La Repubblica e il Ducato di Lucca

  

La breve serie di decorazioni militari di Lucca, di cui già si è fatto cenno, si apre con la vigorosa medaglia conferita nel 1797 ai difensori della repubblica contro le truppe francesi. Essa ci riporta nel vivo della medaglistica repubblicana e tramanda ai posteri un atto di grande coraggio, ché la piccola repubblica di Lucca non solo osò tener testa alle potenti milizie francesi, ma volle, prima di soccombere, perpetuare in una medaglia l’atto stesso. Nel retto è la Repubblica in piedi, coi fasci e l’asta coronata dal berretto frigio; nel verso campeggia la scritta lapidaria: Ai suoi. difensori. la Patria. riconoscente. Una analoga vigoria si riscontra nella bella medaglia al merito, avente carattere prevalente di medaglia al valore, istituita nel 1816 da Maria Luisa ex Regina vedova di Etruria, figlia del re Carlo IV di Spagna, che dal 1816 al 1820 tenne il governo di Lucca nome del figlio, Carlo Lodovico. La grande medaglia, di ben 41 mm. di diametro, mostra nel retto alla testa della duchessa, modellata squisitamente da Giovanni Antonio Santarelli, incisore di coni a Firenze. Morta Maria Luisa d’Etruria nel 1824, toccò al figlio Carlo Lodovico di Borbone istituire il 1° giugno 1833 l’Ordine al merito militare di San Giorgio che veniva conferito per due motivi: o per ricompensare un’impresa di guerra comandata da un ufficiale o eseguita di sua iniziativa , oppure per premiare 30 anni di servizio. Nel primo caso era d’argento, nel secondo caso era di bronzo dorato e portava modificazioni anche nello scudo centrale. Tale ordine non deve però essere confuso con la Croce di San Lodovico, istituita nel 1836 dal duca Carlo III di Lucca, e che fu accettata nel 1847 dal Ducato di Parma, come già si è detto (vedi tavole XL – XLI).

IL GRANDUCATO DI TOSCANA

La serie delle decorazioni militari del Granducato di Toscana si differenzia alquanto dalle precedenti per una maggior dignità di disegni di coni, per una maggiore ricchezza di metallo, che è riscontrabile anche nel peso. Inoltre essa riflette, pur in un numero limitato di decorazioni, l’evoluzione politica completa del granducato dagli splendori dell’epoca napoleonica alla restaurazione di Ferdinando III, dalla primavera italica del 1848 al decennio della resistenza, culminando in alcune medaglie celebranti i fasti militari nel 1859.

Non sarà inopportuno ricordare che la Toscana fu Granducato fino al 1800 e poi dal 1814 al 1859, come secondogenitura d’Austria; che dal 1800 al 1807 fu da Napoleone I eretta in Regno d’Etruria, e che dal 1807 al 1814 fu una provincia francese. Il 22 marzo 1860 la Toscana veniva unita al Regno di Sardegna dopo un anno di governo provvisorio (27 aprile 1859).

Apre la serie la medaglia d’argento istituita nel 1803 dalla granduchessa vedova Maria Luisa, infanta di Spagna, che tenne il governo del Regno d’Etruria dal 27 maggio 1803 al 10 novembre 1807 come tutrice del figlio Carlo Lodovico di Parma. E’ questa una medaglia al merito (Merentibus) che manca nella collezione milanese e che può darsi avesse anche carattere militare, cioè servisse per le benemerenze di ogni natura, poiché non risulta che fosse in vigore una speciale decorazioni per i militari (vedi tav. XLII).

Il ritorno di Ferdinando III in Toscana nel 1814 fu accompagnato da una grande medaglia ovale (mm. 65) commemorativa, a lui inneggiante (Viva Ferdinando III), curiosa documentazione dei tempi perché venne ricavata da una medaglia di pellegrinaggio, recante nel rovescio la Vergine col Bambino.

