DON GIOVANNI MAZZONI

  

Nel corso dell’anno 2010 nel nostro periodico sono state riportate delle significative testimonianze che riteniamo opportuno riproporre .

Don Mazzoni, non era più giovane per noi ventenni, un po’ appesantito, sempre alla mano sapeva conquistare subito la fiducia e la simpatia. Aveva due nastrini azzurri, era uno che ci sapeva fare. Il fatto di non essere in prima linea, di ascoltare la messa il giorno di Natale e ricevere la posta da casa aveva creato un’atmosfera famigliare.

Da lontano venivano rimbombi di colpi che si avvicinavano sempre più, Già molti dei nostri dovevano essere sotto pressione. Il maggiore Tarsia mandò qualcuno in avanscoperta per capire la situazione. La pianura si stava infittendo di colonne che marciavano nella nostra direzione. Ill XVIII e il battaglione moto erano già circondati. Rimanemmo tutto il giorno inchiodati a terra, con una scatoletta di carne e gallette. I tedeschi avevano fatto capolino sul fronte con alcuni parà giovanissimi e un carro armato, poi tutto era ritornato tranquillo.

ll giorno dopo alle 5 muovemmo verso Petropawlowka. Don Mazzoni aveva l’ordine di restare a Stoshkowo e di raggiungere il battaglione solo ad azione ultimata, ma non ci fu modo di farlo desistere. Lo vedemmo oltrepassare la compagnia di riserva portarsi sulla 5^ al fuoco col suo parabellum sulle spalle. Di snidare i russi dal bosco, non c’era verso. I nostri cannoni si erano impantanati in una balca e i tedeschi a corto di carburante avevano tenuto indietro i pezzi. Di mortai neanche a parlarne non li avevamo mentre i russi li avevano e li usavano molto bene.

Arrivò l’ordine di ripiegare sulle prime case. I primi a ripiegare furono quelli in retroguardia, lui che era davanti fu l’ultimo a raggiungere le case. Un terzo del paese era ancora occupato dai russi. Dove le isbe erano raggruppate fummo accolti a colpi di fucile e molti bersaglieri caddero. In un avvallamento non lontano un bersagliere ferito al ventre rantolava fra indicibili sofferenze. Pochi istanti, solo pochi minuti di vita lo separavano dalla morte. A lui, sacerdote, l’uomo morente che invocava i suoi cari sembrò ancor più bisognoso e gettato il parabellum, che non gli era mai servito, volle portare il conforto al morente. Mi chiese due bersaglieri per tentare di soccorrerlo, ma io glielo sconsigliai, ci stavano sparando a vista. Mentre insisteva, due volontari gli si affiancarono erano il trombettiere Gadda e il caporale Falcettone. Se ne andarono e lui a testa alta si lanciò nel fosso. A testa alta, senza ascoltare chi lo esortava ad aspettare. Sollevò il capo al bersagliere morente gli impartì la benedizione mentre il distendersi del suo viso testimoniava che la sua anima si era già alzata in volo. Poi fu uno schianto. Una bomba di mortaio centrò il fossato e quando il fumo si diradò Don Mazzoni giaceva esanime accanto al morto, così pure Gadda. Falcettone si salverà nonostante le ferite.

Nato alla Chiassa Superiore, nel Comune di Arezzo, il 17 ottobre 1886, abbracciò la vita religiosa sin da ragazzo, studiando nel Convento dei Carmelitani Scalzi dove il 15 agosto 1909 ricevette l’ordinazione sacerdotale dalle mani di Mons. Falcini Vescovo di S.Miniato. Nel 1911 partì volontario come Cappellano Militare nella guerra di Libia, proseguì il suo servizio nell’Egeo, dove durante l’occupazione di Rodi ricevette un Encomio Solenne. Dopo il congedo fu Missionario Apostolico e Direttore delle scuole Italiane in Siria ad Alessandretta, da dove rimpatriò volontariamente nel maggio 1915 per partecipare alla prima guerra mondiale. Arruolato in Sanità e nominato Tenente Cappellano in un ospedale di riserva, fu in seguito destinato al 226° Reggimento Fanteria della Brigata “Arezzo” col quale nel maggio 1916 raggiunse l’Altipiano di Asiago, durante l’offensiva austriaca. Il 30 agosto 1917, in un critico momento della battaglia al costone di Selo, sul Carso, rimase ferito in combattimento e decorato di MOVM. Guarito, ritornò al fronte nel gennaio 1918 quale Cappellano del Reggimento “Cavalleggeri di Treviso”. Congedato nel maggio 1919, fu prima Arciprete a Lusimpiccolo, nell’Isola di Cherso, e poi nel 1923 fu nominato dal Vescovo di Arezzo, Mons. Mignone, Parroco di Loro Ciuffenna, in provincia di Arezzo.

