la conferenza di Yalta fu allora e rimase negli anni assai controversa. Le domande che possiamo ora porci riguardano la possibilità che all’ultimo momento le tre potenze avrebbero potuto collaborare; se fu colpa degli occidentali se ciò divenne impossibile e se effettivamente segnò l’inizio della “Guerra Fredda”.

 

 

 

 

[1] confine ipotetico e non accettato da nessuno, tracciato nel 1920 da Lord Curzon per porre fine alla guerra polacco sovietica

[2] Dipartimento di Stato Americano Testo degli accordi raggiunti alla Conferenza di Yalta Washington, 24 Marzo 1945

Antonio TRogu,  Membro del CESVAM