Il sacro valore della memoria anche nelle emergenze

  

Il 2 Giugno u.s., giuste disposizioni ministeriali e prefettizie, nella Città Capoluogo di Caserta, Medaglia d’Oro al Merito Civile, alla presenza delle massime autorità civili e militari, si è potuto fare memoria della fondazione della Repubblica, sia pure in forma assai contenuta, per esigenze sanitarie, ma anche per il riguardo dovuto alle famiglie che ancora piangono i loro cari, strappati in maniera assurda dalla COVID-19.

Tra le Associazioni Combattentistiche e d’Arma sono state ammesse a presenziare solo le prime tre dell’elenco cerimoniale delle precedenze, predisposto dal Ministero della Difesa e, quindi, anche la nostra.

Ciascuna poteva partecipare con un solo rappresentante, che fungesse anche da alfiere. In ragione di ciò, stante la particolare delicatezza del momento, come neo-nominato Commissario straordinario della Federazione casertana, ho sentito mio precipuo dovere rappresentare personalmente l’istituto, in questa doppia veste.

Memori della mestizia di un 25 Aprile privo di ricordi ufficiali nella maggior parte delle province, delle città e dei comuni italiani, quest’anno la Festa della Repubblica ha assunto un valore ancora più speciale, rappresentando, simbolicamente, un nuovo inizio, un primo segnale di speranza e di ritorno alla normalità.

Le generazioni più giovani, che hanno potuto apprendere delle storture delle dittature esclusivamente dai libri di storia ed eventualmente dai propri maggiori – se hanno avuto modo di goderne la presenza e l’intelligenza di interrogarli e ascoltarli, facendo tesoro delle loro esperienze, soprattutto di quelle più tristi, affinchè certe aberrazioni non abbiano mai più a ripetersi – hanno sperimentato, al di là di ogni altra considerazione, cosa significhino le limitazioni alla libertà e come tante conquiste di civiltà, che diamo per scontate, in realtà siano ancora fragili, nonostante le articolate tutele contenute nella Carta Fondante.

Mai nella Storia della Repubblica si era verificata una compressione di diritti così forte, realizzata, oltretutto, con strumenti che hanno fatto discutere più di un costituzionalista.

Un monito per il futuro, affinchè si rifletta con la massima attenzione – eventualmente raccogliendo pareri esperti e scevri da condizionamenti – ogni qualvolta ci si propone di modificare la meravigliosa architettura dello Stato pensata da quei monumenti viventi che furono i nostri Padri Costituenti, con quel sistema di pesi e contrappesi che ha rappresentato un archetipo ineguagliato, almeno fino a quando, sull’onda emotiva di fatti contingenti, non vi si mise mano frettolosamente, con la riforma dell’art. 68, determinando quegli squilibri tra il potere legislativo e quello giudiziario che sono, tutt’oggi, sotto gli occhi di tutti.

A noi Azzurri spetta, primo fra tutti, il compito di diffondere tra i giovani il modello della nostra Repubblica, così come tratteggiato dai Costituenti (e, purtroppo, ancora non realizzatosi appieno): una grande comunità, nell’accezione lapiriana del termine, un’unica grande famiglia, coesa, solidale, accogliente, in cui nessuno può e deve restare indietro, che deve stringersi immediatamente attorno a chi è in difficoltà – ricordando che le Regioni e gli Enti locali sono solo un organo amministrativo, non cellule a sè stanti – in cui, come ci ricorda l’art. 4, comma 2 della Costituzione, ogni Italiano, riguardato nelle sue tre essenze (cfr. art. 3) di «cittadino», «persona umana» e «lavoratore»: «…ha il DOVERE di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Una magnifica applicazione di quel rapporto uno-tutto, tutto-uno, che deve sussistere tra individuo e comunità, ottimamente espresso da John Donne nella sua Devotions Upon Emergent Occasions and Severall Steps in my Sicknes – Meditation XVII (Londra -1624): «No man is an Iland, intire of it selfe; every man is a peece of the Continent, a part of the maine; if a Clod bee washed away by the Sea, Europe is the lesse, as well as if a Promontorie were, as well as if a Mannor of thy friends or of thine owne were; any mans death diminishes me, because I am involved in Mankinde; And therefore never send to know for whom the bell tolls; It tolls for thee.», che si potrebbe tradurre così: Nessun uomo è un’isola racchiusa in se stessa (che si completa da sé); ogni uomo è un pezzo di un continente, una parte del tutto; se una (singola) zolla di terra fosse dilavata via dal mare, l’ (intera) Europa risulterebbe più piccola, così come se lo fosse un promontorio; così come se lo fosse la proprietà di tuoi amici, o proprio la tua. La morte di ciascun uomo mi diminuisce, perché io sono parte dell’Umanità; e perciò non mandare mai a chiedere per chi suona la campana [l’Autore intende quella a lutto, o quella che precedeva il Viatico, annunciandone l’arrivo]; essa suona per te.

Sono gli stessi sentimenti che ogni vero Italiano ha provato nel vedere alcune comunità locali letteralmente martoriate da questa emergenza sanitaria, sentendo come proprio il lutto che ha colpito ogni nostro connazionale, tramutandolo da personale, in collettivo.

In questo giorno più che mai giunga, allora, dalla nostra Federazione provinciale un fraterno abbraccio alle comunità e, in particolare, ai membri delle rappresentaze del nord dell’Istituto, affinchè sentano tutta la nostra vicinanza e il nostro affetto.

Anche stavolta l’Italia unita risorgerà!