Il 4 novembre 1921 fu scorta d’onore alla salma del Milite Ignoto per la cerimonia di tumulazione all’Altare della Patria. A Loro Ciuffenna dovette combattere ogni giorno contro gli eccessi dell’una e altra parte politica: fascisti e comunisti che si contendevano, talvolta anche con la violenza, l’egemonia politica sulla popolazione. Sfruttò la sua posizione di Medaglia d’Oro, a cui nessuno chiude la porta, per far rinascere il paese e le sue istituzioni; costruì un asilo, costituì un reparto di Boy Scout e, successivamente, il primo nucleo di Azione Cattolica in Val d’Arno. Il fascismo, che aveva le sue organizzazioni giovanili, e l’azione cattolica non potevano che scontrarsi con esiti irreparabili. Don Mazzoni venne isolato politicamente e coinvolto in uno scandalo finanziario, dovette subire processi e condanne, conobbe il carcere e il confino, ma mai si diede per vinto. I suoi appelli direttamente indirizzati a Mussolini rimasero sempre inascoltati. La sua situazione diveniva sempre più precaria. Ne usci arruolandosi nei Bersaglieri in partenza per la Russia. All’età di 55 anni, Don Mazzoni era di nuovo sul campo.

Assegnato per la sua età ad un ospedale da campo della Divisione “Torino”, chiese, appena giunto in linea, di essere trasferito ad un reparto operante e fu assegnato al 3° Reggimento Bersaglieri, dove fu apostolo di fede e patriottismo. Cadde durante la vittoriosa battaglia offensiva del Natale 1941, mentre soccorreva un bersagliere della 6^ compagnia ferito nel corso dell’attacco di Petropawlowka, piccolo paese di minatori nel bacino minerario del Donetz.

I suoi resti mortali furono riportati in Patria nel 1996 e tumulati in una tomba monumento nel Cimitero di Loro Ciuffenna. Nel 1990, la Federazione Provinciale di Arezzo dell’Istituto del Nastro Azzurro, su iniziativa dell’allora Presidente Col. Roberto Perticucci, fu intitolata alla memoria di Don Giovanni Mazzoni.

MOTIVAZIONI DELLE MEDAGLIE D’ORO AL VALOR MILITARE:

Quantunque dispensato dal presentarsi alle armi, allo scoppio della guerra vi accorse volontariamente dalla Siria, dove stava esercitando apostolato di religione e di italianità, e fu, nel proprio reggimento, costante e fulgido esempio del più puro amor di Patria e del più straordinario coraggio. Già tre volte premiato per distinte azioni di valore, primo fra i suoi soldati nel compimento della sua opera, non conobbe ostacoli e tenne il dovere mai come un limite da raggiungere, ma sempre come una meta da oltrepassare. In una speciale circostanza, messosi risolutamente alla testa di un manipolo di militari privi di comandante, nel momento più grave della lotta li trascinò arditamente contro il nemico, più forte di uomini e di armi, e, con irresistibile impeto, lo debellò e lo costrinse alla resa, facendo prigionieri e catturando materiale. Ferito, rimase al combattimento finchè non ebbe visto assicurata la vittoria. Già distintosi, per elette virtù militari, in numerosi combattimenti, sempre impavido nelle zone più fortemente battute dal fuoco avversario, sempre intrepido di fronte ai più gravi pericoli. Carso, 23 maggio – 5 giugno; Comarie (Carso), 30 agosto 1917.

Medaglia d’Oro per la guerra 1915 – 18, dopo avere fieramente chiesto ed ottenuto l’assegnazione ad una unità di prima linea impegnata in aspra lotta, dava continua e chiara testimonianza del suo fervore di apostolo e della sua tempra di soldato, fuse nella esplicazione più nobile delle attribuzioni sacerdotali e nell’ascendente del più schietto ardimento e di ineguagliabile abnegazione. In giornate di cruenti combattimenti divideva, con raro spirito di sacrificio, gli eroismi di un reggimento bersaglieri, portando a tutti, pur tra i maggiori pericoli, le parole infiammate della fede e la voce trascinante del suo coraggio. In una alterna vicenda dell’accanita lotta, accortosi che un ferito, rimasto isolato, invocava aiuto, e nonostante che altri tentativi fossero rimasti soffocati nel sangue, con ammirevole temerità e consapevolezza, si lanciava per soccorrere il dipendente, né desisteva dal suo nobile intento pur quando il piombo lo colpiva ad un fianco. Ferito di nuovo e mortalmente, alle estreme risorse vitali affidava la sublimità mistica della sua intrepidezza, raggiungendo l’agonizzante, e spirando al suo fianco. Esempio mirabile delle più elette virtù, e di sublime coscienza dell’ideale patrio. Rassypnaia – Petropawlowka (Fronte russo), 1 -26 dicembre 1941.