Ma ricostruito lo stato, Il Granduca istituì nel 1815 la prima vera medaglia militare per le milizie toscane che avevano partecipato con l’esercito austriaco alla campagna contro Murat. La leggenda del rovescio dice: Ai. Prodi e fedeli. Toscani . A. MDCCCXV. Nel dritto è la testa del re, circondata dalla leggenda: Ferd. III D.G.P.I.A.P.R.H. et B.A.A.M.D. Etr., cioè: Ferdinandus III Dei Gratia Princeps Imperialis Austriae Princeps Regius Hungarie et Bohemiae Archidux Austriae Magnus Dux Etruriae.Essa si ricollega alle molte decorazioni e medaglie austriache coniate nel 1815 per ricompensare i combattenti contro l’esercito murattiano e per esultare della di lui tragica fine al Pizzo (vedi tav. LV). L’anno dopo Ferdinando III istituiva una modesta medaglia di bronzo dorato, non massiccia ma riempita, per premiare il fedele servizio di 25 anni dei sottufficiali e soldati, medaglia che fu ripetuta da Leopoldo II ma con assai maggiori dignità di disegno e di conio, ed eliminando la grettezza delle due facce vuote e riempite a scatolino. La medaglia di quest’ultimo granduca porta ancora nel retto l’iniziale di Ferdinando III e l’anno della istituzione della decorazione, ma è cambiato il disegno delle corone di quercia circondanti le leggende; la doratura è assai caricata e brillante. Si deve ancora a Leopoldo la istituzione, il 19 maggio 1841, di una bella medaglia al valore (in oro, argento e bronzo) per ricompensare meriti di ogni genere, ma specialmente il merito militare. La robusta medaglia fu Incisa dal Niderost, al quale sono pure dovute quelle coniate in oro, in argento e bronzo nel 1848 e nel 1849 usufruendo dello stesso conio nel retto e nel verso, ma cambiando la leggenda del verso, che diventa: Fedeltà e Valore, Onore e Fedeltà, Onore e Fedeltà 12 aprile 1849. La medaglia Fedeltà e Valore del 1848 (di cui si dà qui la riproduzione) fu coniata nel 1848 in pochi esemplari per sottufficiali e soldati distintisi nella guerra contro l’Austria. Di quella Onore e Fedeltà 12 aprile 1849 la collezione milanese possiede un esemplare d’argento ottimamente patinato (vedi tav. XLII e XLIII) e un esemplare di bronzo.

Pure di bronzo e del 1849 è quella con la semplice scritta Onore e Fedeltà, recante il nastro rosso con liste azzurre e lati, mentre le precedenti portano il nastro rosso con la lista bianca nel mezzo e liste bianche ai lati. Queste medaglie al valore ( 1841-1848-1849) sono straordinariamente massicce (vedi tav. XLIII).

Per rendersi ragione delle leggende diverse nelle medaglie del 1849 è necessario ricordare che il Granduca Leopoldo II, allo scoppio della rivoluzione in Toscana, era fuggito il 7 febbraio 1849 a Porto Santo Stefano. Nell’aprile dello stesso anno scoppiava in Firenze una controrivoluzione in suo favore, che rovesciava l’Assemblea costituente e richiamava – per risoluzione del consiglio comunale di Firenze che aveva assunto provvisoriamente il governo – Leopoldo II, come principe costituzionale. Questi, ritornato il 24 luglio 1849, conferì il 19 dicembre 1850 ai membri del Governo Provvisorio una medaglia Onore e Fedeltà ai nomi di ogni singolo membro ( Ricasoli, Carlo Nobili ecc.) e ai militari e borghesi che gli avevano serbato fedeltà cooperando alla soppressione del governo repubblicano, la medaglia senza nome del decorato. Le osservazioni che si possono fare a questo punto sono varie e interessanti. Notiamo anzitutto il fatto, forse unico nella storia dei governi provvisori italiani dal 1796 al 1870, che il consiglio comunale assume il governo provvisoriamente per restituirlo al sovrano esiliatosi volontariamente, ma considerato legittimo. Si obietterà che un fatto analogo avvenne in Lombardia l’anno prima, nel 1848, quando la municipalità di Milano in alcuni dei suoi membri e con l’aggregazione di altri ad essa estranei, sotto la presidenza del podestà, si proclamò governo provvisorio. Ma l’analogia è ben lontana dall’essere completa. Infatti in Milano la municipalità si trasforma in governo raccogliendo il potere abbandonato dalle autorità politiche fuggite o decadute, e immediatamente sorge in esso, nuovo governo, il senso della sovranità, attrezzandosi anche subito per esercitarla in pieno prescindendo da l’idea di cederla un giorno al Re di Sardegna. Anzi, la ragione più forte che determinò differenze reciproche fa il Governo sardo e il Governo Provvisorio fu appunto questo senso della sovranità che si radicava, si approfondiva come per istinto ogni giorno di più nel Governo Provvisorio, indebolendo il principio monarchico, imprimendo incertezze nella già incerta condotta della guerra, favorendo l’elevarsi, in cospetto di Carlo Alberto, dello spettro della repubblica.

Ben diversa è invece la situazione che si crea in Firenze tra il febbraio e l’aprile del 1849, anche se l’inizio sia quasi identico. Vi fu anche in Firenze l’improvviso “squagliamento” del potere politico, vale a dire la fuga di Leopoldo II a Gaeta. Ma il consiglio comunale insorge con un atto di reazione alla rivoluzione, ed assume il potere non per esercitarlo, ma per conservarlo e tutelarlo a vantaggio del principe lontano. C’è qui una affinità con l’istituto giuridico dell’assenza? O è, invece, un caso di reggenza? Politicamente è la conseguenza naturale delle idee e dei sentimenti che guidano il consiglio comunale di Firenze, cioè il proposito di fare la rivoluzione.. fino a un certo punto, tanto è vero che il movimento rivoluzionario si esaurisce e si adagia nel termine medio della costituzione. E’, in fondo, la conseguenza logica del processo di  trasformazione iniziatasi nel 1847 con la Lega Doganale, ed anche del governo fondato su un assolutismo assai temperato, assai più blando di quella austriaco, meno coercente e rigido del governo piemontese. Ma è anche la conseguenza naturale del fatto che l’impeto della rivoluzione scoppiata nell’Italia superiore (Milano-Venezia) perde di slancio quanto più si propaga la periferia (Modena, Parma, Firenze, Roma, Napoli), talchè tutti questi stati lontani dal centro rivoluzionario rientrano nella normalità politica (o nella anormalità politica) assai prima che vi rientrino Milano e Venezia.

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Tipico indice della situazione “vorrei e non posso”, o “potrei ma non voglio” creatasi in Toscana all’esplosione rivoluzionaria del 1848 è la medaglia coniata da Leopoldo II per i reduci della guerra contro l’Austria. Essa ebbe due coniazioni: Una fatta dallo stesso Granduca per celebrare la guerra d’indipendenza ripudiando i sentimenti di arciduca d’Austria, e recante nel dritto la testa con la scritta: Leopoldo II Granduca di Toscana e nel rovescio: Guerra della Indipendenza Italiana 1848. Ll’altra fu evidentemente coniata all’epoca della fuga del granduca a Gaeta, e nel dritto non c’è la testa di Leopoldo II, presentando così il campo del tutto vuoto, senza fregi o segni di sorta. Questa medaglia fu portata dopo l’annessione della Toscana al Regno Sardo dai reduci della guerra del 1848 (vedi tavole XLIII e XLIV).

Le decorazioni militari del granducato sono completate dalla croce di bronzo dorato per gli ufficiali aventi 30 anni di servizio, istituita il 19 dicembre 1850, e dalla croce d’argento dell’Ordine del merito militare. Questa venne istituita il 19 dicembre 1853 da Leopoldo II per premiare i militari che avevano ben meritato del principe e dello stato. Richiama in modo assai visibile la Legion d’onore, è formata da una croce a cinque raggi bipartiti poggianti su argento, legati insieme da una corona di quercia; la croce è sormontata dalla corona reale mediante cerniera (vedi tav. XLIV). Non fu l’ultima l’affermazione della sovranità granducale in materia di decorazioni militari, perché dopo l’abdicazione del 21 luglio 1859 in favore del figlio Ferdinando IV, questi, avvenuta l’unione della Toscana col Regno di Sardegna, protestò esso pure, come avevano fatto gli altri principi spodestati, il 26 marzo 1860, e il 6 novembre 1861 estese gli statuti dell’Ordine precedente rendendo più bella la decorazione stessa con l’aggiunta delle spade incrociate per i militari. Il Granduca continuò a conferire decorazioni fino alla sua morte (17 gennaio 1908) ai militari del 66° reggimento fanteria austriaca , e a quelli del 16° reggimento bavarese, di cui era proprietario. Molti ufficiali e soldati di tali reggimenti si batterono nella Grande Guerra contro l’esercito italiano che ha Vittorio Veneto ridusse l’esercito austriaco “ai resti di quello che fu………”.